La sicurezza dell'Occidente è nelle mani di quest'uomo Daniele Mastrogiacomo intervista El Baradei
Testata: La Repubblica Data: 14 novembre 2009 Pagina: 15 Autore: Daniele Mastrogiacomo Titolo: «Nessuna prova sulla bomba iraniana, attenti ai soliti documenti falsi»
Sulla REPUBBLICA di oggi, 14/11/2009, a pag.15, con il titolo " Nessuna prova sulla bomba iraniana, attenti ai soliti documenti falsi " un'intervista a El Baradei di Daniele Mastrogiacomo. Le risposte del direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, sono impressionanti. Mentre le leggevamo la nostra mente ricorreva continuamente agli anni '30, quando in discussione era credere o meno a Hitler. Le parole di El Baradei sono la riproduzione esatta di quelle dei pacifisti di quegli anni. Non lo preoccupa che l'Iran abbia tenuto nascosto il sito atomico di Qom, ha una fiducia cieca nei suoi ispettori, che bevono tutto qullo che gli viene detto. Ha rilanciato la bufala dell'Iraq che non aveva armi di distruzioni di massa, quando Saddam Hussein aveva gasato la popolazione curda. Cos'erano quei gas, se non arma di distruzione di massa ? Sono nelle mani di quest'uomo, e in quelle dell'Agenzia che governa, i destini della sicurezza del mondo occidentale. Il suo mandato sta per scadere, ma via lui ne arriverà un altro simile, perchè la scelta spetta all'Onu, dove gli stati dittatoriali/arabi/musulmani sono la maggioranza. E alla guida degli Stati Uniti c'è Obama. Ci resta la speranza che saranno i popoli, in democrazia, a decidere del loro futuro, nessun regime è eterno, così come non lo è nessun presidente. Ecco l'intervista:
VIENNA - Il sito nucleare di Qom in Iran è pericoloso? «Un mese fa ci è stato detto che stavano costruendo un sito per l´arricchimento dell´uranio. Ma hanno subito precisato che si trattava di un piccolo sito, realizzato dentro la montagna, per la difesa pacifica delle tecnologie iraniane che erano finalizzate a produrre solo energia elettrica». E lei ci crede? «Lo abbiamo visitato. Secondo l´Iran non si trattava di un´operazione commerciale, ma di un impianto che doveva essere dotato di tremila centrifughe; era strutturato in modo da proteggere tutte le tecnologie presenti in caso di attacco militare». Non le sembra una violazione che rischia di compromettere i negoziati? «E´ stato un passo falso di Teheran che ha creato attrito e messo di nuovo in dubbio la sua buona fede. I nostri ispettori sono andati sul posto, hanno trovato apparecchiature, cavi, condutture, ma non centrifughe e materiale nucleare. A nostro parere non desta preoccupazione. Le nostre visite sono continue, seguiamo lo sviluppo dei lavori». Mohamed el Baradei, 67 anni, sposato, due figli, diplomatico egiziano, esperto in diritto internazionale, insignito del Premio Nobel per la pace nel 2005, a fine mese lascia l´Aiea. Lunedì prossimo arriva in Italia per ritirare un riconoscimento che gli ha assegnato l´università di Perugia. Concede questa intervista in esclusiva a Repubblica: l´occasione per fare un bilancio di 12 anni difficili e complessi alla guida dell´Agenzia per l´atomica. Dottor El Baradei, non crede che l´Iran possa nascondere altri siti segreti? «Le nostre informazioni sono soltanto confidenziali. Non possiamo basarci su delle congetture ma su dati concreti e questi ci dicono che non esiste altro impianto segreto». La comunità internazionale è scettica sul negoziato. «Abbiamo fatto molti progressi sul controllo del programma di arricchimento in Iran. Stiamo procedendo a nuove verifiche per evitare che abbia fini militari. Naturalmente bisogna fare di più, insistere, arrivare a certezze assolute. Diverse intelligence straniere ci hanno fornito documenti su cosa accade in Iran. Si tratta di piani di studio sugli armamenti nucleari; ma dimostrano che tali studi non sono stati sviluppati. Le conclusioni, però, sono differenti. I servizi segreti statunitensi ritengono che l´Iran stia continuando la corsa alla bomba nucleare. Dopo un lavoro accurato di screening l´Agenzia sospetta invece che parte dei documenti sia falsa». Dottor El Baradei crede che questa corsa infinita alla trattativa sia producente? «Io sono convinto che bisogna continuare nella trattativa. E´ importante ricordare che i negoziati stavano andando molto bene fino al 2003. Poi, sei anni fa, l´Iran ha deciso di sospendere il confronto sul processo di arricchimento. Come reazione, gli Usa per tre anni hanno interrotto ogni rapporto e hanno lasciato agli europei il compito di portare avanti il dialogo. Rispetto il ruolo e il peso dell´Europa. Ma è chiaro che per gli iraniani è molto più importante l´atteggiamento degli Usa. Il nuovo approccio dell´amministrazione di Barack Obama ha cambiato le cose. Ora si negozia senza alcuna preclusione». La politica della mano tesa ha tuttavia prodotto pochi risultati finora. «Ma è la sola possibile. Risolvere il problema con l´Iran significa trovare un nuovo equilibrio nell´area. Penso all´Iraq, all´Afghanistan, ai Territori palestinesi. Gli Usa devono considerare l´Iran un partner, non un nemico. E´ nel loro interesse comune. Mi auguro che si rompa questo muro e si riprenda subito un negoziato più ampio. Oggi esistono le condizioni per una svolta». L´Agenzia risente troppo delle pressioni esterne? «Godiamo della fiducia di tutti i paesi del mondo proprio per la nostra credibilità d´informazione. Ma gli stessi paesi che ci contattano cercano poi di condizionarci. La nostra forza è la neutralità: a questi paesi chiediamo delle prove perché il nostro compito è valutare e indagare». Ma sono state proprio le Nazioni unite a legittimare la guerra in Iraq. «L´Iraq è stato invaso perché si sosteneva che nascondesse delle armi di distruzione di massa. Ma siamo stati raggirati e ingannati con falsi documenti. La decisione di dichiarare la guerra dipendeva dalla nostra verifica sui luoghi. Avevamo chiesto ancora di due mesi per completare i nostri controlli. Ma non ci sono stati concessi. Poi abbiamo scoperto che la decisione di dichiarare la guerra era stata già presa almeno un anno prima della nostra verifica». Non ritiene che questo dimostri che l´Agenzia non ha potere? «Questa domanda andrebbe rivolta al Consiglio di sicurezza con tutti i suoi 15 membri». Oggi il mondo è più sicuro? «Il mondo deve capire che non è possibile soffermarsi solo sul tema dell´insicurezza. Questo è il sintomo di un malessere più grande. Una parte del mondo si limita ad aver paura perché teme di essere attaccata. Forse è per questo che cercano di procurarsi delle armi nucleari: sono una sorta di garanzia, producono potere e prestigio. La Nato arriva a considerarlo un concetto strategico neutrale: l´arma nucleare è un ottimo deterrente per mantenere la pace. Per me è una tesi orribile». Il mercato clandestino parallelo delle armi atomiche che faceva capo all´ingegnere pachistano Abdul Qader Khan è stato smantellato? «Era un network delle armi atomiche mondiali che coinvolgeva molti paesi. Sappiamo che oggi non esiste più. Ma questo non esclude che ne siano sorti altri, uguali. Costituisce forse la minaccia più grave per la sicurezza del mondo. All´Agenzia spetta il compito di neutralizzarla».
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