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Il Manifesto Rassegna Stampa
15.10.2009 Distruggere lo Stato ebraico con qualunque mezzo
L'obiettivo condiviso da Luisa Morgantini e dagli odiatori di Israele

Testata: Il Manifesto
Data: 15 ottobre 2009
Pagina: 8
Autore: Emanuele Giordana
Titolo: «Morgantini: Parlare non basta più, l’Europa deve sospendere Israele»

Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 15/10/2009, a pag. 8, l'intervista di Emanuele Giordana a Luisa Morgantini dal titolo " Morgantini: parlare non basta più, l’Europa deve sospendere Israele ".

Morgantini sostiene che : "Non si può continuare a pensare che Israele possa essere convinta con le ragioni perché è chiaro il progetto di conquista territoriale. ". Non c'è nessun progetto di conquista territoriale. Se esso esistesse Israele non avrebbe mai ceduto la Striscia di Gaza agli arabi.
Gli insediamenti illegali vengono smantellati. Per risolvere la questione Israele aveva proposto uno scambio di territori (quelli abitati in maggioranza da ebrei a Israele, quelli abitati in maggioranza da arabi allo Stato palestinese), una soluzione equa e rapida, ma gli arabi rifiutano qualunque tipo di compromesso.
Morgantini accusa Israele di violazione dei diritti umani e chiede all'Ue di boicottarlo. Questo sarebbe il dialogo proposto dai pacifisti: il boicottaggio.
Morgantini considera  "
un errore di una parte dell’Anp aver chiesto il rinvio del rapporto, ma trovo anche vergognoso che le accuse vengano fatte solo all’Autorità palestinese e non anche a chi ha fatto pressioni su di lei, (...) E questo ricatto è da ascrivere agliUsa, ai governi europei e ai governi arabi che sono i soggetti in grado di presentare risoluzioni all’Assemblea dell’Onu ". Respingere il rapporto Goldstone, invece, era l'unica mossa per avvicinarsi alla pace. Ma alla fine ha trionfato l'ala più intransigente. E' sempre più evidente che nè ai palestinesi, nè ai 'pacifisti' che tanto li sostengono, interessa la pace con Israele. In ogni caso, l'accusa mossa agli Stati Uniti di aver ricattato Abu Mazen perchè rifiutasse il rapporto Goldstone è assurda. Ma Morgantini può rallegrarsi, Abu Mazen è tornato sui propri passi.
Ecco l'intervista:

 
Luisa Morgantini e Ismail Haniye, leader di Hamas. Due facce della stessa medaglia

«È tempo che l’Europa assuma un ruolo chiaro politicamente nei confronti del conflitto israelopalestinese e abbia il coraggio di usare gli strumenti che possiede per fermare Israele. Non si può continuare a pensare che Israele possa essere convinta con le ragioni perché è chiaro il progetto di conquista territoriale. Lo strumento c’è: sospendere l’accordo di associazione e impedire che vi siano investimenti nei territori occupati e nelle colonie».
Luisa Morgantini, già vicepresidente dell’Europarlamento, è netta. Il suo è uno degli interventi più decisi alla Conferenza organizzata a Gerusalemme dalla «marcia dei quattrocento», una Perugia-Assisi in trasferta che ieri, quarto giorno in queste terre, si è fermata per riflettere su un tema preciso: «Il ruolo dell’Europa per la pace in Medio Oriente - il Tempo delle responsabilità». Hanno accettato di parlarne, tra gli altri, Nils Eliasson, console generale di Svezia a Gerusalemme, Christian Berger, rappresentante della Commissione europea e personaggi come il patriarca latino Michael Sabbah, o Sari Nusseibeh (uno degli interventi di maggior peso), rettore dell’università Al-Quds. «Dal 1980 – prosegue Morgantini - l’Europa reitera il diritto all’autodeterminazione dei palestinesi ma mi pare vergognoso che si continui a denunciare quel che Israele sta facendo limitandosi alle enunciazioni. Occorre una svolta».
Qual è la motivazione che la Ue dovrebbe usare per sospendere l’accordo?
L’accordo di associazione prevede all’articolo 2 la sua sospensione in caso di violazione dei diritti umani. È venuto il momento di usare con Israele strumenti di pressione economica, e non sto parlando di boicottaggio o di sanzioni Semplicemente, se l’Ue firma accordi poi li deve rispettare e far rispettare. Nell’Europarlamento ad esempio siamo riusciti a bloccare l’avanzamento delle relazioni con Israele e spero che resti congelato perché anche questo è uno strumento di pressione efficace. Le «buone maniere» non sono sufficienti. Penso anche che dovremmo rafforzare le nostre relazioni con i gruppi israeliani che combattono una lotta non violenta, i giovani che protestano davanti al muro o le donne, un gruppo delle quali ha raccolto su un sito tutte le informazioni sugli investimenti negli insediamenti e su chi approfitta dell’occupazione.
Lei ritiene utile la marcia, un evento che ha mosso dall’Italia 400 persone?
Sì, è un modo anche questo di informare. Ho accompagnato molte di queste persone sotto il muro o nei campi profughi a vedere coi propri occhi quel che sui giornali non sempre si legge. Non è solo una presenza che parla del dialogo con equidistanza...hanno visto.
Ma oggi alla conferenza l’Europa come ha risposto?
C’erano i suoi massimi rappresentanti qui. È stato terribile sentire gente che conosce benissimo la situazione palestinese assumere un atteggiamento formale, ripetere le stesse cose senza il coraggio di dire che bisogna fare pressioni anche economiche su Israele.
Responsabilità europeee e israeliane, ma anche palestinesi, come insegna la melina sul rapporto Goldstone...
Considero un errore di una parte dell’Anp aver chiesto il rinvio del rapporto, ma trovo anche vergognoso che le accuse vengano fatte solo all’Autorità palestinese e non anche a chi ha fatto pressioni su di lei, Fayyad e il suo governo non erano d’accordo per fare un esempio. E questo ricatto è da ascrivere agliUsa, ai governi europei e ai governi arabi che sono i soggetti in grado di presentare risoluzioni all’Assemblea dell’Onu.

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