George Bensoussan, Israele, il sionismo e lo sterminio degli ebrei d’Europa (1933-2007) 09/11/2009
George Bensoussan Israele, il sionismo e lo sterminio degli ebrei d’Europa (1933-2007) Traduzione Verrani L. UTET Euro 22,00
Israele non è nato dalla Shoah. Lo sostiene nel suo ultimo dirompente saggio “Israele, un nome eterno. Lo stato di Israele, il sionismo e lo sterminio degli Ebrei d’Europa”, uscito in questi giorni in Italia per Utet libreria, George Bensoussan. Il noto storico francese, professore all’Università Sorbona IV di Parigi e direttore della Revue d’Histoire de la Shoah, è stato relatore al seminario “Il ‘900, secolo dei Genocidi, dei Campi, dei Silenzi”, lo scorso mercoledì 23 settembre al Castello di Barletta. Lo Stato di Israele è davvero nato per compensare il popolo ebraico della tragedia della Shoah? E’ vero che lo Stato ebraico deve la sua creazione al senso di colpa del mondo occidentale per non aver impedito il genocidio? E il mondo arabo è davvero innocente, senza responsabilità rispetto allo sterminio di 6 milioni di persone? Georges Bensoussan - già autore di una monumentale storia del sionismo (Il sionismo. Una storia politica e intellettuale. 1860-1940, Einaudi, 2007) e uno dei massimi specialisti della Shoah - pur non negando l’esistenza di un legame intrinseco tra Shoah e Stato di Israele, dimostra in questo suo ultimo studio “Israele, un nome eterno” come la natura di tale relazione sia essenzialmente politica e non storica, ovvero non di causalità lineare, poiché il primo evento non legittima né costruisce il secondo. Il titolo si richiama a un versetto della Bibbia. Il nome eterno è quello che Dio, secondo il libro di Isaia, attribuisce agli Eunuchi nel libro di Isaia, quegli uomini condannati a morire senza discendenza e ai quali Dio dona, « meglio che dei figli o delle figlie » “un nome che non morirà mai ». La stessa espressione che Israele sceglierà per intitolare il suo memoriale della Shoah del 1953, che si chiama appunto Yad Vashem, dall’unione di Yad (Un monumento, una casa) e Chem (un nome), con l’obiettivo di dare una discendenza a coloro che non possono più averla, tramite il ricordo perenne per coloro che furono privati del diritto di vivere. Scegliendo, dunque, questo titolo, Bensoussan ci propone, con uno studio molto ben argomentato e documentato, una riflessione attorno all’intenso rapporto sulla memoria della Shoah che attraversa la coscienza ebraica e israeliana. Il sotto titolo del libro, “Israele, il sionismo e la distruzione degli ebrei d’Europa» evoca tre eventi distinti, di importanza enorme a livello internazionale, e annuncia la trattazione di un campo molto vasto, denso di implicazioni e complessità, tuttavia affrontati non nell’ottica di ripercorrerne la storiografia – d’altronde Bensoussan è uno storico delle idee – ma di riprenderli in una prospettiva critica e dal punto di vista del processo di costruzione della memoria di ognuno di essi. Un tema certamente ambizioso e complesso per gli intrecci e le contraddizioni che lo caratterizzano, eppure è compito dello storico non indietreggiare di fronte alla complessità di un evento e di tentare di sbrogliare anche le matasse più aggrovigliate, tanto più che Bensoussan si è scelto il compito di smontare una serie di miti e luoghi comuni su Israele, talmente radicati non solo nell’immaginario collettivo, ma anche nell’opinione di molti storici e opinionisti, da risultare quasi dei dogmi.