Leggo l'Osservatore Romano e ne sottolineo gli errori 12/10/2009
Copia di lettera inviata al direttore dell' OSSERVATORE ROMANO:
Egregio Direttore,
l'articolo pubblicato ieri sulla situazione di Gerusalemme, chiaramente influenzato dal lancio dell'ANSA, pecca gravemente nei confronti dei vostri lettori, ai quali siete tenuti a dare delle informazioni obiettive e che mirino a costruire, in Israele e nel mondo in generale (il problema è del tutto simile) una condizione di pace e di tranquillità. Pace e tranquillità alla quale tutti però devono tendere, che tutti devono volere, mentre nascondersi delle verità oggettive non serve ad altro che ad accentuare le difficoltà di tutti, lettori compresi.
Scrivete infatti: "Solo grazie a un imponente dispendio di uomini e di mezzi, le forze dell'ordine sono riuscite a contenere le manifestazioni arabe indette "in difesa della moschea di Al Aqsa"."Credo che il primo compito di una polizia sia quello di prevenire disordini. Che cosa avreste scritto se, in seguito a disordini di folla ci fossero stati morti, feriti e, di conseguenza, tanti arrestati? Quindi sarebbe stato più corretto, da parte di chi ha scritto quelle parole, riconoscere che, grazie all'intervento della polizia non è successo nulla di particolarmente grave, se non fosse per la donna israeliana ferita gravemente, e per gli undici uomini dei servizi dell'ordine feriti.
In base a quali conoscenze specifiche potete scrivere, ingannando i vostri lettori: "nel timore che estremisti ebrei cercassero di forzare l'ingresso nella Spianata delle moschee di Gerusalemme?" Non risulta che nulla di tutto questo sia mai successo, e i timori erano invece, per gli islamici, che si ripetesse quanto successo nei giorni scorsi. Ma non si era trattato di incidenti con estremisti ebrei, né con ebrei tout court, ma con turisti di altra religione. Chi informa deve essere sempre preciso nella scelta delle notizie e, ancora di più, delle parole.
Parlando poi della situazione politica del MO in generale, sarebbe stato opportuno sottolineare come le parole riportate del re di Giordania: "sbaglia chi in Israele pensa che sia possibile protrarre senza fine lo status quo attuale" e:"se non verrà attuata la soluzione dei due Stati, uno israeliano e uno palestinese, che futuro avremo tutti insieme?" peccano perché non considerano quanto ripetutamente dichiarato dal presidente Peres e dal Primo ministro Netanyahu in svariate occasioni quest'anno. Israele, per primo, ha interesse a che finisca la situazione attuale. Ed Israele, per primo, vuole arrivare alla soluzione dei due stati. Ma non si accorge lei che sono i palestinesi (in modo solo apparentemente diverso Fatah e Hamas) che non hanno nessuna aspirazione a questo? Se non altro perché, se mai dovesse succedere (disgraziatamente per loro), calerebbero drasticamente quegli aiuti spropositati che, anziché finire al popolo palestinese, finiscono nelle tasche dei ricchi palestinesi (vuole le prove? vada a vedere quanto costano le belle ville sulla costa di Gaza, per esempio. Se hanno simili prezzi, vuol dire che c'è un mercato e qualcuno ha i soldi per comperarle), e, subito dopo, nell'acquisto di armi da usare contro i vicini ebrei. Trova forse un'apertura ai due stati nello statuto di Hamas, o nel programma politico del Fatah? E allora smettiamola di attribuire sempre tutte le colpe ai governanti di uno stato ebraico che nessun vicino vuole riconoscere come tale.
Concludo con il criticare anche la chiusura del vostro articolo: "Gerusalemme "è una polveriera che potrebbe fare esplodere l'intero mondo islamico; dovrebbe invece divenire un simbolo di coesistenza tra le tre fedi monoteistiche". Basta osservare con occhi obiettivi quanto succede in tutto il mondo islamico per capire che Gerusalemme è un problema, ma non il problema. Che collegamento vi è infatti tra Gerusalemme e i problemi che il re del Marocco incontra coi fondamentalisti di casa sua? O coi problemi dei governanti indiani con gli islamici? O coi problemi tra sunniti e sciiti? O dei vari rais del MO coi fondamentalisti di casa loro? Bisogna avere l'onestà di affrontare tutti questi problemi insieme, perché sono tutti collegati, tutti discendono da un unico problema: il fondamentalismo islamico, che è già diventato, osserviamolo attentamente, anche il problema della nostra civiltà occidentale.
Quel fondamentalismo islamico che lei, signor direttore, non può non vedere che non aspira ad alcuna forma di "coesistenza tra le tre fedi monoteistiche".