Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 26/10/2009, a pag. 10, l'articolo dal titolo "Protesta a Kabul, la polizia spara ".
Hanno bruciato fotografie di Obama e bandiere a stelle e strisce e gridato «Morte all’America», «Morte agli ebrei e ai cristiani». Erano poco più di mille, quasi tutti studenti universitari, e hanno attraversato il centro di Kabul spargendo la loro rabbia anti-americana. Quando sono arrivati davanti al Parlamento si sono fatti più minacciosi, hanno accennato a una carica e la polizia ha sparato in aria. La manifestazione contro la presenza occidentale in Afghanistan, la prima di queste dimensioni dal 2001, è finita così. Ad accendere la miccia, le voci che una pattuglia di soldati della Nato impegnati in un’operazione contro gli insorti talebani nella provincia di Wardak, a Sud della capitale, avevano bruciato una copia del Corano. «Ci siamo riuniti - ha raccontato uno degli studenti, Ihsanullah - per esprimere il nostro disgusto verso i soldati americani».
L’incidente sembra la replica di quello dell’anno scorso, quando un operatore freelance aveva passato ad Al Jazeera un filmato in cui si vedevano soldati americani che distribuivano copie della Bibbia tradotte in persiano, in un Paese dove è proibito per legge il proselitismo di religioni che non siano quella musulmana. I mullah avevano protestato, e i vertici Nato avevano ordinato di distruggere i libri. Questa volta la Nato ha aperto e chiuso subito l’inchiesta, concludendo che si tratta di voci prive di fondamento. Probabilmente alimentate dai taleban in ambienti universitari per far crescere la tensione in vista del ballottaggio del 7 novembre.
I due candidati, il presidente Hamid Karzai e lo sfidante Abdullah Abdullah, ieri hanno ribadito che il voto si deve tenere, e che non ci saranno accordi sottobanco. I due hanno parlato in un programma sulla Cnn. «Ho ricevuto assicurazione da tutti gli attori internazionale prima di accettare un secondo turno - ha spiegato Karzai -. Se ora non lo facciamo sarebbe un insulto alla democrazia». Abdullah ha però puntato il dito contro le condizioni di sicurezza: «L'America dovrebbe mandare subito i rinforzi».
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