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La Stampa Rassegna Stampa
15.10.2009 Abu Mazen è deluso da Obama
Perchè non è abbastanza duro con Israele

Testata: La Stampa
Data: 15 ottobre 2009
Pagina: 10
Autore: Aldo Baquis
Titolo: «'Obama? Ha ceduto ai sionisti'»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 15/10/2009, a pag. 10, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " Obama? Ha ceduto ai sionisti ". Il testo è corretto, il nostro commento è riferito alle parole di Abu Mazen.

" Il Presidente degli Stati Uniti non riesce a resistere alla pressione della lobby sionista. Si è visto costretto a ripiegare, dopo aver enunciato la necessità di un congelamento delle colonie. Non è riuscito nemmeno a definire una agenda per i negoziati e la pace ". Contrariamente a quanto sostiene Abu Mazen, gli ebrei e i sionisti non controllano le volontà del presidente Obama. Quella del complotto della lobby sionista che conquista il mondo silenziosamente soggiogandolo ad ogni suo desiderio è una tesi assurda, ma antica e ben radicata,oggi, nella mente degli arabi e, da sempre, degli odiatori degli ebrei e di Israele. Ecco l'articolo:

 Abu Mazen

Il presidente dell’Anp Abu Mazen si sente in questi giorni in un vicolo cieco. Le trattative con Israele non ripartiranno, avverte, in assenza del congelamento delle colonie in Cisgiordania e dei progetti edili ebraici a Gerusalemme. A Gaza, aggiunge, Hamas sta edificando «un emirato delle tenebre», basato sulla coercizione. E adesso perfino Washington lo delude. La fiducia che aveva in Barack Obama è ormai «evaporata».
Giunto a Ramallah la settimana scorsa per rilanciare quanto resta del processo di pace, l’emissario di Obama George Mitchell ha trovato un Abu Mazen più pessimista del solito ed è ripartito a mani vuote. Subito dopo l’Ufficio per la mobilitazione e la organizzazione di al-Fatah, diretto dal numero 2 del partito Mohammed Ghneim, ha preparato un documento molto polemico, che è giunto alla stampa di Ramallah.
«Tutte le speranze che avevamo nell’amministrazione e in Obama sono evaporate - afferma il documento. - Il Presidente degli Stati Uniti non riesce a resistere alla pressione della lobby sionista. Si è visto costretto a ripiegare, dopo aver enunciato la necessità di un congelamento delle colonie. Non è riuscito nemmeno a definire una agenda per i negoziati e la pace».
Non ha dunque sortito gli effetti sperati il vertice a tre a New York, a fine settembre, fra Obama, Abu Mazen e il premier israeliano Benyamin Netanyahu. Adesso - anche per le pressioni egiziane - il presidente dell’Anp scandaglia la possibilità di ricucire la frattura con Hamas, seguita al putsch militare condotto dagli islamici a Gaza nel giugno 2007. Ieri un emissario di Al Fatah si è recato al Cairo per assicurare il sostegno al documento egiziano che dovrebbe mettere fine ai dissensi e preparare il terreno a nuove elezioni politiche nei Territori. Ma ancora ieri un dirigente di Hamas, Mahmud a-Zahar, ha velenosamente accusato Abu Mazen di essere divenuto «il migliore portavoce del governo israeliano».
Le ferite della Operazione Piombo fuso - condotta da Israele a Gaza contro Hamas, per rimuovere dal Neghev la minaccia dei suoi missili - hanno lasciato una traccia profonda nella politica palestinese. Hamas ha accusato Abu Mazen di «tradimento» per aver cercato in apparenza di insabbiare il rapporto delle Nazioni Unite su quei combattimenti.
Alla vista di dimostranti palestinesi che nei giorni scorsi a Gaza facevano a gara nel lanciare scarpe contro la sua immagine, Abu Mazen ha reagito con stizza rivelando che durante i combattimenti di Piombo fuso «i dirigenti locali di Hamas sono scappati in ambulanza nel Sinai egiziano, lasciando i loro compatrioti a morire sotto le bombe». Il presidente dell’Anp non accetta lezioni di patriottismo, certo non da Hamas che pure - ha insistito - «era stata da me diffidata nel dicembre 2008 dal lanciare razzi contro Israele».
Questi sviluppi allarmano l’attivista per i diritti civili Hanan Ashrawi secondo cui sono scarse le speranze che l’Egitto riesca a propiziare la pace fra Abu Mazen e Hamas. I progetti egiziani prevedono nuove elezioni nei Territori il 25 giugno 2010. In assenza di intese, dice la Ashrawi, occorrerebbe tenere quelle elezioni - legislative e presidenziali assieme - già il 25 gennaio 2010. Facile a dirsi. Ieri Abu Mazen si è detto determinato a «riportare la legalità a Gaza con tutti i mezzi, eccetto il ricorso alle armi». Difficile immaginare che Hamas - dopo averlo espulso nel 2007 - spalanchi le porte a colui il quale viene visto come «un traditore» dai suoi dirigenti.
In questa situazione convulsa, ai palestinesi non resta che seguire gli sforzi del premier Salam Fayad di gettare nei prossimi due anni in Cisgiordania le fondamenta politiche ed economiche del futuro Stato palestinese. Questa settimana a Jenin è stata posta la prima pietra di un nuovo rione residenziale: per quanto modesta, è l’unica notizia positiva rintracciabile in questi giorni nella stampa palestinese.

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