Sul CORRIERE della SERA di oggi, 11/10/2009, a pag.30-31, due pagine dedicate a Karl Popper (1902-1994), con alcune corrispondenze con Friedrich von Hayek, Rudolf Karnap, Isaiah Berlin. Le loro opere rappresentano al massimo la mente liberale. A cura e introduzione di Dario Fertilio. Titolo "Karl Popper- Perchè non torno in Europa: l'antisemitismo è ancora vivo"




da sin. Karl Popper, F.von Hayek, R.Carnap, Isaiah Berlin
Dario Fertilio: " L'esperienza dell'esilio e del "
Chi dice Popper pensa al teorico della «società aperta», al critico di Platone filosofo totalitario, al fustigatore della tv «cattiva maestra» dell’infanzia. Ma il lato intimo del filosofo austriaco, la sua ferita segreta, ci vengono restituiti attraverso le lettere inedite del volume Dopo la società aperta (Armando, pp. 560, e 39, con una illuminante prefazione di Dario Antiseri).
Tre sono gli interlocutori di Karl Popper, colti in successivi momenti del suo «esilio». Il primo è il filosofo e logico neopositivista Rudolf Carnap, emigrato in America: nel 1945 Popper gli scrive dalla Nuova Zelanda, dove era fuggito a causa delle origini ebree e delle persecuzioni naziste in Austria. Il secondo è il filosofo liberale Isaiah Berlin. Molto più tardi, alla fine degli anni Sessanta, quando Popper si trovava già da tempo a Londra, il destinatario delle lettere diventa l’economista Friedrich von Hayek, anch’egli come lui destinato a segnare il pensiero liberale del secolo.
La questione che si pone è quella dell’antisemitismo, legata alla possibilità concreta per Popper di ritornare in patria. Le missive, che in parte pubblichiamo, mostrano da un lato il rifiuto di mettere piede nuovamente nella terra che gli aveva dato i natali, segnandolo però con un’esperienza indelebile di dolore e aprendogli gli occhi sul «male radicale» teorizzato da Immanuel Kant e incarnato storicamente, ai suoi occhi, da Adolf Hitler. Dall’altro lato, il no definitivo e inappellabile a tornare in Austria viene qui curiosamente motivato da Popper, già nel ’45 e poi più nettamente nel ’69, con un’argomentazione razionale: non si dovevano alimentare intolleranza e razzismo, tutt’altro che spenti sul continente europeo (fuori dal Regno Unito) e sempre prossimi a ritorni di fiamma. Nei ragionamenti sottoposti da Popper a Hayek entra anche la moglie, l’amatissima Hennie (non ebrea, ma «basso-austriaca»). Popper, certo, spera di ottenere una cattedra per assicurarle in futuro una rendita.
Ma esiste un ulteriore, doloroso sottinteso: giunto alla soglia dei settant’anni sente su di sé il peso dei sacrifici compiuti, delle rinunce. Lui e Hennie hanno deciso razionalmente di non avere figli: sarebbe stato pericoloso «dal momento che si sono sposati nel periodo peggiore dell’hitlerismo». «Penso di essere stato forse un codardo — confesserà al riguardo Popper — ma in un certo senso credo che sia stata una giusta decisione». La constatazione dell’esistenza di tanto male nel mondo lo fa propendere per l’ipotesi dell’inesistenza di Dio, tanto più dopo aver verificato di persona la realtà dei campi di concentramento, dove— racconta — finirono alcuni dei migliori amici e ben diciassette zii, zie, cugini (tre era riuscito a salvarli da Auschwitz).
È questo, dunque, il dramma umano delle lettere, pieno di aspetti paradossali (durante l’esilio in Nuova Zelanda, ad esempio, l’avevano sospettato d’essere un rappresentante del «Paese di Hitler»). E di tormenti metafisici, testimoniati dalla frase: «È il male che mi fa insorgere contro Dio, che mi rende dubbioso dell’esistenza di Dio o di un qualcosa di simile e che mi rende ancora più certo del fatto che non si dovrebbe parlare di Dio».
Tutto ciò emerge anche dai ricordi personali di Dario Antiseri, lo studioso italiano che fu a lui più vicino. Karl Popper si mantenne coerente sino in fondo: non tornò più in Austria, salvo che per qualche conferenza. Ma consentì ad essere seppellito nel Lainzerfriedhof, un piccolo cimitero di Vienna, nella tomba di famiglia della sua Hennie.
