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Il Foglio Rassegna Stampa
17.10.2009 Che cosa succede in Iran se non c’è la Guida Suprema. Tre scenari
L'analisi di Carlo Panella

Testata: Il Foglio
Data: 17 ottobre 2009
Pagina: 2
Autore: Carlo Panella
Titolo: «Che cosa succede in Iran se non c’è la Guida Suprema. Tre scenari»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 17/10/2009, a pag. 2, l'articolo di Carlo Panella dal titolo "  Che cosa succede in Iran se non c’è la Guida Suprema. Tre scenari".

 

Roma. La Fars ha smentito in ritardo le notizie circa la morte dell’ayatollah Khamenei, ma si è riferita in modo solo indiretto alle sue reali condizioni di salute, là dove la notizia lanciata mercoledì di Michael Ledeen – “da fonte eccellente” – era non la morte, ma il collasso e il successivo coma della Guida Suprema. Non è la prima volta che la salute di Khamenei è al centro dell’attenzione mondiale, tanto che alcune componenti frondiste del clero iraniano ne avevano già chiesto la rimozione a causa delle sue precarie condizioni (si dice abbia un cancro). L’opacità del regime iraniano è comunque tale che non si riescono a decrittare neanche segnali secondari (come la lentezza nella smentita ) e l’intimazione da parte del potente ayatollah Ahmad Jannati che ieri, nel corso della preghiera del venerdì, ha avvertito che non saranno tollerate manifestazioni da qui al 4 novembre, 30° anniversario dell’occupazione dell’ambasciata americana di Teheran. Se Khamenei è realmente in coma, gli toccherà la sorte di Francisco Franco e del maresciallo Tito, costretti a dolorose agonie di mesi, con sfrenato accanimento terapeutico, per permettere ai loro regimi di pilotare la successione. In attesa di una smentita convincente – sempre possibile – si possono esaminare gli scenari che comunque si apriranno all’uscita di scena di Khamenei. A una lettura superficiale, il primo vedrebbe favorito Ali Akbar Rafsanjani, lo sponsor della componente riformista che fa capo a Moussavi. E’ lui infatti il presidente del Consiglio degli Esperti, che decide sulla successione e che, il giorno stesso della morte di Khomeini nel 1988, decise che il successore fosse proprio quel Khamenei che in seguito è divenuto suo avversario. Ma il quadro politico è totalmente cambiato e il controllo reale sul paese è scivolato via dalle mani della cerchia ristretta dei collaboratori di Khomeini come Rafsanjani e Khamenei ed è passato a un gruppo di potere composto da ayatollah oltranzisti e pasdaran, che hanno in Ahmadinejad non il leader, ma un capace speaker. Nella guerra per la successione sarà marginale l’influenza del clero sciita e dei grandi ayatollah, che lo stesso Khomeini aveva violentemente emarginato, mandando in galera prima di morire il più autorevole tra loro e suo successore designato: Ali Montazeri. Nessun ayatollah gode oggi di una rete di alleanze sufficiente a imporsi sugli avversari. Rafsanjani – che è solo hojatoleslam – per diventare Guida Suprema avrebbe dovuto sconfiggere il blocco che fa capo ad Ahmadinejad, invece è venuto a patti, da sconfitto; Ahmad Jannati, suocero di Ahmadinejad, è il potente capo del Consiglio dei Guardiani è sicuramente in pole position per succedere a Khamenei, perché rappresenta in pieno il blocco di potere formato da ayatollah oltranzisti e pasdaran e gode dell’appoggio dell’ayatollah Mezbah Yazdi (sponsor di Moqtada Sadr in Iraq), che controlla la minoranza del Consiglio degli Esperti (pare sia membro anche della potentissima Hojatjjeh, associazione segreta di ayatollah). A meno che non spunti una terza figura autorevole –di cui per ora non c’è traccia- non è però escluso che il confronto tra Rafsanjani e Jannati porti a una soluzione collegiale. La Costituzione iraniana prevede infatti che la successione possa passare a una struttura di 5 “esperti”. Soluzione che piacerebbe ai riformisti (che hanno già tentato di imporla destituendo Khamenei), ma che è fortemente osteggiata dagli oltranzisti, perché depotenzierebbe il controllo egemonico su tutti i gangli decisionali a loro favorevole, oggi esercitato da Khamenei.

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