ROMA — Prima degli esami pubblici che vorrebbe la Polonia per i candidati alla carica di alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di Sicurezza, non ancora previsti, Massimo D’Alema, Pd, è stato sottoposto ieri a un assaggio di prova nelle commissioni Esteri di Senato e Camera. Fiamma Nirenstein, deputata del «Popolo della libertà» di religione ebraica, ha sostenuto che sì, l’ex presidente del Consiglio ha un curriculum adatto per l’incarico dell’Ue aggiungendo: «Però non vedo come D’Alema potrebbe essere il grande, equilibrato mediatore dell’Europa nel conflitto mediorientale». Critiche simili da Margherita Boniver, stesso partito. «Non ho citato la passeggiata di D’Alema a Beirut nel 2006 con uno di Hezbollah, ma a quello mi riferivo », diceva Nirenstein all’uscita.
L’assaggio di esame, per D’Alema, è stato in contumacia. L’aspirante alto rappresentante era altrove. La sua difesa, d’ufficio, l’ha compiuta Franco Frattini, Pdl. Da Bruxelles, D’Alema sarebbe capace di rappresentare «tutte le sensibilità europee», è stata la tesi del ministro degli Esteri. Presto, se D’Alema sarebbe equilibrato tra palestinesi e israeliani, tra arabi e Stato ebraico è diventata materia di discussione anche fuori.
Tra gli israeliani c’è chi non esclude che risparmiando ostacoli a D’Alema si possa ripetere quanto si ottenne da Gianfranco Fini: quando nel 2003 fu accolto a Gerusalemme l’ex capo di un partito con radici fasciste come il Movimento sociale, aiutandolo a darsi un nuovo profilo, lo si fece scommettendo che sarebbe risultato uno degli alleati più attivi. Così è stato. In pubblico, l’ambasciatore a Roma Gideon Meir ha sottolineato l’estraneità del suo Paese alle cariche europee, senza attaccare D’Alema. Nirenstein, che abitava in Israele, si è mossa in altro modo.
Il candidato per l’Ue che viene dal Pd otteneva ieri scudi dal centro-destra. «Ogni posizione è legittima, si figuri se non capisco quella di Nirenstein.
Ma adesso bisogna fare 'sistema-Paese'», ha detto il ministro della Difesa Ignazio La Russa, uno degli addetti ai lavori ascoltati dal Corriere.
«Nirenstein? Parere personale », affermava Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera. In una inusuale sintonia con un avversario, Antonio Di Pietro: «Da ex ministro degli Esteri e uomo delle istituzioni, D’alema ha la qualità per non far fare brutta figura all’Italia». Pier Ferdinando Casini, Udc: «D’Alema mandò i militari in Libano facendo un favore a Israele e agli arabi. E’ il candidato ideale». Giudizio simile da Marta Dassù, già consigliere di D’Alema a Palazzo Chigi: «Il governo israeliano tiene e a quei soldati, lo dimostra la fiducia risposta nel generale Graziano».
Non un coro, tuttavia. L’ex ministro della Difesa Arturo Parisi, Pd, non ha nascosto difficoltà di D’Alema: «E’ un politico puro, può sostenere anche altre linee tenendo conto delle evoluzioni della realtà. Crede in alcune, presenti nel centro-sinistra, che ha esitato a riproporre nel tempo. Che Nirenstein lo ricordi indica che una parte del mondo ebraico non gradisce». Lo pensa anche Furio Colombo, Pd: «A ogni candidato può esser mancata equidistanza. Ho un giudizio vicino a quello di Nirenstein. Non so se lo utilizzerei se fossi in una giuria».
