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Ugo Volli
Cartoline
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Turchia-Iran: sta nascendo un nuovo emirato islamico, bene armato e deciso a conquistarsi il suo spazio 03/11/2009

 
Erdogan stringe la mano al suo "fratello" Ahmadinejad

Ogni tanto con queste cartoline, invece di farvi ridere, vi do qualche piccola o grande notizia che i giornali italiani non pubblicano e che vale la pena di essere conosciuta.
Per esempio non si parla abbastanza di Tayyip Erdogan, primo ministro della Turchia e serio candidato alla restaurazione dell'emirato islamico della Sublime Porta, disgraziatamente distrutto dalla subdola azione degli europei durante l'Ottocento. Il bravo Erdogan la settimana scorsa è andato a Teheran a trovare suo "fratello" Ahamadinedjad (la definizione è sua). Fra una trattativa commerciale e l'altra (l'obiettivo è di triplicare gli scambi fra Turchia e Iran entro il 2011), Erdogan ha dichiarato che il suo paese appoggia il "giusto diritto dell'Iran all'energia nucleare pacifica" e poi ha aggiunto che "coloro che criticano il programma nucleare iraniano possiedono le stesse armi" (ma allora si tratta proprio di armi, no?) e che "coloro che tengono questo atteggiamento, che vogliono queste arroganti sanzioni, devono prima rinunciare alle loro armi dello stesso genere." E' evidente che si parla di Israele, ma forse anche degli altri attori nucleari globali, dagli Usa in giù. Non sorprendentemente, dice Erdogan, "noi condividiamo questa opinione coi nostri amici iraniani, i nostri fratelli". Ancora meno sorprendente è la risposta del presidente iraniano, che ha ringraziato Erdogan per "la chiara posizione turca contro Israele".
Non voglio fare lo stratega da strapazzo. Ma è chiaro che sull'estremità settentrionale del Medio Oriente si sta saldando una nuova alleanza regionale, fatta di Iran, Turchia, Siria, con appoggi in Afganistan, in Libano, a Gaza, un possibile armamento nucleare, un esercito potente e disciplinato come quello turco, poco meno di 200 milioni di abitanti, parecchio petrolio una posizione strategica fra il mondo arabo e gli stati islamici dell'Asia Centrale, la Russia e il Pakistan, il Mediterraneo e il Golfo Persico. Ecco, se io fossi al Dipartimento di Stato americano, o alla commissione europea di Bruxelles, o al Cremlino (per loro fortuna non frequento nessuno di questi uffici) mi preoccuperei un po' di più di questa nuova "cosa" che delle bizze di Abu Mazen e perfino di quelle di Karzai. Sta nascendo un nuovo attore globale, un nuovo emirato islamico, bene armato e  deciso a conquistarsi il suo spazio?

Ugo Volli


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