Cancellare lo Stato ebraico, con qualsiasi mezzo Parole di Ahmadinejad? No, è un articolo del quotidiano comunista
Testata: Il Manifesto Data: 19 novembre 2009 Pagina: 1 Autore: Tommaso Di Francesco Titolo: «La Palestina è morta»
Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 19/11/2009, a pag. 1-10, l'articolo di Tommaso Di Francesco dal titolo " La Palestina è morta ".
L'articolo di Tommaso Di Francesco inizia con un errore grossolano: " (...) estendere gli insediamenti di Ghilo, dentro Gerusalemme est, nel pieno dei Territori occupati ". Ghilo è un quartiere di Gerusalemme, capitale di Israele, perciò non è nel pieno dei Territori occupati ed è sbagliato chiamarla "insediamento". Di Francesco prosegue e scrive : "E mentre demoliscono le case «illegali» palestinesi ". L'utilizzo delle virgolette è fuori luogo perchè lascia intendere che il motivo dell'abbattimento delle case non fosse la loro illegalità, ma un altro. Contrariamente a quanto ritiene Di Francesco, il municipio di Gerusalemme ha altre cose di cui occuparsi che non inventare modi per vessare la popolazione araba residente. Le case erano illegali e sarebbero state abbattute anche se di proprietà di ebrei. Di Francesco scrive : " A questo punto i palestinesi non possono nemmeno dichiararsi sconfitti e consegnarsi ad Israele che rifiuta l’eventuale binazionalità del suo stato come un male assoluto, cioè quanto se non più dello Stato di Palestina. ". Uno Stato binazionale non sarebbe una sconfitta per i palestinesi, ma una vittoria mascherata da atto magnanimo. Israele è uno Stato ebraico. Annettersi la Cisgiordania e Gaza con le rispettive popolazioni arabe cancellerebbe la sua caratteristica principale. Israele non vede lo Stato palestinese come male assoluto. Netanyahu si è impegnato a lavorare alla costruzione di uno Stato per i palestinesi. Ovviamente questo dovrò essere smilitarizzato e il terrorismo di Hamas neutralizzato. Chi rema contro i processi di pace e la costruzione di uno Stato sono i terroristi di Hamas e i Paesi arabi che li finanziano. " il processo di pace che prevede due popoli per due stati è inesorabilmente morto. Come confermano anche importanti interlocutori palestinesi moderati e molti osservatori internazionali. È stato un lento, consapevole avvelenamento delle fonti della mediazione. Con l’isolamento a cannonate di Arafat nella Muqata e la sua «strana» morte nel 2004. E poi con il boicottaggio internazionale della vittoria elettorale, nel gennaio 2006, di Hamas che aveva vinto sia nella Striscia di Gaza che in Cisgiordania. ". E' vero, il processo di pace è bloccato, ma non per le motivazioni che elenca Di Francesco. Incolpare Israele per la morte di Arafat è un'assurdità. Di Francesco, prima di muovere accuse così gravi, dovrebbe provarle. In ogni caso, morto o vivo, Arafat non si è mai impegnato per raggiungere la pace con Israele. Per quanto riguarda la "vittoria elettorale" di Hamas, ricordiamo a Di Francesco che nemmeno Fatah e l'Anp hanno celebrato l'avvenimento. Le varie fazioni palestinesi sono in lotta fra di loro. La loro disarmonia è uno dei motivi che hanno fermato i processi di pace. Di Francesco pone alcune domande : " Quale autorità israeliana salirà sul banco degli imputati, dopo le accuse del rapporto Onu sui crimini di guerra contro i civili per i raid aerei su Gaza di dieci mesi fa? ". Con la guerra a Gaza Israele ha solo risposto ai quotidiani attacchi di Hamas contro la popolazione civile israeliana. Questo non è commettere crimini di guerra. Lanciare razzi contro città israeliane, usare civili come scudi umani lo sè, ma Di Francesco si guarda bene dal riconoscerlo. "Chi racconta più, nell’enfasi narrativa del ventennale dell’89, la vergogna del Muro d’Israele che ruba terre palestinesi e recinta le «vite degli altri»? ". La barriera difensiva è di cemento solo per il 5% della sua lunghezza. In ogni caso è nata con lo scopo di proteggere Israele dagli attacchi terroristici suicidi palestinesi. Ma Di Francesco, evidentemente, ritiene che sia più corretto lasciarsi massacrare senza battere ciglio e senza opporre resistenza. "Che fine fa lo stato palestinese con le sempre più numerose colonie che cancellano ogni pur minima continuità territoriale necessaria ad uno stato? ". Lo Stato palestinese non esiste per volontà dei Paesi arabi limitrofi. Avrebbe potuto nascere con Israele, nel 1948. E le occasioni, in seguito, sono state numerose. Tutte rifiutate dai leader arabi di turno. Il rifiuto più clamoroso l'ha opposto Arafat, che Di Francesco ha dipinto come uno degli artefici dei processi di pace. "Chi protesta sui diritti umani per diecimila prigionieri politici palestinesi che languono nelle prigioni d’Israele? ". Nessuno protesta perchè i loro diritti sono garantiti. Sono in carcere perchè colpevoli di aver commesso crimini. Nonostante ciò a loro è permesso di ricevere le visite dei parenti, avvocati, organismi internazionali come la Croce Rossa. Lo stesso trattamento non è riservato ai prigionieri di Hamas. Gilad Shalit è loro prigioniero da oltre tre anni, ma nemmeno la Croce Rossa Internazionale ha potuto vederlo. " Chi sa rispondere al desiderio al ritorno di tre milioni emezzo di profughi palestinesi dispersi come paria nelle baraccopoli del MedioOriente o in esilio nel mondo? ". Molti dei tre milioni