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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
12.10.2009 Donne iraniane emancipate. La fantasia della manipolatrice di interviste
Ecco un esempio della tattica di Farian Sabahi

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 12 ottobre 2009
Pagina: 29
Autore: Farian Sabahi
Titolo: «Opposizione al femminile»

Riportiamo da DOMENICA- SOLE 24 ORE , 11/10/2009, a pag. 29, l'articolo di Farian Sabahi dal titolo " Opposizione al femminile ".

Il pezzo di Farian Sabahi sembra più un racconto di fantasia. E' difficile credere che, dopo la 'rivoluzione' di Khomeini, la donna si sia emancipata e che la sua condizione sia migliorata rispetto a quando c'era lo scià. Eppure è questo che racconta Sabahi. Una società dove le donne sono colte, emancipate e dove la loro cultura è " l'arma migliore contro i radicalismi ".
Un articolo che non tiene conto delle elezioni farsa che si sono svolte pochi mesi fa e della repressione sanguinosa del manifestanti pro Moussavi (il loro simbolo, Neda, è stata massacrata dai Basij per strada, senza nessuna pietà).
Un pezzo in perfetto stile Sabahi-falsificatore. Farian Sabahi, la manipolatrice di interviste a A. B. Yehoshua, non si accontenta di sostenere che, grazie ad Ahmadinejad, ora in Iran si parla della Shoà, adesso arriva a scrivere che la condizione della donna iraniana sotto la dittatura teocratica di Ahmadinejad non è così negativa come si potrebbe credere. Ma le notizie riportate dai quotidiani non lasciano spazio a dubbi: in Iran le donne sono obbligate a portare il velo, vengono lapidate se ritenute adultere, impiccate senza pietà. Non è l'immagine di una società democratica dove i diritti sono uguali per tutti, senza distinzioni di sesso. Come ci vuol far credere Farian Sabahi, con la sua solita tecnica manipolativa, all'inizio un po' di critica, tanto per farla sembrare "obiettiva", e poi giù con gli apprezzamenti per l'Iran di oggi. Ci casca il supplemento culturale del SOLE24ORE, per altri versi un'ottima letura. Peccato.

 Farian Sabahi

Nell'ottobre di trent'anni fa gli ayatollah cercarono di  riportare l'Iran indietro nel tempo abrogando le riforme del diritto di famiglia promosse dallo scià Muhammad Reza Pahlavi nel 1967 e nel 1975. Il tentativo dei radicali si rivelò un percorso a ostacoli: a dare del filo da torcere furono i laici, i nazionalisti e i movimenti femministi che davano per acquisiti l'innalzamento a 18 anni dell'età minima per contrarre matrimonio, la necessità del consenso della prima moglie per sposarne una seconda e del giudice per divorziare. Decisivo fu l'intervento dell'ayatollah Mahdavi Kani: spiegò che era l'Islam a garantire agli uomini il diritto unilaterale al divorzio e suggerì che bastasse registrare l'atto senza interpellare il giudice. L'opposizione non cedette ma a ottobre del 1979 i tribunali per la protezione della famiglia istituiti dallo scià furono sostituiti con speciali tribunali di diritto civile incaricati di gestire i divorzi solo in caso di disputa. Se il divorzio era consensuale l'uomo poteva registrarlo dal notaio, senza dover chiedere il permesso del tribunale. L'opposizione non si arrese e nel 1983 il sistema giuridico fu costretto a recepire alcuni casi, previsti dal diritto islamico classico, in cui la donna poteva chiedere il divorzio: se il marito era folle, impotente o sterile, se aveva abbandonato il tetto coniugale senza motivo, se non era in grado di mantenerla o scontava una condanna. E in quegli anni segnati dalla repressione che Azar Nafisi ambienta il suo bestseller Leggere Lolita a Teheran (Adelphi 2004) ed è quella stessa repressione che è tornata d'attualità in questi mesi e anima il contributo in questa copertina della scrittrice iraniana esule negli Stati Uniti. Trent'anni dopo l'abrogazione delle riforme volute dallo scià per emancipare le iraniane, che cosa è cambiato? Secondo l'ex deputata riformista Jamileh Kadivar «è vero che prima della rivoluzione avevamo il diritto di divorziare ma per molte era una prerogativa virtuale perché non erano indipendenti e se divorziavano non sapevano come mantenersi». Docente di Studi di genere e Diritto islamico all'Università alZahra di Teheran, Kadivar spiega come molto sia cambiato in questi decenni: «Fino al 1999 gli uomini potevano divorziare a loro piacimento, poi la legge è stata emendata e l'autorità maschile limitata». Esperta di femminismo islamico e profonda conoscitrice dell'Iran, Anna Vanzan aggiunge: «Le proteste dei movimenti femminili e femministi, laici e islamici, spesso in contrasto ma che lottano per fini comuni, hanno permesso alle donne di avviare le pratiche di divorzio e ottenere l'assegno di mantenimento». Se l'unione fa la forza, rivendicare i propri diritti non è mai facile ma oggi le iraniane hanno una marcia in più : se nel 1987 il 72% delle divorziate era analfabeta, oggi le donne - protagoniste del romanzo di Nafisi - sono il 65% delle matricole universitarie e, nonostante le difficoltà, hanno un ruolo sempre maggiore proprio perché l'istruzione femminile è l'arma migliore contro i radicalismi.

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