L'opera di Karl Popper
Un percorso ideale: le tappe fondamentali
L’opera di cui qui pubblichiamo ampi stralci, Dopo la società aperta, avrebbe forse dovuto intitolarsi in modo più appropriato «Prima, durante e dopo la società aperta».
Infatti vi si parla anzitutto del periodo viennese di Popper (nacque nel 1902 ed emigrò a 35 anni, sarebbe morto a Londra nel 1994); poi degli anni trascorsi in Nuova Zelanda, dove scrisse la sua opera più famosa come contributo personale alla battaglia contro il nazismo; infine, dopo La società aperta e i suoi nemici , delle sue prese di posizione sulla guerra del Vietnam (sostenne l’idea di un ritiro americano come vittoria morale), sul trattamento della Germania dopo la guerra, sull’influenza negativa della televisione, sull’idea stessa di democrazia (in varie conferenze nelle università di tutto il mondo), sul modo in cui l’ideologia sovietica concepiva l’Occidente, sulla difesa contro gli attacchi rivolti dalle più disparate parti politiche alla sua idea di «apertura» liberale.
L’introduzione è firmata da Dario Antiseri, il filosofo italiano che maggiormente gli fu vicino e che, in tempi difficili per le idee liberali, ebbe il coraggio di far tradurre da noi La società aperta , oltre che diffondere il pensiero del maestro attraverso vari scritti (di questo speciale rapporto intellettuale tra i due è testimoninanza un altro, interessante carteggio).
L’epistolario
Pubblichiamo alcune delle lettere di Popper indirizzate a Rudolf Carnap, Friedrich von Hayek e Isaiah Berlin durante gli anni trascorsi in esilio con la moglie Hennie :
Perché non torno in Europa: l’antisemitismo è ancora vivo
Una confessione inedita del filosofo a von Hayek nel 1969
La lettera di Rudolf Carnap dagli Stati Uniti a Karl Popper 30 maggio 1945 Caro dottor Popper,
la Fondazione Guggenheim mi ha risposto dicendomi che le borse di studio sono disponibili solo per le persone che vivono in America. Me ne rammarico molto poiché lei avrebbe avuto qui una buona probabilità di ottenerla. Se le fosse possibile magari di venire in questo Paese con altri mezzi (per esempio con una borsa di studio Rockefeller), allora lei potrebbe fare domanda per una borsa di studio Guggenheim; è richiesta solo la residenza negli Stati Uniti, non la cittadinanza.
Le notizie da Vienna sono molto interessanti, ma finora piuttosto limitate. Ha mai preso in considerazione la possibilità di ritornarci se le fosse offerto un incarico?
Il suo R. Carnap
Una prima lettera di Karl Popper a Rudolf Carnap nel mese di giugno 3 giugno 1945 Caro professor Carnap,
ho presentato la mia domanda per la cattedra lasciata vacante dal professor Findlay, ma ora dovrò ritirarla, dato che mi è stato offerto un posto di docente incaricato in Logica e metodo scientifico alla London School of Economics e, naturalmente, accetterò questa offerta.
Spero davvero che lei e sua moglie stiano bene.
K. R. Popper
La seconda lettera di Karl Popper a Rudolf Carnap nello stesso mese di giugno 23 giugno 1945 Caro professor Carnap,
ho accettato l’incarico di insegnamento in Logica e metodo scientifico alla London School of Economics, sono molto felice di questo sviluppo.
Sono molto contento che la sua schiena vada meglio, anche se avevo sperato che il problema fosse ormai totalmente scomparso. Spero che l’estate le porti sollievo. Per quanto riguarda la sua domanda circa un possibile ritorno in Europa continentale, la mia risposta è: no, mai! Lei è di diverso parere?
I più cordiali saluti, il suo K. R. Popper
Karl Popper scrive a Isaiah Berlin 17 febbraio 1959
Caro Isaiah,
ho appena finito di leggere la sua conferenza inaugurale, che ho ricevuto qualche tempo fa, e per la quale non l’ho ancora ringraziata.
Difficilmente mi è capitato di leggere qualcosa sulla filosofia della politica con cui sia stato così completamente d’accordo su tutte le questioni importanti — e le questioni sono davvero molto importanti. Mi compiaccio per la sua chiara distinzione fra quella che lei chiama libertà negativa e libertà positiva; con la sua professione di fede — che anche se solo implicita, non è meno chiara ed energica — per la libertà negativa; per la sua esposizione dei pericoli dell’ideologia della libertà positiva; per la sua presa di posizione contro lo storicismo morale; per i suoi avvertimenti contro l’ipotesi che i problemi sociali possano essere risolvibili di principio, e che tutti i beni (reali) debbano essere compatibili, e in armonia; e soprattutto per la sua dichiarazione sui diritti umani assoluti.
