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Il Foglio Rassegna Stampa
23.10.2009 Ascesa e caduta di Human Rights Watch
Nel racconto di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 23 ottobre 2009
Pagina: 2
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Dishuman Rights»

Sul FOGLIO di oggi, 23/10/2009, a pag.2, Giulio Meotti racconta la storia di Human Rights Watch, dalle stelle alle stalle, la misera fine di una Ong dal passato glorioso.Il titolo, ben meritato, è " Dishuman Rights"

 Richard Goldstone, un campione fra i rinnegati

Roma. Human Rights Watch è nata in un piccolo appartamento a Mosca, dove quarant’anni fa si riunivano i dissidenti sovietici guidati da Nathan Sharansky e dallo scienziato Andrei Sakharov. Dall’America si era unito a loro l’attivista liberal Robert Bernstein, che allora era responsabile della casa editrice Random House. Sarà lui, sull’onda della battaglia per i ribelli russi, a fondare Human Rights Watch, il Nobel per la Pace di cui Bernstein è stato presidente per vent’anni. Oggi è il loro principale accusatore. Sul New York Times, Bernstein ha denunciato il ripudio da parte della stessa organizzazione dei valori per cui venne fondata. L’accusa è durissima: Human Rights Watch lavora per fare di Israele “uno stato paria”. Proprio uno dei membri di Human Rights Watch, il giudice Richard Goldstone, ha appena redatto il rapporto dell’Onu che accusa Israele di “crimini di guerra”. Bernstein afferma che, mentre il medio oriente è popolato da regimi autoritari “con un curriculum sui diritti umani spaventoso”, Human Rights Watch ha scritto di gran lunga molte più condanne contro Israele per violazioni del diritto internazionale che contro qualunque altro paese della regione. “In Human Rights Watch abbiamo sempre riconosciuto che le società aperte e democratiche hanno colpe e commettono abusi”, spiega Bernstein. “Ma vedevamo bene che esse hanno anche la capacità di correggersi, attraverso un vivace dibattito pubblico, la stampa di denuncia e molti altri meccanismi che incoraggiano le riforme. Quando mi sono fatto da parte, nel 1998, Human Rights Watch era attiva in settanta paesi, per la maggior parte società chiuse. Ora l’organizzazione accantona sempre più spesso il cruciale distinguo tra società aperte e società chiuse”. Un mese fa uscì la notizia che Human Rights Watch era andata a Riad per incassare donazioni saudite e bilanciare così “i gruppi di pressione pro israeliani attivi negli Stati Uniti”. L’ex refusnik sovietico Nathan Sharansky dice che l’organizzazione è oggi “strumento nelle mani di regimi dittatoriali per combattere le democrazie”. In Israele, scrive ancora Bernstein, su una popolazione di 7,4 milioni di abitanti “si trovano almeno ottanta organizzazioni per i diritti umani, una vibrante stampa libera, un governo democraticamente eletto, un sistema giudiziario che spesso si pronuncia contro il governo, un dinamico mondo accademico, molteplici partiti politici e, a giudicare dall’ammontare dei servizi giornalistici, di un numero di giornalisti per abitante probabilmente più alto che in qualunque altro paese al mondo, molti dei quali vi si trovano espressamente per occuparsi del conflitto israelo-palestinese”. Bernstein aggiunge che, al contrario di Israele, i regimi arabi e quello iraniano, che governano su 350 milioni di persone, “rimangono regimi efferati, chiusi e autocratici, che permettono poco o addirittura nessun dissenso interno”. A suo parere, Human Rights Watch “ha perduto la prospettiva critica su un conflitto che ha visto Israele ripetutamente aggredito da Hamas e Hezbollah, due organizzazioni che si accaniscono contro i cittadini israeliani e usano la propria stessa gente come scudi umani”. Human Rights Watch sapeva benissimo che Hamas e Hezbollah hanno deliberatamente scelto di fare la guerra da aree densamente popolate, trasformando i quartieri in campi di battaglia e causando così perdite civili. “Sanno anche che armi sempre più numerose e sofisticate affluiscono sia nella Striscia di Gaza che in Libano, pronte a colpire ancora. E sanno che questa aggressività è ciò che continua a defraudare i palestinesi di qualunque chance di ottenere la vita pacifica e produttiva che meriterebbero. Eppure è Israele, la vittima ripetuta di queste aggressioni, che deve sopportare la maggior parte delle condanne di Human Rights Watch”. Quest’opera di screditamento morale è l’esatto contrario dei nobili obiettivi che si erano prefissi i fondatori di Human Rights Watch, che da quell’appartamento a Mosca contribuirono a sconfiggere il più potente impero del Novecento.

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