Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Il Kaust College, un'oasi felice in mezzo al deserto islamista saudita Senza farci eccessive illusioni che serva da esempio
Testata: Corriere della Sera Data: 12 ottobre 2009 Pagina: 18 Autore: Cecilia Zecchinelli Titolo: «Ragazze e ragazzi insieme nel college saudita»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 12/10/2009, a pag. 18, l'articolo di Cecilia Zecchinelli dal titolo " Ragazze e ragazzi insieme nel college saudita ".
Un campus universitario come tanti in America o Europa: studenti e studentesse che chiacchierano entrando in classe; siedono insieme nella caffetteria; un gruppetto di tutte ragazze che partono sgommando in auto, salutate dagli amici. Parlano in inglese, vengono — è evidente — da vari Paesi. Qualcosa di strano c’è: gli edifici nuovissimi sono circondati da palme e sabbia, fa molto caldo. E tra i ragazzi con vestiti «normali» qualcuno (pochi) indossa abiti tradizionali del Golfo. Perché il campus è quello della King Abdullah University of Science and Technology, in breve Kaust, il nuovissimo superateneo creato a Nord di Gedda sul Mar Rosso, in Arabia Saudita. Il primo e unico istituto scolastico del Regno delle due Moschee dove non esistono barriere tra i sessi. E uno dei pochissimi luoghi pubblici d’Arabia dove donne e ragazze sono libere di togliersi il camicione nero obbligatorio, l’ abaya , e di girare a viso e testa scoperti. Dove possono — perfino — guidare. Inaugurata pochi giorni fa da re Abdullah bin Abdul Aziz Al Saud, l’università a lui intitolata punta a diventare— parole sue — «un faro di tolleranza». «È la realizzazione di un sogno che coltivavo da 25 anni: un luogo d’incontro tra i diversi pensieri e culture, con una visione compatibile con lo spirito della nostra epoca e in sintonia con la nostra fede ». Affermazione, quest’ultima, prevedibile nella terra dove l’Islam è nato ed è oggi il più conservatore. Ma il progetto fortemente voluto dal sovrano 85enne, popolarissimo anche perché considerato vicino alle tradizioni beduine dimenticate da molti, non è scontato. Kaust vuole diventare uno dei centri accademici scientifici d’eccellenza del pianeta, attraendo talenti da tutto il mondo, dimostrando quello che l’Arabia potrà essere in un futuro dove il petrolio conterà sempre meno e donne e uomini — anche qui — avranno gli stessi diritti. Gli 817 studenti provenienti da 61 nazioni iscritti al primo anno (a regime saranno 20 mila) diventeranno ricercatori, scienziati, imprenditori. E i laureati e post-laureati sauditi (oggi sono il 15% degli iscritti) saranno protagonisti di quella transizione da petromonarchia wahabita a Paese moderno ed economicamente diversificato, seppur ovviamente islamico, che re Abdullah sogna, e con lui buona parte della società saudita o almeno dell’élite. Anche tra i vertici del Regno non tutti però approvano. «La commistione tra sessi è un grave peccato ed esigiamo una verifica sulla conformità alla sharia dei programmi di studio», ha dichiarato al quotidianoAl Watan Sheikh Saad Al Shethri, membro del più influente consiglio di religiosi del Regno. Carica che in passato gli avrebbe permesso qualsiasi affermazione, ma che oggi — qualcosa sta cambiando — non l’ha protetto dall’ira del sovrano. «Fede e scienza non sono in contraddizione tra loro se non per le anime malsane, anzi questi centri scientifici sono un baluardo contro l’estremismo», ha risposto re Abdullah, annunciando quindi il licenziamento in tronco di Sheikh Al Shethri. E se nelle moschee e nella case le critiche non si sono zittite, i media hanno approvato il sovrano. «Se non fosse per lui— sosteneva un editoriale suAl Iqtisadiya — questa gente costringerebbe l’intero Paese a vagare nel deserto a dorso di cammello in cerca di pascoli e acqua». Su Kaust non ci sarà così nessuna marcia indietro. Anche perché la scommessa è altissima: gli investimenti previsti sono di 23 miliardi di dollari, quasi la metà versati dal re, gli altri dall’élite saudita e dagli sponsor. Tra loro una lunga serie di corporation occidentali (Dow Chemical, Boeing, Ibm...) che collaborano con l’università anche a livello scientifico sotto l’egida dell’Aramco. I dirigenti del colosso petrolifero saudita erano stati infatti incaricati da re Abdullah, tre anni fa, di realizzare l’università (costruita fisicamente dal gruppo Bin Ladin). E all’Aramco fanno capo vari settori di ricerca di Kaust, a partire da quello cruciale sulle energie alternative al petrolio. Nei suoi quartieri generali a Dhakran, per altro, il gruppo offre da anni un’analoga quanto poco nota isola felice: tecnici ed esperti dei due sessi e di molti Paesi che vivono e lavorano insieme, senza veli o divieti, in nome dell’efficienza. I dubbi che riguardano Kaust non sono così sul suo futuro successo: incentivi (stipendi d’oro agli insegnanti stranieri e borse di studio), lussi (dal golf allo yacht club), serietà dei programmi sono da ora garantiti. Ma piuttosto su cosa vorrà dire la superuniversità per l’Arabia Saudita. «Resterà un’isola di libertà in un oceano di repressione o aiuterà il diffondersi della libertà nel Regno? », ha scritto Joe Stork di Human Rights Watch. Sui siti e sui media locali sono in molti a chiederselo, pochi (per ora) ad azzardare risposte.
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