Su AVVENIRE del 10/10/2009, a pag. 4, c'è un riquadro intitolato "Il traguardo dei «due Stati»" relativo ad una delle sfide future cui dovrà far fronte l'amministrazione Obama.
"Il traguardo dei «due Stati»
Fin dall’inizio del suo mandato, in gennaio, Barack Obama ha detto di considerare una «priorità» il conflitto israelo-palestinese. Il presidente intende raggiungere l’obiettivo dei «due Stati per due popoli» e da mesi sta esercitando un intenso lavoro di pressione su israeliani e palestinesi per incoraggiarli a superare le difficoltà.
Il suo approccio è globale e distensivo: gli Stati Uniti non guardano più al Medio Oriente attraverso la lente dell’alleato israeliano ma ponendo al centro gli equilibri dell’intera regione. L’ostacolo più grosso è quello degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi.
Obama ne chiede il congelamento. Ma sinora ha ottenuto solo risposte negative dal governo israeliano.
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In questo riquadro l'analisi sul conflitto arabo-israeliano è smaccatamente sbilanciata contro Israele. Si afferma, infatti che "L’ostacolo più grosso è quello degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi." dimenticando di citare che sia Fatah che Hamas non riconoscono Israele come Stato, anzi Hamas nel suo statuto ne richiama la direttamente la distruzione. Si omette anche di evidenziare la strategia della tensione messa in atto da Hamas con il quasi quotidiano lancio di missili dalla Striscia di Gaza verso Israele.
Veniamo all' OSSERVATORE ROMANO, 10/10/2009 che pubblica un articolo intitolato "Violenze a Gerusalemme", il cui contenuto è chairamente tratto dalla disinformazione ANSA. eccolo:
Tel Aviv, 10. Tensione e rabbia. Nel settore orientale di Gerusalemme quella di ieri è stata una giornata di violenti scontri tra poliziotti israeliani e manifestanti palestinesi. Solo grazie a un imponente dispendio di uomini e di mezzi, le forze dell'ordine sono riuscite a contenere le manifestazioni arabe indette "in difesa della moschea di Al Aqsa". Ma sono in molti, da una parte e dall'altra, a temere il possibile scoppio di una terza intifada. Al termine della giornata sono stati segnalati incidenti nelle zone periferiche della città e in alcune località della Cisgiordania. Una donna israeliana, coinvolta in una sassaiola nella zona di Nablus, è stata ferita in modo grave. A Gerusalemme undici agenti di polizia e della guardia di frontiera sono rimasti feriti negli scontri con dimostranti palestinesi. Decine gli arresti. Per tutta la settimana la polizia israeliana era stata costretta a mantenere a Gerusalemme un elevato stato di allerta dopo che il movimento islamico in Israele aveva mobilitato i propri fedeli nel timore che estremisti ebrei cercassero di forzare l'ingresso nella Spianata delle moschee di Gerusalemme in occasione della festa ebraica del Sukkot. Da più parti, tra gli araboisraeliani, era stato annunciato che sarebbe stata una giornata di mobilitazione generale in difesa della moschea Al Aqsa. Di prima mattina, ieri, la polizia ha dunque schierato migliaia di agenti agli ingressi di Gerusalemme e in particolar modo nella zona della Città Vecchia. L'ingresso alla Spianata delle moschee è stato limitato alle donne e ai soli musulmani di età superiore ai cinquant'anni e in possesso di documenti israeliani. In queste condizioni, le preghiere del venerdì si sono dunque svolte in un'atmosfera carica di tensione. Scontri fra dimostranti palestinesi e reparti della polizia sono stati segnalati in due quartieri periferici di Gerusalemme est: Ras El Amud e Zur Baher. Altri incidenti sporadici sono avvenuti in Cisgiordania. Il capo della polizia israeliana, Dudi Cohen, ha constatato che i suoi uomini sono riusciti comunque a tenere la situazione sotto controllo. A quanto pare, dalla settimana prossima sarà possibile allentare la pressione a Gerusalemme e consentire una graduale riapertura al pubblico della contesa Spianata. Nel frattempo, prosegue il lavoro della diplomazia statunitense per favorire il riavvio del dialogo tra israeliani e palestinesi interrottosi dopo l'operazione "Piombo Fuso" tra dicembre 2008 e gennaio 2009. Ieri il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, ha incontrato l'inviato speciale americano per il Medio Oriente, George Mitchell. Il colloquio tra i due è stato "utile e produttivo", ha fatto sapere l'ufficio di Netanyahu. Il premier israeliano incontrerà nuovamente Mitchell oggi, quando saranno presenti anche i suoi inviati per gli affari palestinesi, Mike Herzog e Yitzhak Molcho. Intanto, una fonte ufficiale di Gerusalemme, parlando con l'agenzia Xinhua, ha spiegato che Mitchell ha confermato la sua richiesta a Israele di congelare le nuove costruzioni negli insediamenti ebraici in Cisgiordania per nove mesi e si sarebbe però scontrato con la resistenza dei suoi interlocutori, che avrebbero chiesto passi significativi da parte del presidente dell'Autorità palestinese (Ap), Abu Mazen, per la ripresa del processo di pace. Quet'oggi Mitchell si recherà anche a Ramallah, per incontrare Abu Mazen. Nei giorni scorsi, ha incontrato il presidente israeliano Shimon Peres, il ministro degli Esteri e vicepremier, Avigdor Lieberman, e il ministro della Difesa e vicepremier, Ehud Barak.
Preoccupazione sull'attuale paralisi nelle trattative è stata espressa recentemente da Abdullah ii bin Hussein, re di Giordania, secondo il quale questa situazione di stallo rischia "di riportarci a tempi oscuri e che pertanto sbaglia chi in Israele pensa che sia possibile protrarre senza fine lo status quo attuale". In un'intervista al quotidiano israeliano "Haaretz" di Tel Aviv, il sovrano giordano si è chiesto se "Israele stia diventando la "fortezza Israele" oppure parte del vicinato: se non verrà attuata la soluzione dei due Stati, uno israeliano e uno palestinese, che futuro avremo tutti insieme? Mi si mostri il futuro di Israele tra dieci anni - ha continuato -, dove vuole essere Israele per quanto riguarda le sue relazioni con la Giordania e altri Stati arabi?". Abdullah ii bin Hussein ha precisato ch'egli capisce bene "che Israele tende a vivere nel presente, che è preoccupato dalla prossima minaccia; difficile per un israeliano guardare al futuro; ma se ci saranno pace e stabilità la gente potrà guardare al futuro". Per muoversi in questa direzione occorre ancora compiere molti passi in avanti su questioni delicate: Gerusalemme "è una polveriera che potrebbe fare esplodere l'intero mondo islamico; dovrebbe invece divenire un simbolo di coesistenza tra le tre fedi monoteistiche"
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Nell'articolo si fa riferimento alla tensione generata da "estremisti ebrei" che secondo il movimento islamico avrebbero minacciato di entrare nella spianata delle Moschee, dimenticandosi di evidenziare che gli scontri furono generati da una fitta sassaiola di "fedeli" palestinesi contro un gruppo di turisti. Per contro, riferendosi agli scontri, l'articolo si riferisce ai palestinesi come semplici "dimostranti". Il paragone "ebrei estremisti" e "dimostranti palestinesi" evidenzia una chiaro sbilanciamento.
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