e mezzo di profughi sono figli e nipoti dei profughi. Gente che non è mai vissuta in Israele. Ci riesce difficile credere che desiderino tornare in un luogo che non è loro. In ogni caso i profughi sono tali per volontà dei Paesi arabi che, quando fu fondato Israele il 14 maggio 1948, terrorizzarono la popolazione araba locale con lo spauracchio di una morte certa per mano degli ebrei se fossero rimasti lì. Una volta fatti fuggire, però, nessuno dei Paesi arabi li ha voluti accogliere nè concedere la cittadinanza. Fa più comodo tenerli sul confine con Israele, in condizioni di miseria, senza diritti, pronti per diventare terroristi suicidi ,odiatori di uno Stato che non è colpevole della loro condizione. Di Francesco conclude così il suo articolo: "Obama ha ragione, c’è una sola certezza: finirà «molto pericolosamente». Perché ai palestinesi resta solo la loro disperazione. ". Con una frase, nemmeno troppo velata, Di Francesco giustifica il terrorismo arabo contro Israele. Ecco l'analisi distorta e deforme del quotidiano comunista: in maniera legale (la fondazione di uno Stato binazionale, per esempio) o illegale (terrorismo dovuto alla disperazione dei palestinesi), Israele deve essere cancellato. Una tesi distorta e antisemita. Ecco l'articolo:
Barack Obama si è detto «costernato » per la decisione del premier israeliano Netanyahu di estendere gli insediamenti di Ghilo, dentro Gerusalemme est, nel pieno dei Territori occupati e in quella parte di città che l’Anp rivendica come sua capitale. E mentre demoliscono le case «illegali» palestinesi. Per Obama la decisione israeliana inasprisce i palestinesi «in un modo che potrebbe andare a finire molto pericolosamente » perché «la situazione in Medio Oriente è molto difficile e io ho detto ripetutamente e ribadisco che la sicurezza di Israele è un interesse nazionale vitale degli Stati Uniti». Ma, ha proseguito, «la costruzione di nuovi insediamenti non contribuisce alla sicurezza di Israele, mentre rende difficile la convivenza con i vicini». Resta da chiedersi quanto abbia influito sulla decisione del governo di Tel Aviv l’indefinibile atteggiamento della Casa bianca che in una settimana ha pericolosamente cambiato atteggiamento tre volte. Prima dichiarando che Israele avrebbe dovuto «congelare» gli insediamenti, poi che avrebbe dovuto sospenderne l’edificazione, e infine rimproverando Abu Mazen che poneva come condizione per il dialogo diretto con Israele lo stop alle colonie. È dopo questo ennesimo smacco che Abu Mazen ha annunciato la sua non ricandidatura a presidente, consapevole di non rappresentare più nessuno e di non avere ottenuto nulla delle promesse decennali che riempiono di chiacchiere i summitmediorientali, Road Map compresa. Gli Stati uniti e l’Unione europea - intanto l’Italia e la Nato confermano i trattati militari con Israele - hanno detto no anche all’unica possibilità che rimaneva ai palestinesi: la proclamazione unilaterale dello Stato di Palestina. «Sarebbe grave e fuori luogo» dice Solana sotto minaccia del governo israeliano pronto allora ad «annettersi le colonie». Eppure questa proclamazione sarebbe nel solco di ben due risoluzioni delle Nazioni unite (diversamente da quella del Kosovo, fatta contro l’Onu e nonostante questo sostenuta da molti paesi occidentali) A questo punto i palestinesi non possono nemmeno dichiararsi sconfitti e consegnarsi ad Israele che rifiuta l’eventuale binazionalità del suo stato come unmale assoluto, cioè quanto se non più dello Stato di Palestina. Ormai bisogna prenderne atto di una verità: la Palestina per la quale ci siamo augurati un destino di pace e, soprattutto, per la quale hanno combattuto generazioni di palestinesi, non esiste più. Per essere ancora più espliciti: il processo di pace che prevede due popoli per due stati è inesorabilmente morto. Comeconfermano anche importanti interlocutori palestinesi moderati e molti osservatori internazionali. È stato un lento, consapevole avvelenamento delle fonti della mediazione. Con l’isolamento a cannonate di Arafat nella Muqata e la sua «strana» morte nel 2004. E poi con il boicottaggio internazionale della vittoria elettorale, nel gennaio 2006, di Hamas che aveva vinto sia nella Striscia di Gaza che in Cisgiordania. Alcune domande: che fine fanno le risoluzioni Onu che impongono a Israele di ritirare le truppe sui confini della guerra del ’67? Quale autorità israeliana salirà sul banco degli imputati, dopo le accuse del rapporto Onu sui crimini di guerra contro i civili per i raid aerei su Gaza di dieci mesi fa? Chi racconta più, nell’enfasi narrativa del ventennale dell’89, la vergogna del Muro d’Israele che ruba terre palestinesi e recinta le «vite degli altri»? Che fine fa lo stato palestinese con le sempre più numerose colonie che cancellano ogni pur minima continuità territoriale necessaria ad uno stato? Chi protesta sui diritti umani per diecimila prigionieri politici palestinesi che languono nelle prigioni d’Israele? Chi sa rispondere al desiderio al ritorno di tre milioni emezzo di profughi palestinesi dispersi come paria nelle baraccopoli del MedioOriente o in esilio nel mondo? Obama ha ragione, c’è una sola certezza: finirà «molto pericolosamente». Perché ai palestinesi resta solo la loro disperazione.
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