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Il Manifesto Rassegna Stampa
13.10.2009 La Turchia cade nelle mani dell'islamismo
E Michele Giorgo gongola

Testata: Il Manifesto
Data: 13 ottobre 2009
Pagina: 8
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Salta il war game. E' crisi nell’alleanza?»

Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 13/10/2009, a pag. 8, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " Salta il war game. E' crisi nell’alleanza? ".

 a caso, un redattore del Manifesto

Michele Giorgio condivide la posizione il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu sulla " necessità che la situazione a Gaza migliori e venga riportata nell’alveo della diplomazia: ciò creerà nuove condizioni anche nelle relazioni tra Turchia e Israele ". La Turchia ha iniziato da anni il suo processo di islamizzazione e Michele Giorgio se ne rallegra. Si rallegra anche per la crisi con Israele, Stato da lui detestato per il solo fatto di esistere.
Le farneticazioni su Gaza e il suo essere "
riportata nell’alveo della diplomazia" hanno dell'incredibile. Gaza non è uno Stato. Perchè dovrebbe avere una sua sede diplomatica? Forse perchè Abu Mazen ha appena inaugurato la sua a Roma?
Sui rapporti fra Turchia e Israele, invitiamo a leggere l'analisi di Angelo Pezzana pubblicata in altra pagina. Ecco l'articolo di Michele Giorgio:

La stampa israeliana ieri era infuriata per la decisione di Ankara di annullare la partecipazione di Tel Aviv a esercitazioni congiunte delle aeronautiche militari. La «crisi» perciò rimane aperta anche se i due governi provano a contenere l’incendio. L’esecutivo turco ha smentito che la decisione di tenere fuori Israele dalle manovre militari sia stata presa per motivi politici, ossia come ritorsione per il devastante attacco israeliano contro Gaza dello scorso gennaio. «L’Aquila dell’Anatolia è una delle esercitazioni congiunte che l’aeronauticamilitare turca effettua regolarmente dal 2001 con la partecipazione di altre nazioni», ha spiegato il governo di Ankara. «La parte internazionale (delle manovre, ndr) - ha aggiunto - è stata annullata dopo consultazioni con gli altri paesi partecipanti. Non è corretto cercare di dare significati politici alla decisione della Turchia». Un comunicato che contraddice quanto aveva detto alla Cnn il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu sulla «necessità che la situazione a Gaza migliori e venga riportata nell’alveo della diplomazia: ciò creerà nuove condizioni anche nelle relazioni tra Turchia e Israele». Comunque sia il governo israeliano, pur registrando quella che definisce «l’influenza crescente» dell’esecutivo islamista turco sulle forze armate, ritiene che la «crisi » sia temporanea, alla luce delle strette relazioni tra Washington e Ankara e anche delle ambizioni della Turchia di entrare in Europa che non verrebbero favorite da una rottura con Israele. L’Italia ieri è prontamente scesa in campo con il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto. «La Turchia ha avuto finora un atteggiamento positivo nei confronti di Israele, coerentemente alla politica internazionale dei paesi occidentali», ci auguriamo, ha ammonito Cicchitto, «che la politica di Erdogan non interrompa questa impostazione che porterebbe la Turchia lontano dall’Europa, vanificando l’impegno che ha sviluppato nel corso di tanti anni per uniformarsi all’Ue al fine di divenirne uno Stato membro». Non sorprende quindi che il ministro della difesa israeliano Ehud Barak, con molta tranquillità, abbia chiesto ieri di evitare di rivolgersi ad Ankara «in termini severi». La Turchia, ha affermato Barak in un comunicato, «è un importante attore» nella regione, col quale Israele «malgrado gli alti e bassi ha da decine d’anni relazioni strategiche».

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