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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
16.11.2009 Se non c'è pace in Medio Oriente è colpa di Israele
L'analisi in stile Arafat di Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 16 novembre 2009
Pagina: 10
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Il processo di pace? Finito nel 2000 con l'incontro fra Barak e Arafat»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/11/2009, a pag. 10, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Il processo di pace? Finito nel 2000 con l'incontro fra Barak e Arafat " .

L'analisi di Lorenzo Cremonesi sulle cause della situazione in Medio Oriente è completamente sbagliata.
Secondo Cremonesi, se i palestinesi non hanno ancora una proprio Stato, la responsabilità è di Israele, del mancato blocco delle colonie, della presunta debolezza di Arafat.
Cremonesi cita l'incontro a Camp David del 2000, quello in cui Israele offrì ad Arafat la quasi totalità della Cisgiordania per fondare uno Stato. Arafat, in tutta risposta, rifiutò nettamente e tornò a casa facendo il segno della vittoria.
La visione di Cremonesi sull'intera situazione è distorta : "
debolezza di Arafat che, isolato sulla scena internazionale dalla scelta di sta­re con Saddam Hussein nella prima guerra del Golfo e timoroso della cresci­ta di Hamas nei territori occupati, accet­tò di firmare gli accordi con Ytzhak Ra­bin senza imporre il blocco totale delle colonie ebraiche ". Arafat nell'articolo non viene mai descritto per ciò che è stato realmente, e cioè un terrorista doppiogiochista. I Ciò che importa  a Cremonesi non è trovare un compromesso, ma pretendere sempre di più, fino alla cancellazione dello Stato ebraico.
Cremonesi scrive : "
Rabin fu poi assassi­nato nel 1995 da un giovane fondamen­talista ebreo. Yigal Amir: figlio di quel­le forze che oggi influenzano Benjamin Netanyahu nel braccio di ferro con Ba­rack Obama ancora sulla questione del­le colonie.". Il governo di Netanyahu non è influenzato da fondamentalisti. Per quanto riguarda gli insediamenti, quelli illegali vengono smantellati (stessa politica adottata dai governi precedenti).
"
Più di recente, il ritiro israe­liano da Gaza nel 2005 fu un’occasione sprecata. Avrebbe potuto costituire il grande rilancio del dialogo con una «colomba» per eccellenza come Mah­moud Abbas. Questi però, quando an­cora contava, venne totalmente ignora­to da Ariel Sharon. ". Abu Mazen una colomba? Forse Cremonesi era distratto, non ricorda le minacce di Abu Mazen di riprendere l'intifada  se non fosse avvenuto il blocco totale degli insediamenti .
Per quanto riguarda Sharon: ha mantenuto la parola data, cedendo Gaza ai palestinesi mettendosi contro il proprio partito. Che cos'altro doveva fare?
"
Così, l’unilateralità del ritiro si trasformò in un regalo per Hamas, che lo usò come argomento tra i tanti vincenti alle elezioni palestinesi del gennaio 2006. ". Le divisioni fra le diverse fazioni palestinesi non hanno nulla a che vedere con Israele. E' assurdo ritenere che Hamas sia salito al potere a Gaza perchè Sharon non ha interpellato Abu Mazen prima di ritirarsi.
Cremonesi conclude il suo articolo con questa frase : "
A Gerusalemme l’attenzione è concen­trata su Teheran, molto meno sui pale­stinesi, che hanno perso la guerra.". In questo momento la minaccia maggiore arriva dall'Iran e dal suo programma nucleare. Israele, in ogni caso, è ben concentrato anche sui terroristi di Hamas e sulle dichiarazioni di Abu Mazen. I controlli del confine con Gaza lo dimostrano. Ma Cremonesi intende ben altro. L'accenno alla guerra persa lascia intendere che Israele dovrebbe  preoccuparsi di più per gli abitanti di Gaza. Non ne comprendiamo il motivo. Hamas ha causato la guerra con Israele e ha usato i civili come scudi umani. Non è Israele a dover risarcire i civili a Gaza, ma Hamas. Ecco l'articolo:


Lorenzo Cremonesi

Non c’è «processo di pace» tra israeliani e palestinesi. L’idea che esista un negoziato concreto, con calendari degli incontri, ordini del gior­no coerenti e soprattutto progressi nel tempo, è morta da un pezzo. Il suo ulti­mo singulto con qualche prospettiva di successo fu nell’estate del Duemila tra Ehud Barak e Yasser Arafat a Camp Da­vid, con la mediazione di Bill Clinton. Poi, il buio; scandito da avvenimenti che hanno affossato le aspettative gene­rate dalla stagione degli accordi di Oslo nel 1993.

Lo stallo odierno ha radici che risal­gono a quel periodo. Per esempio, nel­la debolezza di Arafat che, isolato sulla scena internazionale dalla scelta di sta­re con Saddam Hussein nella prima guerra del Golfo e timoroso della cresci­ta di Hamas nei territori occupati, accet­tò di firmare gli accordi con Ytzhak Ra­bin senza imporre il blocco totale delle colonie ebraiche in quelle stesse terre al cuore del futuro Stato palestinese. Debolezza peraltro che lo vide poco pro­penso a combattere i gruppi estremisti determinati a boicottare col terrorismo la pace con Israele. Rabin fu poi assassi­nato nel 1995 da un giovane fondamen­talista ebreo. Yigal Amir: figlio di quel­le forze che oggi influenzano Benjamin Netanyahu nel braccio di ferro con Ba­rack Obama ancora sulla questione del­le colonie. Più di recente, il ritiro israe­liano da Gaza nel 2005 fu un’occasione sprecata. Avrebbe potuto costituire il grande rilancio del dialogo con una «colomba» per eccellenza come Mah­moud Abbas. Questi però, quando an­cora contava, venne totalmente ignora­to da Ariel Sharon. Così, l’unilateralità del ritiro si trasformò in un regalo per Hamas, che lo usò come argomento tra i tanti vincenti alle elezioni palestinesi del gennaio 2006.

Da allora la guerra civile interpalesti­nese impedisce qualsiasi leadership rappresentativa. E la parte israeliana è tornata alle convinzioni precedenti la prima intifada, quando si riteneva fos­se possibile coesistere con un’occupa­zione tutto sommato «poco costosa». A Gerusalemme l’attenzione è concen­trata su Teheran, molto meno sui pale­stinesi, che hanno perso la guerra.

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