Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/11/2009, a pag. 10, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Il processo di pace? Finito nel 2000 con l'incontro fra Barak e Arafat " .
L'analisi di Lorenzo Cremonesi sulle cause della situazione in Medio Oriente è completamente sbagliata.
Secondo Cremonesi, se i palestinesi non hanno ancora una proprio Stato, la responsabilità è di Israele, del mancato blocco delle colonie, della presunta debolezza di Arafat.
Cremonesi cita l'incontro a Camp David del 2000, quello in cui Israele offrì ad Arafat la quasi totalità della Cisgiordania per fondare uno Stato. Arafat, in tutta risposta, rifiutò nettamente e tornò a casa facendo il segno della vittoria.
La visione di Cremonesi sull'intera situazione è distorta : " debolezza di Arafat che, isolato sulla scena internazionale dalla scelta di stare con Saddam Hussein nella prima guerra del Golfo e timoroso della crescita di Hamas nei territori occupati, accettò di firmare gli accordi con Ytzhak Rabin senza imporre il blocco totale delle colonie ebraiche ". Arafat nell'articolo non viene mai descritto per ciò che è stato realmente, e cioè un terrorista doppiogiochista. I Ciò che importa a Cremonesi non è trovare un compromesso, ma pretendere sempre di più, fino alla cancellazione dello Stato ebraico.
Cremonesi scrive : " Rabin fu poi assassinato nel 1995 da un giovane fondamentalista ebreo. Yigal Amir: figlio di quelle forze che oggi influenzano Benjamin Netanyahu nel braccio di ferro con Barack Obama ancora sulla questione delle colonie.". Il governo di Netanyahu non è influenzato da fondamentalisti. Per quanto riguarda gli insediamenti, quelli illegali vengono smantellati (stessa politica adottata dai governi precedenti).
" Più di recente, il ritiro israeliano da Gaza nel 2005 fu un’occasione sprecata. Avrebbe potuto costituire il grande rilancio del dialogo con una «colomba» per eccellenza come Mahmoud Abbas. Questi però, quando ancora contava, venne totalmente ignorato da Ariel Sharon. ". Abu Mazen una colomba? Forse Cremonesi era distratto, non ricorda le minacce di Abu Mazen di riprendere l'intifada se non fosse avvenuto il blocco totale degli insediamenti .
Per quanto riguarda Sharon: ha mantenuto la parola data, cedendo Gaza ai palestinesi mettendosi contro il proprio partito. Che cos'altro doveva fare?
" Così, l’unilateralità del ritiro si trasformò in un regalo per Hamas, che lo usò come argomento tra i tanti vincenti alle elezioni palestinesi del gennaio 2006. ". Le divisioni fra le diverse fazioni palestinesi non hanno nulla a che vedere con Israele. E' assurdo ritenere che Hamas sia salito al potere a Gaza perchè Sharon non ha interpellato Abu Mazen prima di ritirarsi.
Cremonesi conclude il suo articolo con questa frase : " A Gerusalemme l’attenzione è concentrata su Teheran, molto meno sui palestinesi, che hanno perso la guerra.". In questo momento la minaccia maggiore arriva dall'Iran e dal suo programma nucleare. Israele, in ogni caso, è ben concentrato anche sui terroristi di Hamas e sulle dichiarazioni di Abu Mazen. I controlli del confine con Gaza lo dimostrano. Ma Cremonesi intende ben altro. L'accenno alla guerra persa lascia intendere che Israele dovrebbe preoccuparsi di più per gli abitanti di Gaza. Non ne comprendiamo il motivo. Hamas ha causato la guerra con Israele e ha usato i civili come scudi umani. Non è Israele a dover risarcire i civili a Gaza, ma Hamas. Ecco l'articolo:

Lorenzo Cremonesi
Non c’è «processo di pace» tra israeliani e palestinesi. L’idea che esista un negoziato concreto, con calendari degli incontri, ordini del giorno coerenti e soprattutto progressi nel tempo, è morta da un pezzo. Il suo ultimo singulto con qualche prospettiva di successo fu nell’estate del Duemila tra Ehud Barak e Yasser Arafat a Camp David, con la mediazione di Bill Clinton. Poi, il buio; scandito da avvenimenti che hanno affossato le aspettative generate dalla stagione degli accordi di Oslo nel 1993.
Lo stallo odierno ha radici che risalgono a quel periodo. Per esempio, nella debolezza di Arafat che, isolato sulla scena internazionale dalla scelta di stare con Saddam Hussein nella prima guerra del Golfo e timoroso della crescita di Hamas nei territori occupati, accettò di firmare gli accordi con Ytzhak Rabin senza imporre il blocco totale delle colonie ebraiche in quelle stesse terre al cuore del futuro Stato palestinese. Debolezza peraltro che lo vide poco propenso a combattere i gruppi estremisti determinati a boicottare col terrorismo la pace con Israele. Rabin fu poi assassinato nel 1995 da un giovane fondamentalista ebreo. Yigal Amir: figlio di quelle forze che oggi influenzano Benjamin Netanyahu nel braccio di ferro con Barack Obama ancora sulla questione delle colonie. Più di recente, il ritiro israeliano da Gaza nel 2005 fu un’occasione sprecata. Avrebbe potuto costituire il grande rilancio del dialogo con una «colomba» per eccellenza come Mahmoud Abbas. Questi però, quando ancora contava, venne totalmente ignorato da Ariel Sharon. Così, l’unilateralità del ritiro si trasformò in un regalo per Hamas, che lo usò come argomento tra i tanti vincenti alle elezioni palestinesi del gennaio 2006.
Da allora la guerra civile interpalestinese impedisce qualsiasi leadership rappresentativa. E la parte israeliana è tornata alle convinzioni precedenti la prima intifada, quando si riteneva fosse possibile coesistere con un’occupazione tutto sommato «poco costosa». A Gerusalemme l’attenzione è concentrata su Teheran, molto meno sui palestinesi, che hanno perso la guerra.
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