Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 10/11/2009, a pag. 14, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Teheran: 'I tre americani sono spie' ".
Spionaggio: i tre giovani escursionisti americani arrestati in Iran a fine luglio sono accusati di essere delle spie ed ora rischiano la pena capitale.
Ad aprire un nuovo rovente capitolo delle difficili relazioni fra Teheran e Washington è stato l’annuncio del procuratore generale iraniano, Abbas Jafari Dolatabadi, sull’avvenuta incriminazione per spionaggio dei tre giovani. Si tratta di Shane Bauer, 27 anni, Sarah Shroud, 31, e Josh Fattal, 27, che lo scorso 31 luglio vennero fermati dalle guardie di frontiera iraniane a ridosso del confine con l’Iraq del Nord. Si tratta di tre ragazzi californiani, provenienti dall’Università di California a Berkeley, le cui famiglie hanno sempre negato qualsiasi legame con il governo Usa ma Dolatabadi afferma di disporre di prove sufficienti per l’incriminazione «mentre le indagini stanno continuando».
Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, è intervenuto sulla vicenda parlando da Istanbul a margine del summit fra i 57 Paesi dell’Organizzazione della conferenza islamica (Oci). «In tutte le nazioni attraversare illegalmente un confine comporta sentenze pesanti - ha detto Ahmadinejad - e sfortunatamente loro sono entrati in Iran illegalmente, non ne siamo felici ma stiamo applicando la legge». Lo stesso presidente ha tuttavia aggiunto di «augurarsi» che «i tre sapranno dare le appropriate spiegazioni in tribunale riuscendo a convincere il giudice che la loro intenzione non era di entrare da clandestini». Sono parole che Washington ha interpretato come la possibilità che Teheran stia lasciando aperti degli spazi di trattativa, magari al fine di giocare la pedina della sorte degli escursionisti nella partita in corso sul nucleare con la comunità internazionale.
Sulla carta infatti il reato di spionaggio comporta, per la legge islamica vigente in Iran, la pena capitale consentendo così ad Ahmadiejad di paventare l'impiccagione dei tre. La reazione dell’amministrazione Obama è arrivata con il Segretario di Stato, Hillary Clinton, che da Berlino ha sapere che «non esistono prove per sostenere qualsiasi accusa nei confronti dei tre ragazzi» rinnovando la richiesta di «rilasciarli e farli tornare a casa con un gesto compassionevole». In assenza di relazioni dirette fra i due Paesi è la Svizzera a gestire la delicata trattativa che si sovrappone a quanto sta avvenendo sul fronte del contenzioso nucleare: proprio Hillary a Berlino discute con i leader di Russia, Germania e Francia l’ipotesi di adottare rigide sanzioni se Teheran dovesse rifiutare quanto concordato a inizio ottobre a Ginevra sul trasferimento all’estero di gran parte del proprio uranio al fine di arricchirlo e di scongiurare al contempo la realizzazione dell’atomica.
«Abbiamo l’impressione che gli iraniani hanno fatto marcia indietro rispetto alla disponibilità mostrata a Ginevra» hanno dichiarato alti funzionari dell’amministrazione a diversi media Usa. «E’ ora che Teheran accetti le offerte dell’Onu» incalza Hillary. Proprio il nucleare iraniano ha tenuto banco nell’incontro fra il presidente Obama e il premier israeliano Nethanyahu avvenuto alla Casa Bianca quando in Italia era ormai notte fonda.
La prospettiva di un processo per spionaggio dei 3 ragazzi californiani si somma alla recente condanna a 12 anni di detenzione del docente iraniano-americano Kian Tajbakhsh, accusato di aver fomentato disordini di piazza dopo le presidenziali, ed all’ex agente dell’Fbi Robert Levinson scomparso nel marzo del 2007 sull’isola di Kish nel senza lasciare traccia.
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