In base alla Convenzione di Lisbona, la prossima settimana i leader degli Stati europei assegneranno le cariche più alte dell'Unione Europea. A partire dal mese di dicembre, gli europei cominceranno ad abituarsi a sentire discorsi di un Presidente dell'Europa, mentre nel Medio Oriente e nel resto del mondo si verrà a conoscere un Ministro degli Esteri europeo, che sarà eletto per un periodo di cinque anni
Il nuovo Ministro degli Esteri europeo sostituirà Javier Solana, responsabile della politica estera dell'UE, e raggiungerà, grazie al nuovo incarico, una posizione di particolare rispetto ed influenza. Nelle speculazioni sulla nomina si trova in prima posizione, con un netto distacco sugli altri, il Ministro degli Esteri inglese, David Milliband. Sorprendentemente, a contendergli la carica è l'ex Presidente del Consiglio ed ex Ministro degli Esteri italiano, Massimo D'Alema. A Gerusalemme si dice che entrambi i candidati, che provengono dalla sinistra europea, possono essere definiti "problematici" dal punto di vista di Israele. L'origine ebraica di Milliband, temono a Gerusalemme, potrebbe spingerlo – a dispetto – verso posizioni molto dure e critiche, mentre il candidato italiano, distintamente pro-arabo, non ha mai tenuto nascoste le sue posizioni. Dal suo punto di vista non c'è alcuna differenza tra Israele e Hamas, e anche con Hezbollah bisogna imparare a convivere. -
La candidatura di D'Alema si è resa possibile dopo che il Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, ha deciso sorprendentemente di appoggiare la sua nomina, malgrado sia uno dei suoi più accaniti rivali. Persistono i dubbi sulla sincerità di Berlusconi nella sua disponibilità a sacrificare una posizione europea così importante, a spese di un eventuale rappresentante del suo partito. Tuttavia, il Don Giovanni italiano ha ribadito lunedì sera, in una cena ufficiale a Berlino, che spera che D'Alema venga eletto.
Se D'Alema verrà effettivamente eletto, Berlusconi potrà festeggiare doppiamente. In primo luogo, avrà spedito a Bruxelles un suo rivale, costringendo l'opposizione ad abbassare i toni delle critiche nei suoi confronti. In secondo luogo, il populismo di Berlusconi gli prescrive di apparire come un patriota.
La posizione di Berlusconi è stata uno dei due principali ostacoli che D'Alema ha dovuto affrontare nella corsa verso l'alta carica. Dal momento che è riuscito a conquistare lo stivale, non gli resta che conquistare il continente. Da politico navigato, capisce che il prossimo ostacolo è Downing 10 a Londra. Se, contrariamente alle previsioni, Tony Blair dovesse tornare nella borsa dei nomi proposti per la carica di Presidente d'Europa e Gordon Brown dovesse impuntarsi nel volere Milliband alla guida della politica estera europea, caleranno le possibilità di D'Alema di essere eletto, poiché sarà eletto un singolo rappresentante della sinistra europea ad una delle due cariche.
Per il momento, D'Alema sta conducendo una campagna esemplare. Per suscitare interesse, ha costretto tutti i suoi naturali oppositori a fare dichiarazioni, e con ciò li ha di fatto neutralizzati. I polacchi, mediante il loro rappresentante a Bruxelles, non hanno nascosto la loro disapprovazione per il candidato ex-comunista. D'Alema ha chiesto di sapere qual'è veramente la posizione del Ministero degli Esteri a Varsavia e ha ottenuto una smentita: "Questa non è la posizione ufficiale del Governo".
Da lì D'Alema si è rivolto ad Israele. "È lusinghiero essere interpellati in materia", ha detto l'Ambasciatore d'Israele in Italia, Gideon Meir, il quale ha avuto colloqui con D'Alema e con gli esponenti del suo partito che stanno conducendo la sua campagna, "ma noi non abbiamo alcun desiderio di intrometterci negli affari di altri Paesi". Meir ha spiegato che Gerusalemme non dimentica mai che qualsiasi campagna elettorale ha anche il suo giorno dopo. Anche dagli ebrei d'Italia, con i quali D'Alema ha rapporti particolarmente tesi, egli è riuscito a strappare una dichiarazione da cui non traspare che ci sia un fronte aperto contro di lui.
Qualora D'Alema venisse eletto alla carica, Israele potrebbe attendersi di dover affrontare iniziative europee, forse addirittura indipendenti, che non saranno di suo gradimento. Alla domanda se sia possibile che, nella sua nuova posizione, D'Alema cambi e cerchi di condurre una politica – sia pure apparentemente – equilibrata, si potrebbe rispondere con la fiaba della formica e dello scorpione. "Perché mi hai punto proprio mentre mi portavi sull'altra sponda del fiume?", chiede la formica, e lo scorpione risponde, "Perché questo è il mio carattere".