Su tutte queste cose siamo perfettamente d’accordo; e ritengo che il modo in cui lei ha discusso e presentato queste idee sia ammirevole.
suo per sempre Karl Popper
La lettera di Karl Popper a Friedrich von Hayek 24 ottobre 1969 Caro Fritz,
ti ringrazio moltissimo per la tua lettera dell’11 ottobre 1969 dall’Imperial Hotel di Vienna.
È una lettera incredibile, incredibile in molti sensi. È veramente incredibile che tu tenti per la seconda volta di fare una simile cosa per me. E che tu ci abbia pensato addirittura prima di aver reso sicura, e pienamente chiarita, la tua posizione, è altrettanto incredibile.
La prima volta — quando mi hai portato dalla Nuova Zelanda in Inghilterra — avevi una posizione affermata e di grande influenza alla London School of Economics, che era abituata alla presenza di stranieri. Ora vuoi tentare una cosa simile quando neppure tu sei ancora là, quando tu stesso sarai un’eccezione, forse invidiata, e quando questo genere di sostegno nei miei confronti potrebbe persino indebolire la tua posizione e le tue prospettive.
Per favore, non fare niente di avventato. Non ho mai sognato una cosa simile e credo sia estremamente improbabile che ciò possa realizzarsi. Ma posso immaginare che potrebbe arrecare un danno considerevole alla tua situazione.
Questa non è pura immaginazione. Sebbene non ci abbia pensato prima, ritengo del tutto possibile che io possa non essere gradito a qualcuno a Salisburgo e, in tal caso, non vorrei ovviamente venire. Nella tua lettera mi fai una domanda precisa: «È possibile che tu possa prendere in considerazione la possibilità di seguirmi a Salisburgo se... ti offrissero uno stipendio da professore fino all’età di 75 anni?». La mia risposta è che dovrei pensarci, ma per le seguenti ragioni non sono sicuro di dover accettare.
L’antisemitismo è ancora forte in Austria, il che è molto triste. Non è solo il fatto che temo di soffrirne — in realtà, non lo temo affatto. È, piuttosto, che penso che le persone di origine ebraica come me (Hennie è di origine contadina, proveniente dalla Bassa Austria) dovrebbero stare alla larga dall’Austria in attesa che il sentimento si spenga.
Quando alcuni anni fa abbiamo valutato che cosa fare e dove sistemarci quando fossi andato in pensione, abbiamo pensato di tornare in Austria magari vicino al paese d’origine del padre di Hennie; ma abbiamo deciso di non farlo a causa dell’antisemitismo. Hennie crede che sia peggio a Salisburgo e una cattedra universitaria è, chiaramente, più esposta di un semplice pensionamento, che era tutto ciò a cui stavamo pensando. Da allora la situazione finanziaria è peggiorata (a causa della svalutazioni della sterlina) e dovrei fare proprio qualsiasi cosa per assicurare una pensione sicura e di valore stabile ad Hennie, che rinunciò alla sua carriera di insegnante per seguirmi in Nuova Zelanda. Ma non penso che, se entro in servizio avendo più di sessantasette anni, mi offrirebbero una pensione di reversibilità per Hennie. Lei è preoccupata — molto più di me — del fatto che la mia influenza, o piuttosto l’influenza delle mie idee, venga pregiudicata dal mio lasciare il mondo anglofono. In Austria la mia influenza è pari a zero. In Germania devo ammettere che non sembra essere trascurabile.
Non so se questo sia un punto di una qualche importanza. Ma penso che scriverò ancora peggio in inglese una volta che avrò lasciato l’Inghilterra; e non posso fare a meno di pensare — e di sperare — che la lingua inglese sia più importante, dal punto di vista intellettuale, della lingua tedesca.
Mi rendo naturalmente conto che questa richiesta abbassa quasi a zero le probabilità di ricevere un’offerta. Ma questo, in sé, confermerebbe soltanto che Hennie ed io avevamo ragione sull’esistenza di un pericolo antisemita.
Sono molto spiacente di scrivere una lettera così lunga. Mi rendo conto di quanto per te sia importante andare a Salisburgo, nella tua Austria. Deve essere ancor più importante per tua moglie. E Salisburgo è così meravigliosamente bella. Spero che riuscirai ad andarci e che sarai felice nel nuovo ambiente.
Tu sai quanto io sia consapevole del mio debito nei tuoi confronti. Ti ringrazio ancora.
Tuo, per sempre, Karl
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