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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Il peggiore nemico di Israele è quello interno 15/10/2009

Il peggiore nemico di Israele è quello interno

Angelo Pezzana

Non so se il fenomeno si possa definire allarmante, Israele è una democrazia dalle solide radici, se pensiamo che in sessant’anni vissuti in uno stato di guerra più o meno permanente, mai si è affacciata una soluzione autoritaria per un problema che l’avrebbe ampiamente giustificata. Mai, nemmeno in teoria, è stato ventilato l’arrivo risolutorio dei “colonnelli”, un’esperienza che l’Europa ha ampiamente conosciuto. Eppure, quel piccolo fazzoletto di terra, circondato da Stati ai quali l’attribuzione di autoritari è il minimo che si possa scrivere, viene giudicato nei termini che leggiamo ogni giorno sui giornali, nei quali le “gesta” dei suoi odiatori vengono riportate e ampliate affinchè i lettori si imprimano bene in testa che in Israele è in vigore l’ Apartheid, che Tzahal è guidato da comportamenti razzisti, che va boicottato sul piano culturale, colpito nell’esportazione delle merci. A questo coro di nemici esterni, da qualche anno se ne è aggiunto uno, interno alla stessa Israele, le cui proporzioni tendono ad aumentare man mano che la professione viene recepita come redditizia. E’ sufficiente che un professore di storia contemporanea dell’Università di Beersheva, tale Nevè Gordon, inviti i colleghi di tutto il mondo a troncare ogni rapporto con tutte, ripeto tutte, le università israeliane, accusate di connivenza con “l’occupazione”, perchè il medesimo assurga a fama internazionale, non si contano gli inviti a partecipare a convegni, veri e propri tribunali nei quali non par vero che il massimo accusatore sia proprio un israeliano. Seguono gli articoli, molto ben remunerati, su numerosi quotidiani, che pubblicano queste opinioni convinti di rappresentare per chi li ha scritti l’unica possibilità di esprimere il proprio pensiero. Dopo gli articoli arrivano le traduzioni di libri, in genere modeste opere dove la propaganda prevale sulla storia, pubblicati a spron battuto in tutti i continenti. Tirate le somme, una bella pioggia di dollari e di onori che si riversano sul nostro odiatore. L’Italia è un paese, dove grazie all’alleanza di ferro tra le ong della sinistra, non solo di base, e le organizzazioni cattoliche, il prodotto che finora ha riscosso il successo maggiore è l’import di odiatori israeliani. Ne vengono parecchi, non tutti agit.prop come Jeff Halper, quello, per chi non lo conoscesse, che appena può si imbarca per andare a ... Gaza, per verificare il grado di occupazione permanente che Israele continua ad imporre, per raccogliere testimonianze dei “crimini” di Tzahal, e poi via, tranquillo a casa a fare l’antropologo e l’urbanista, mica scemo il nostro a fermarsi con Hamas, una visitina, tanto da beccarsi la cittadinanza onoraria da esibire poi quando arriva qui per i suoi giri nelle parrocchie ospitali e nei centri a denominazione varia. Ci sono anche degli ebrei locali ad accoglierlo, rintracciati con cura, perchè, si sa, se sono gli stessi ebrei a scagliarsi contro Israele, l’effetto è garantito. Ma non ci sono solo gli Halper, no, ci sono fior di professori universitari, come Ariella Azoulay, che insegna arti visive e fiilosofia contemporanea all’Università Bar Ilan di Tel Aviv, che ha appena pubblicato un saggio fotografico su come “ l’occupante opprime l’ccupato”, come recita la copertina. Se va in giro per l'Italia, la nostra, con 720 diapositive che mostra per far vedere fino a che punto Israele è colpevole di fronte ai palestinesi, negando loro ogni diritto, mettendo in rilievo ciò che lei definisce “ atrocità”. Bontà sua, dice poi che non tutti gli israeliani sono cattivi, ma lo è il “regime” che è costruito sulla violenza fin dal 1947. Da notare la data. Ci chiediamo quanto sia compatibile l’insegnamento in una università israeliana con l’attività di diffamazione all’estero della prof.Azoulay. Il cinema non è da meno, registi semi sconosciuti diventano improvvisamente celebri per aver portato sullo schermo film nei quali viene raccontata la “ responsabilità non solo dei soldati, ma anche della società che li ha mandati a commettere crimini”, come dichiara Avi Mograbi, autore di “Z32”, che gira anche lui su e giù per lo stivale, invitato quale star nei vari workshops dove si processa Israele.

Dicevo nelle prime righe della democrazia israeliana, quanto forte essa sia, essendo proprio questa liberalità a permettere ogni tipo di dissenso, garantendolo allo stesso tempo. Tutto vero, tutto giusto, guai non fosse così. Ma una società, per quanto aperta e democratica, ha il dovere di valutare se il comportamento dei cittadini è legale o invece è connivente con quelle forze che ne propongono, verrebbe da dire almeno dal 1947 per parafrasare la prof.Azoulay, il sovvertimento. Invece questi signori entrano, escono, fregandosi altamente se il prezzo per vivere in un paese democratico lo pagano i soldati che loro diffamano costantemente, mentre invece è grazie anche al loro sacrificio che possono esprimere le loro menzogne in una società che glielo permette. Ma è giusto ? Me lo chiedo.


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