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L'insegnamento religioso nelle scuole di stato 19/10/2009

Riceviamo in copia una mail inviata al Giornale a proposito dell'insegnamento dell'islam nelle scuole di stato. la posizione di IC è espressa nella risposta ad altro lettore nella stessa data di oggi 19/10/2009.

Egregio Direttore de "Il Giornale", nel commento di Giorgio Israel sulla questione "ora di religione" (ricordiamo però che si parla,nella scuola pubblica e quindi a carico del pubblico bilancio,della sola religione cattolica) manca un'opzione liberale : non vi è bisogno di insegnare una qualsivoglia religione nella scuola pubblica perchè, in democrazia, ciascuno può praticare ed approfondire il proprio credo in scuole confessionali e luoghi di culto. Ciò accennato,venendo comunque e concretamente all'attuale situazione italiana, mi sembra che si confondano le acque nel parlare di attacco all'ora di religione cattolica nel pubblico insegnamento : non vedo infatti chi la voglia snaturare o trasformare in altro, sperando che sia concesso contestare alcuni effetti lesivi di terzi derivanti dall'impostazione vigente. Il dibattito,in verità,è assai più "semplice" di quanto si dica : cosa facciamo con gli altri credenti ed anche, mi sia consentito ricordarlo proprio da credente, con i "senza fede" ? Cavarsela con una lunga serie di problematiche e difficoltà operative, per giungere ad una sorta di soddisfatta rassegnazione nell'accettare l'attuale quadro, non mi pare proprio corretto (al pari del pararsi dietro alla figura del Rabbino di Roma strumentalmente,a mio parere,richiamata) : non si possono liquidare così principi costituzionali come quello della pari dignità delle varie fedi e della libertà di non credere. Che la partita, come sicuramente è noto a Giorgio Israel, si giochi su un piano diverso lo testimoniano le ormai numerose dichiarazioni di ambienti della Chiesa e collaterali anche nel mondo politico,tendenti a rimarcare la presunta "superiorità" del credo cattolico sugli altri. E a questo punto,inutile girare intorno al problema, siamo alla predicazione di una società suddivisa tra "tolleranti" e "tollerati" che non può essere archiviata in nome di difficoltà burocratiche o "pigrizia" nel mettere mano a misure che concedano agli altri, senza quindi dover intaccare l'ora di religione cattolica, pari dignità . La ringrazio per l'attenzione e La saluto distintamente,
Gadi Polacco Livorno


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