Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 17/10/2009, a pag. 17, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Obama pronto a cancellare la guerra preventiva di Bush " e lasua intervista ad Elliott Abrams dal titolo " E' un errore che rafforzerà la Russia e gli ayatollah ".
La politica della mano tesa ai propri avversari inaugurata da Obama non sta portando alcun buon risultato. Quelli negativi, invece, non si sono fatti attendere. L'Iran nè è un esempio lampante. Ecco i due articoli:
" Obama pronto a cancellare la guerra preventiva di Bush "
Il Pentagono inizia la revisione della dottrina di Bush sull’«attacco preventivo» mentre il Dipartimento di Stato si prepara ad accogliere a Washington il capo negoziatore della Corea del Nord sul nucleare: il doppio passo dell’amministrazione conferma la decisione del presidente Barack Obama di tendere la mano agli avversari dell’America, smantellando le scelte del precedente governo.
A dare notizia di quanto sta avvenendo dentro il ministero della Difesa è Kathleen Hicks, vice-sottosegretario alla Strategia, spiegando che «la volontà è di aggiornare la dottrina sull’uso della forza per adattarla al mondo di oggi che non è più quello del 2002». Risale infatti al giugno del 2002 il discorso all’accademia militare di West Point con cui l’allora presidente George W. Bush espose la dottrina dell’attacco preventivo rivendicando agli Stati Uniti il diritto di usare la forza contro una «minaccia» prima ancora che questa «diventi imminente».
L’approccio di Bush nasceva dalla necessità di darsi una strategia per impedire un nuovo 11 settembre, potendo quindi colpire i terroristi al momento della progettazione degli attentati, ed anche per legittimare l’intervento militare in Iraq, sospettato allora di possedere armi di distruzione di massa. Neanche sessanta giorni dopo il discorso di West Point, Bush presentò formalmente al Congresso il nuovo testo strategico, sulla base del quale teorizzò la necessità di deporre Saddam Hussein. «Non esiteremo di agire da soli se necessario per esercitare il nostro diritto all’autodifesa agendo in maniera preventiva» recita il testo della dottrina del 2002.
Alla base della decisione di rivedere questo approccio c’è il fatto che in Iraq la dottrina «fallì perché l’intervento militare del marzo del 2003 contro Saddam portò ad appurare che l’Iraq non aveva le armi di distruzione di massa» commenta James Lindsay, titolare del centro ricerche del «Council on Foreign Relations» di New York. Per l’esperto di strategia James Mann della Johns Hopkins University «l’amministrazione Obama dovrà ridefinire il concetto di "preventivo"» perché «Bush gli assegnò un significato troppo vasto, arrivando ad adoperarlo per giustificare una guerra in grande stile» mentre invece potrebbe anche essere ridimensionato, al fine di legittimare blitz di tipo anti-terroristico contro organizzazioni come Al Qaeda. «Il lavoro che il Pentagono ha intrapreso è molto difficile - aggiunge Michael O’Hanlon, analista sui temi della sicurezza della Brookings Institution - perché da un lato vuole differenziarsi dall’amministrazione Bush mentre dall’altra non può rinunciare a rivendicare il diritto di colpire sempre e ovunque gruppi terroristi impegnati a preparare nuovi attacchi contro di noi».
Le indiscrezioni che trapelano dal Pentagono coincidono con un altro passo di rottura di Obama rispetto al passato: la concessione da parte del Segretario di Stato, Hillary Clinton, di un visto di entrata a Ri Gun, l’alto diplomatico nordcoreano titolare di negoziati sul nucleare, atteso a Washington da imprecisati incontri con «esponenti accademici ed anche con un diplomatico». Fino a questo momento le trattative multilaterali sul programma atomico di Pyongyang sono in una fase di stallo ma il leader nordcoreano Kim Jong Il aveva consegnato il mese scorso a Bill Clinton l’impegno ad una maggiore apertura. Che ora sembra iniziare a dare dei frutti.
" E' un errore che rafforzerà la Russia e gli ayatollah "
Elliott Abrams
«E’ una scelta errata, che rafforzerà Putin e gli ayatollah». Elliott Abrams, ex viceconsigliere per la sicurezza dell’amministrazione di George W. Bush, ora esperto di studi strategici al Council on Foreign Relations, dà un giudizio severo sulla svolta strategica in arrivo dal Pentagono.
Perché considera un errore rinunciare alla guerra preventiva?
«Il risultato di una simile scelta sarà di far sapere a piccoli e grandi dittatori che gli Stati Uniti hanno meno voglia di ricorrere alla forza. E questo spingerà i nemici dell’America ad essere più aggressivi. Un simile cambio di strategia può essere anche deciso dal presidente ma annunciarlo è un grave errore».
Ma la tesi del Pentagono è che il mondo non è più quello del 2002 e dunque bisogna trarne le conseguenze...
«Questo è un errore ancor più grave. Il mondo non cambia tanto in fretta. I pericoli che incombevano nel 2002, terrorismo e proliferazione di armi di distruzione, sono gli stessi. E i dittatori sono gli stessi: gli ayatollah iraniani, Kim Jong Il in Nord Corea e Putin in Russia, solo per nominarne alcuni».
Allora perché ritiene che l’amministrazione di Barack Obama stia andando in questa direzione?
«Per il semplice fatto che sono ancora convinti che sia sufficiente parlare male di Bush per trovare alleati e fare accordi. E’ qualcosa che vanno dicendo sin dalla campagna elettorale. Ma dimenticano che gli ayatollah, Putin e anche i leader cinesi sono tipi assai duri. Poco inclini al compromesso e ad essere conquistati solamente dalla vaga promessa di essere diversi da Bush».
Insomma, la politica della mano tesa del presidente Obama verso i nemici non la convince...
«Mi pare che questa politica non sia dando alcun risultato. Obama fa aperture e offerte a ripetizione ma cosa sta avvenendo? Gli iraniani corrono verso l’atomica, la Russia solleva nuove obiezioni alla difesa antimissile e la Corea del Nord lancia grappoli di missili. Rinunciando alla dottrina dell’attacco preventivo questi Paesi si sentiranno ancor più convinti di poter sfidare gli Stati Uniti».
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