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La Stampa Rassegna Stampa
10.11.2009 Fort Hood, Malik Hasan era un terrorista islamico legato ad Al Qaeda
Come volevasi dimostrare. Solo Repubblica crede ancora alla favola dello stress

Testata: La Stampa
Data: 10 novembre 2009
Pagina: 14
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Hasan frequentava la stessa moschea dei jihadisti dell’11-9»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 10/11/2009, a pag. 14, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Hasan frequentava la stessa moschea dei jihadisti dell’11-9 ".

Malik Hasan è un terrorista islamico. I suoi legami con Al Qaeda lo dimostrano. Ad aggrapparsi alla storia dello stress da combattimento e al prossimo trasferimento in Afghanistan rimane solo REPUBBLICA, con l'articolo di Angelo Aquaro, a pag. 19, dove si legge " Gli investigatori continuano a credere che il movente della strage vada cercato in quel mix di «stress combat», risentimento personale e coltura estremista: eccola la miscela che avrebbe fatto scattare il grilletto della FN Herstal da 5.7 che il neopromosso maggiore aveva acquistato pochi giorni dopo essere stato trasferito, il 15 luglio scorso, dall´ospedale Walter Reed di Washington a Fort Hood, in vista dell´inevitabile spostamento in Afghanistan.".
Ecco l'articolo di Maurizio Molinari:

Clicca sull'immagine per ingrandirla Il terrorista Hasan, responsabile della strage a Fort Hood

Barack e Michelle Obama partecipano questa mattina ai funerali delle 13 vittime della strage di Fort Hood, in Texas, mentre si rafforza l’ipotesi che il killer Nidal Malik Hasan possa aver avuto dei legami con i militanti jihadisti di Al Qaeda.
Ad avvalorare questo scenario sono due rivelazioni convergenti. La prima arriva dalla tv Abc, che grazie a informazioni di intelligence ha potuto ricostruire come nel 2001 il maggiore Hasan frequentava a Falls Church in Virginia, lo Stato dove è nato, la moschea di Dar al-Hijrah ovvero lo stesso luogo di culto dove pregavano due dei terroristi che avrebbero poi fatto parte del commando kamikaze dell’11 settembre: Nawaf al Hazmi e Khalid al Midhar. In quel periodo morì la madre di Hasan che venne sepolta sempre nei pressi della stessa moschea, il cui imam Anwar al Awlaki nel 2004 venne inserito dall’Fbi nell’elenco di sospetti fiancheggiatori di Al Qaeda in America ed emigrò poi in Yemen, dove è stato imprigionato nel 2006 per legami con una cellula di jihadista e poi scarcerato.
La seconda rivelazione, da parte di due ufficiali dell’intelligence all’Associated Press, riguarda proprio Al Awlaki perchè poco dopo la strage di Fort Hood ha scritto su alcuni siti islamici inneggiando al «martirio» di Hasan. «L’unico motivo che può giustificare un musulmano che si arruola nell’esercito degli Stati Uniti - ha scritto l’ex imam di Falls Church - è seguire l’esempio di uomini come Nidal Hasan, un eroe, un uomo di coscienza che non poteva sopportare di vivere la contraddizione di essere musulmano e servire al tempo stesso in un esercito che combatte contro la sua stessa gente».
A ciò bisogna aggiungere la testimonianza di due compagni di corso del maggiore Hasan che, nel periodo 2007-2008, si lamentarono con i superiori per il fatto che esprimeva opinioni «anti-americane» come quando parlò alla classe giustificando le azioni dei kamikaze islamici e disse a più riprese che la shaaria aveva una importanza maggiore rispetto alla Costituzione americana.
Tanto i legami con ambienti jihadisti che le opinioni di stampo fondamentalista sarebbero state da tempo oggetto di interesse da parte della Cia - secondo quanto riportato da più quotidiani americani - ma non è chiaro se l’intelligence informò l’esercito e come le forze armate abbiano gestito le informazioni eventualmente ricevute. Il possibile corto circuito fra i sistemi di sicurezza di Cia e Us Army evoca per gli americani gli errori compiuti nel 2001 che impedirono di prevenire gli attacchi dell’11 settembre - costati la vita a quasi tremila civili - così come l’ipotesi che Hasan possa essere stato un agente dormiente di Al Qaeda solleva l’allarme sull’infiltrazione delle forze armate da parte di elementi jihadisti. Sono questi i motivi che spingono il senatore indipendente del Connecticut, Joe Lieberman, a chiedere al Congresso di indagare sui «forti sospetti» che la strage di Fort Hood abbia avuto una «matrice terrorista islamica».
Il maggiore Hasan intanto si sta lentamente riprendendo dalle ferite subite e da ieri è tornato a poter parlare. L’Fbi presidia l’ospedale di San Antonio dove è ricoverato e i portavoce assicurano che «appena possibile» sarà interrogato come «principale sospetto» per il crimine commesso.
La preoccupazione dei comandi militari si concentra in questo momento sull’evitare che l’eventuale legame fra Hasan e i jihadisti possa portare ad episodi di intolleranza contro i 3557 soldati di fede musulmana, molti dei quali servono in Iraq e Afghanistan, che fanno parte di un esercito di oltre 1,4 milioni di volontari. «Non bisogna lasciarsi prendere dal vortice delle speculazioni sulla fede di Hasan» ammonisce George Casey, capo di Stato Maggiore dell’Esercito, parlando all’unisono con Janet Napolitano, il ministro della Sicurezza Interna che durante una sosta negli Emirati Arabi Uniti ha parlato di «rischi di atti di razzismo contro i cittadini americani di fede musulmana».
Negli ospedali attorno a Fort Hood sono ancora ricoverati i 29 feriti gravi causati dai colpi sparati dal maggiore Hasan e per otto di loro la prognosi resta riservata.

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