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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
11.11.2009 Il Libano hezbollato e la sua battaglia nazionalista tra falafel e hummus
Cronaca di Francesco Battistini

Testata: Corriere della Sera
Data: 11 novembre 2009
Pagina: 18
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Il Libano alla guerra dell’hummus»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 11/11/2009, a pag. 18, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Il Libano alla «guerra dell’hummus» ".

La trovata del Libano rasenta il ridicolo. Cercare di avere l'esclusiva per la cucina di alcuni piatti sostenendo che sono tipici libanesi.
La proposta viene dal nuovo ministro dell'Agricoltura (Hezbollah), il quale arriva a sostenere "
Le nostre im­prese sono troppo piccole per pagare le proprietà intellettuali invece il governo può intraprendere azioni legali. L’ha fatto la Grecia con la feta, dovrebbe farlo anche l’Italia con la pizza...". Certe trovate nazionaliste le lasciamo ad Hezbollah. Ci chiediamo se la parte non Hezbollah del governo Hariri sia in grado di arginare questa ridicola follia.
Ecco l'articolo:

 
Falafel e Hummus, i due piatti sui quali il Libano vorrebbe avere l'esclusiva

GERUSALEMME — Che l’alimento fosse infido, Nostro Signore lo sapeva già duemila anni fa. «Colui che intinge con me nel piatto, mi tradirà»: e fu pro­prio in una terracotta di hummus che (pare) Giuda finì per ficcare il suo fata­le tozzo di pane. Che faccia litigare, ac­cade da una sessantina d’anni: più o meno da quando Israele ha piantato bandiera ed è accusato d’essersi allarga­to, oltre che con la terra, pure col purè. Ceci & sesamo, aglio & olio. In tutto il Medio Oriente non c’è ricetta più sem­plice e contesa dell’hummus. Libanesi contro israeliani. Rivendicato come una colonia, difeso come il Litani. Con inconfessabili perversioni culinarie: raccontano che Sharon ne andasse mat­to, ma se lo faceva portare a casa da cer­ti arabi del Sinai che lo preparavano co­me pochi. Con interminabili dispute pubbliche: l’ultima, consumata sul lun­gomare di Beirut a fine ottobre, quan­do trecento chef libanesi si sono esibiti in due tonnellate di morbido purè, so­no entrati nel Guinness dei primati e — tiè! — agli occhi del mondo hanno fatto diventare il Paese dei Cedri, an­che, il Paese dei Ceci. Pane al pane, hummus all’hummus. L’esibizionismo dei 300 non nasce dal nulla: «È una grande vittoria morale! — s’è esaltato il presidente della locale camera di commercio, Rabih Sabra —. Destinata a mostrare all’opinione pubblica che questo piatto e molti altri appartengo­no al Libano e solo al Libano!».

L’inizio d’una controffensiva: il nuo­vo ministro dell’Agricoltura, uno dei
due hezbollah del nuovissimo governo Hariri che per altre ragioni preoccupa­no Israele, è stato incaricato di promuo­vere in sede internazionale una batta­glia giudiziaria per il marchio Doc del­l’hummus, ma anche dei felafel (le pol­pette di fave), del tabulé e del fattush (due tipi d’insalata), del kibbeh (le crocchette di carne), insomma per tute­lare la mesah libanese. «Le nostre im­prese sono troppo piccole per pagare le proprietà intellettuali — dice Sabra —, invece il governo può intraprendere azioni legali. L’ha fatto la Grecia con la feta, dovrebbe farlo anche l’Italia con la pizza... » .

Impegnati a ricordare che gli Hezbol­lah hanno migliaia di razzi puntati su Israele (l’ha detto ieri il generale Gabi Ashkenazi) o a temere un attacco israe­liano quanto prima (l’ha scritto ieri il giornale al-Nahar), non è detto che i due governi abbiano tutto il tempo che serve a questa battaglia gastronomica. Il golpe del Guinness però non è piaciu­to e gl’israeliani hanno risposto con l’aiuto, tanto per cambiare, dell’Ameri­ca: a una fiera del New Jersey, un loro cuoco ha appena vinto il premio per il miglior felafel del mondo. E poco im­porta se nel 2008 un presentatore della tv francese fu costretto a scusarsi per aver definito le polpettine «un tipico piatto ebraico»: anche al ministero dell’Agricoltu­ra israeliano, dove già c’è una «procedura di tute­la » dell’ortofrutta speri­mentata nelle serre del deserto, non spiacerebbe istituire una specie di copyright alimentare. «Non capisco che cosa vogliano i liba­nesi — protesta Abu Shukri, 42 anni, il più famoso chef d’hummus d’Israele —. Questi sono piatti che appartengo­no a tutto il Medio Oriente. E il loro hummus è diverso dal nostro: nel mon­do di sono 40 tipi diversi di ceci, i loro non sono quelli che usiamo noi. Se poi vogliono la sfida, siamo pronti...». Il primo gennaio, la rappresaglia: ad Abu Gosh, alle porte di Gerusalemme, le bri­gate del cecio sono mobilitate a prepa­rare almeno 400 tonnellate di hum­mus. Per il verdetto del Guinness. Più rispettato d’una risoluzione Onu.

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