Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 11/11/2009, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo "Forum Palestina fa 10 domande a Napolitano su sionismo e antisemitismo ".
Dimitri Buffa
Se dovessimo dire “se ci mancavano” queste ennesime “dieci domande”, stavolta rivolte da Forum Palestina idealmente persino allo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, a proposito della più volte ribadita identità di concetti tra “antisionismo” e “anti semitismo”, diremmo una falsità. Francamente se ne poteva fare a meno. Come forse si potrebbe fare a meno il 28 e il 29 novembre di vedere sfilare gli odiatori di professione e gli istigatori al boicottaggio economico e culturale dello stato ebraico in un convegno che si terrà a Roma al centro congressi Cavour nella omonima via capitolina. Ma tant’è. L’Italia come tutti i paesi liberi deve sopportare anche queste vergognose riunioni. Basta leggere chi ha finora aderito all’iniziativa per rendersi conto del tono della stessa: Wasim Dahmash, Giorgio S. Frankel, Cinzia Nachira, Angelo Baracca, Miryam Marino, Angelo D'Orsi, G. Kharni, Ilan Pappe, Nicolas Shashani, esponente di Alternative Information Center. Segue un non meglio identificato “palestinese del '48 studioso della Nakba” e poi ancora: Michele Spinelli, Diana Carminati, Alfredo Tradardi. Dicono quelli di Forum Palestina, già noti alle cronache per le bandiere bruciate di Israele e per la partecipazione a trsitemente famose manifestazioni di piazza in cui sono anche stati proferiti alcuni slogan irripetibili sui soldati italiani morti in Iraq e in Afghanistan che “..stiamo sentendo anche Danilo Zolo” e che “tutto già inviato Michele Giorgio e parlato con Michelangelo Cocco”. Michele Giorgio è il giornalista del “manifesto” che ha preso il testimone di agit prop anti israeliani lasciatogli dal suo collega, sempre del quotidiano comunista, Stefano Chiarini deceduto di cancro qualche mese fa. Nel comunicato di Forum Palestina si legge anche che “..a Roma abbiamo parlato anche con Jeff Halper. Inviato invito anche a Paola Canarutto e Giorgio Forti (rete ECO). Ci sono compagni dell'Africa e dell'America Latina per alcune testimonianze sulla penetrazione sionista in quelle aree. E poi ovviamente ci sono i nostri compagni..” E quelli come si dice a Roma “tietteli stretti”. La provocatorietà del tutto è contenuta nel tono di queste “dieci domande” che ormai in Italia non si negano a nessuno, figuriamoci ad ebrei e ad israeliani. Eccole, giudicate voi:
1) Il sionismo nasce nell’Europa dell’espansione colonialista del secondo Ottocento. Quanto si sono influenzati e integrati reciprocamente il progetto sionista e quello colonialista europeo?
2) Il sionismo era l’unica opzione politica disponibile per i cittadini di origine ebraica in Europa? Oppure la lotta contro la discriminazione, le persecuzioni e i pregiudizi antiebraici aveva altri sbocchi politici ma di segno anticolonialista?
3) Quali sono state le conseguenze in Palestina del “sionismo reale” cioè di un progetto ideologico che “si è fatto Stato” con la nascita di Israele?
4) Come mai il sionismo riesce a funzionare ancora oggi da attrazione per le èlite dei paesi europei e degli Stati Uniti? Quanto ha influito sulla rinascita di un progetto e una cultura neocolonialista verso i paesi in via di sviluppo in questi anni?
5) Qual è l’influenza del sionismo reale nel dibattito, nella cultura politica e nelle scelte strategiche dei paesi dell’Europa, dell’Africa, dell’America Latina e degli Stati Uniti?
6) E’ storicamente, politicamente e scientificamente accettabile l’equiparazione tra antisionismo e antiebraismo che viene ripetutamente riaffermata dalle massime autorità istituzionali italiane?
7) Il governo italiano è “il migliore alleato di Israele in Europa”. L’esperienza del partito Kadima ha molti ammiratori nei partiti italiani. Tsahal ha molti sostenitori politici ed economici. La cultura sionista ha molti estimatori tra artisti e scrittori del nostro paese. Esiste il rischio di una sua egemonia della vita politica e culturale italiana?
8) Il revisionismo storico, praticato a piene mani anche nel nostro paese, non è l’altra faccia del negazionismo messo all’indice dalla comunità intellettuale? Può esistere un unico monopolio dell’orrore e della memoria?
9) Il boicottaggio accademico verso Israele invocato da docenti universitari e sindacati di altri paesi europei, può essere ritenuto e praticato come una normale forma di pressione internazionale sulla politica di uno Stato?
10) Il progetto di uno Stato Unico per ebrei e palestinesi è da ritenersi una minaccia o una soluzione possibile per la pace in Medio Oriente?
Belle domande, non c’è che dire. Si parte dalle prime cinque domande che danno per scontato che il sionismo nasca come ideologia colonialista (e non come invece è una branca del movimento socialista mondiale) e come progetto dell’occidente ai danni del terzo mondo, si prosegue con la domanda sei che se la prende direttamente con Napolitano, si continua con la settima che ipotizza una risibile egemonia culturale del sionismo in Italia e si finisce con le ultime tre domande che, rispettivamente, ipotizzano che il “revisionismo storico” sia l’altra faccia del negazionismo (che è come dire che se ammettiamo che abbia ragione Giampaolo Pansa a riscrivere la storia partigiana allora noi dovremmo tollerare anche gli sfondoni di pseudo studiosi che negano l’esistenza storica della Shoà), che chiedono anche se il “boicottaggio di Israele” non possa essere paragonato a quello verso il Sud Africa degli anni ’70 e, infine, se non sia meglio uno stato unico di israeliani e palestinesi invece che due. Ritornando così al vero punto di partenza di queste assurde dieci domande che poi potrebbero riassumersi, meno ipocritamente, in una sola: Israele ha diritto o meno di esistere?
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