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La Stampa Rassegna Stampa
20.11.2009 Parole, parole, parole... è quello che Obama sa fare meglio
La cronaca della tappa a Seul di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 20 novembre 2009
Pagina: 14
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Nord Corea e Iran, tempo scaduto»

Sulla STAMPA di oggi, 20/11/2009, a pag.14, Maurizio Molinari racconta l'ultima tappa del viaggio di Barack Obama a Seul. Il titolo promette bene, " Nord Corea e Iran, tempo scaduto" . Peccato che l'abbiamo già sentito dire troppe volte. Le affermazioni di Obama sono sempre meno credibili.


Maurizio Molinari

«Sul nucleare di Nord Corea e Iran non negozieremo all'infinito»: Barack Obama conclude il viaggio asiatico nel segno della lotta alla proliferazione di cui ha discusso a Tokyo, Pechino e Seul. Il summit con il presidente sudcoreano Lee Myung-bak nella «Casa Blu» - la Casa Bianca sudcoreana - serve per concordare una nuova ricetta su come disinnescare la minaccia atomica che proviene dal Nord, che da aprile ha abbandonato il tavolo dei colloqui multilaterali a sei (Usa, Cina, Russia, Giappone e le due Coree).
La convergenza trovata somma apertura e moniti. Il passo avanti verso il regime di Kim Jong Il sta nella decisione dell'amministrazione Usa di inviare a Pyongyang l’8 dicembre il diplomatico Stephen Bosworth per intavolare trattative dirette «tese a far tornare il Nord al tavolo a sei». Ma il mandato assegnato a Bosworth «non è negoziare all'infinito». Irrigidendo i tratti del volto, il presidente spiega: «Deve essere chiaro che non si ripeterà quanto avvenuto in passato quando la Corea del Nord negoziava, si ritirava, provocava, minacciava e infine poneva ulteriori condizioni. La porta è aperta e se Pyongyang è seria potrà ottenere la fine delle sanzioni e il pieno ritorno nella comunità internazionale ma il tempo delle trattative interminabili è concluso».
Insomma, l'approccio americano cambia rispetto ai precedenti negoziati «step by step» (passo per passo) perché Obama è in sintonia con quanto propone Lee quando suggerisce di offrire al Nord un «grande accordo» in «un unico passo»: lo scambio fra la «rinuncia irreversibile e verificabile al nucleare» e la «completa fine delle sanzioni». La convergenza con Lee nasce dal fatto che il programma atomico di Pyongyang è ormai attivo da almeno due anni e Washington non può accettare altro che la sua totale cancellazione.
Sull'Iran Obama ha un approccio simile: «Non commetteremo gli errori che sono stati fatti con la Nord Corea» ovvero «non discuteremo con Teheran all'infinito consentendogli di perseguire l'atomica» e dunque gli ayatollah «devono accettare al più presto l'offerta che gli abbiamo fatto di avere il nucleare ma non le armi» oppure andranno incontro ad «altri scenari». Se Obama non pronuncia il termine «sanzioni» è perché questa è l'intesa con Mosca e Pechino ma senza passi indietro l'embargo agli ayatollah sarà presto più duro. «Metteremo a punto il pacchetto di contromisure nelle prossime settimane». Di questo Obama discute a porte chiuse nel suo hotel con Mohammed El Baradei, il direttore dell'Agenzia atomica dell'Onu, giunto a Seul per vederlo.
Il ministro degli Esteri iraniano Manouchehr Mottaki fa sapere di essere contrario a trasferire all'estero l'uranio da arricchire - come previsto dalla proposta russa sostenuta dagli Usa - e Obama lamenta che «Teheran è imbrigliata nella sua retorica» al punto da «non considerare l'offerta importante che è stata avanzata».
Nel colloquio nella «Casa Blu», preceduto da una cerimonia di accoglienza che ha visto sfilare centinaia di soldati coreani vestiti da guerrieri medioevali, Obama e Lee esaminano anche il trattato di libero commercio in discussione dal 2005, dando un giudizio complessivo favorevole anche se il presidente Usa frena: «Non possiamo ignorare lo squilibrio della nostra bilancia commerciale». Il testo dovrà essere scritto in maniera da non penalizzare la fragile crescita Usa: sono soprattutto i giganti dell'auto di Detroit a frenare Obama. «La priorità è rafforzare la nostra economia» precisa il consigliere David Axelrod.
Obama promette comunque a Lee «pieno sostegno» per l'organizzazione del summit G20 nel 2010, identificando nella Corea del Sud «una nazione-modello» per l'impegno che mostra a favore di un accordo sul clima a Copenhagen. Il viaggio asiatico si conclude così sui temi-chiave delle precedenti tappe: lotta alla proliferazione, sostegno alla crescita e difesa del clima. Prima di ripartire per Washington l'ultimo saluto è per le truppe Usa nella base di Osan, vicino a Seul, perno della presenza militare in Estremo Oriente.

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