Riportiamo dall'OSSERVATORE ROMANO del 29/10/2009, l'articolo dal titolo "Abu Mazen verso le dimissioni ".
L'articolo sottolinea le presunte responsabilità di Israele nello stallo del processo di pace come la causa dell'intenzione di Abu Mazen di dimettersi. Perché non si ricorda che lo stesso leader palestinese insiste a non voler riconoscere l'esistenza, a spingere verso la creazione di uno stato militarizzato (con il rischio di trovarsi basi missilistiche iraniane a pochi chilometri da Tel Aviv)?
Secondo L'Osservatore Romano, il motivo principale delle dimissioni di Abu Mazen è il mancato blocco totale degli insediamenti. Le lotte fra Hamas e Fatah non vengono menzionate. Per quanto riguarda la mancanza di risultati soddisfacenti nel raggiungere la pace, Israele viene riconosciuto come unico responsabile. Il terrorismo di Hamas, l'assurda richiesta del diritto al ritorno dei profughi, i razzi che continuavano a piovere su Israele, evidentemente, per l'Osservatore Romano non sono fattori degni di rilievo.
Per quanto riguarda il Rapporto Goldstone, l'Osservatore Romano "dimentica" di far notare al lettore che è completamente sbilanciato contro Israele. Il fatto che Goldstone si sia ricordato di accusare in poche righe anche Hamas per dare una parvenza di oggettività al suo rapporto non rende gli attacchi contro Israele meno gravi. Ecco l'articolo:
Abu Mazen
Tel Aviv, 27. Il presidente dell'Autorità palestinese (Ap), Abu Mazen, ha intenzione di lasciare l'incarico non ritenendo più realistica l'ipotesi di una ripresa del processo di pace con Israele a causa della "capitolazione" della Casa Bianca di fronte al Governo di Benjamin Netanyahu. Lo sostiene un'emittente televisiva israeliana, che cita un recente colloquio telefonico tra il leader della Muqata e il presidente americano, Barack Obama. Il presidente dell'Ap avrebbe manifestato totale pessimismo sulle aspettative di un rilancio negoziale suscitate nei mesi scorsi dall'avvento dell'Amministrazione Obama. Pressione che tuttavia non ha indotto il Governo Netanyahu a dar corso al congelamento completo degli insediamenti ebraici nei Territori palestinesi previsto dagli accordi firmati nel 2003 nell'ambito della Road Map del Quartetto (Onu, Ue, Stati Uniti e Russia). In effetti, i palestinesi considerano il blocco completo delle attività edilizie israeliane una condizione imprescindibile per la ripresa del dialogo. Proprio lo stallo, ormai da un anno, ha indotto il leader dell'Ap, unico rappresentante palestinese unanimemente riconosciuto dall'Occidente, malgrado i suoi 74 anni e i ricorrenti momenti di debolezza politica, a farsi da parte. Tentazione che Abu Mazen - esposto di recente a una nuova ondata di critiche delle fazioni palestinesi più radicali per i presunti cedimenti sul rapporto Goldstone, che accusa Israele e Hamas di crimini di guerra e di crimini contro l'umanità durante i 22 giorni dell'operazione "Piombo Fuso" - ha espresso chiaramente a Obama, sottolineando di non volersi ricandidare alle elezioni da lui stesso appena convocate per il 24 gennaio, in aperta sfida coi rivali di Hamas al potere a Gaza. Una doccia fredda sulle speranze di riavvio del negoziato israelopalestinese era già arrivata, pochi giorni fa, da un'altra voce dell'Ap, quella del capo negoziatore Saeb Erekat, secondo il quale le missioni dell'inviato della Casa Bianca in Medio Oriente, George Mitchell, atteso di nuovo nella regione a giorni, non bastano più. Gli Stati Uniti, per apparire credibili ai palestinesi, dovrebbero "mostrarsi in grado di convincere Israele a onorare gli impegni o in alternativa denunciare pubblicamente le responsabilità di Netanyahu per l'impasse", ha detto Erekat. Responsabilità che fonti del Governo israeliano peraltro rigettano, rivendicando a Netanyahu di aver dato segnali di disponibilità. E addossando di rimando all'Ap la colpa d'insistere nel porre condizioni. Sul campo, la tensione tra palestinesi e israeliani resta molto alta dopo gli scontri di due giorni fa sulla Spianata delle Moschee. Il rappresentante permanente dei palestinesi all'Onu, Riyad Mansur, ha chiesto al Consiglio di sicurezza d'intervenire d'urgenza per porre fine a quelli che ha definito atti illegali ed aggressivi da parte della polizia israeliana sulla Spianata. La richiesta è contenuta in una lettera indirizzata alla presidenza del Consiglio. Domenica sulla Spianata si sono verificati violenti scontri dopo che - secondo le ricostruzioni della stampa - gruppi di musulmani avevano assalito i primi visitatori della giornata, ritenendoli esponenti della destra religiosa ebraica. La polizia aveva reagito con energia: nel luogo sacro sia all'islam che all'ebraismo vi sono stati una trentina di feriti.
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