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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
11.10.2009 Lettere tra Karl Popper e von Hayek, Carnap, Berlin
introduzione di Dario Fertilio

Testata: Corriere della Sera
Data: 11 ottobre 2009
Pagina: 30
Autore: Dario Fertilio
Titolo: «Karl Popper- Perchè non torno in Europa: l'antisemitismo è ancora vivo»

Sul CORRIERE della SERA di oggi, 11/10/2009, a pag.30-31, due pagine dedicate a Karl Popper (1902-1994), con alcune corrispondenze con Friedrich von Hayek, Rudolf Karnap, Isaiah Berlin. Le loro opere rappresentano al massimo la mente liberale. A cura e introduzione di Dario Fertilio. Titolo "Karl Popper- Perchè non torno in Europa: l'antisemitismo è ancora vivo"

da sin. Karl Popper, F.von Hayek, R.Carnap, Isaiah Berlin

Dario Fertilio: " L'esperienza dell'esilio e del "

Chi dice Popper pensa al teorico della «società aperta», al critico di Platone filosofo totalitario, al fustigatore della tv «cattiva maestra» dell’infanzia. Ma il lato intimo del filosofo austriaco, la sua ferita segreta, ci vengono restituiti attraverso le lettere inedite del volume Dopo la società aperta (Armando, pp. 560, e 39, con una illuminante prefazione di Dario Antiseri).

Tre sono gli interlocutori di Karl Popper, colti in successivi momenti del suo «esilio». Il primo è il filosofo e logico neopositivista Rudolf Carnap, emigrato in America: nel 1945 Popper gli scrive dalla Nuova Zelanda, dove era fuggito a causa delle origini ebree e delle persecuzioni naziste in Austria. Il secondo è il filosofo liberale Isaiah
Berlin. Molto più tardi, alla fine degli anni Sessanta, quando Popper si trovava già da tempo a Londra, il destinatario delle lettere diventa l’economista Friedrich von Hayek, anch’egli come lui destinato a segnare il pensiero liberale del secolo.

La questione che si pone è quella dell’antisemitismo, legata alla possibilità concreta per Popper di ritornare in patria. Le missive, che in parte pubblichiamo, mostrano da un lato il rifiuto di mettere piede nuovamente nella terra che gli aveva dato i natali, segnandolo però con un’esperienza indelebile di dolore e aprendogli gli occhi sul «male radicale» teorizzato da Immanuel Kant e incarnato storicamente, ai suoi occhi, da Adolf Hitler. Dall’altro lato, il no definitivo e inappellabile a tornare in Austria viene qui curiosamente motivato da Popper, già nel ’45 e poi
più nettamente nel ’69, con un’argomentazione razionale: non si dovevano alimentare intolleranza e razzismo, tutt’altro che spenti sul continente europeo (fuori dal Regno Unito) e sempre prossimi a ritorni di fiamma. Nei ragionamenti sottoposti da Popper a Hayek entra anche la moglie, l’amatissima Hennie (non ebrea, ma «basso-austriaca»). Popper, certo, spera di ottenere una cattedra per assicurarle in futuro una rendita.

Ma esiste un ulteriore, doloroso sottinteso: giunto alla soglia dei settant’anni sente su di sé il peso dei sacrifici compiuti, delle rinunce. Lui e Hennie hanno deciso razionalmente di non avere figli: sarebbe stato pericoloso «dal momento che si sono sposati nel periodo peggiore dell’hitlerismo». «Penso di essere stato forse un codardo — confesserà al riguardo Popper — ma in un certo senso credo che sia stata una giusta decisione». La constatazione dell’esistenza di tanto male nel mondo lo fa propendere per l’ipotesi dell’inesistenza di Dio, tanto più dopo aver verificato di persona la realtà dei campi di concentramento, dove— racconta — finirono alcuni dei migliori amici e ben diciassette zii, zie, cugini (tre era riuscito a salvarli da Auschwitz).

È questo, dunque, il dramma umano delle lettere, pieno di aspetti paradossali (durante l’esilio in Nuova Zelanda, ad esempio, l’avevano sospettato d’essere un rappresentante del «Paese di Hitler»). E di tormenti metafisici, testimoniati dalla frase: «È il male che mi fa insorgere contro Dio, che mi rende dubbioso dell’esistenza di Dio o di un qualcosa di simile e che mi rende ancora più certo del fatto che non si dovrebbe parlare di Dio».

Tutto ciò emerge anche dai ricordi personali di Dario Antiseri, lo studioso italiano che fu a lui più vicino. Karl Popper si mantenne coerente sino in fondo: non tornò più in Austria, salvo che per qualche conferenza. Ma consentì ad essere seppellito nel Lainzerfriedhof, un piccolo cimitero di Vienna, nella tomba di famiglia della sua Hennie.

L'opera di Karl Popper

Un percorso ideale: le tappe fondamentali

L’opera di cui qui pubblichiamo ampi stralci,
Dopo la società aperta, avrebbe forse dovuto intitolarsi in modo più appropriato «Prima, durante e dopo la società aperta».

Infatti vi si parla anzitutto del periodo viennese di Popper (nacque nel 1902 ed emigrò a 35 anni, sarebbe morto a Londra nel 1994); poi degli anni trascorsi in Nuova Zelanda, dove scrisse la sua opera più famosa come contributo personale alla battaglia contro
il nazismo; infine, dopo La società aperta e i suoi nemici , delle sue prese di posizione sulla guerra del Vietnam (sostenne l’idea di un ritiro americano come vittoria morale), sul trattamento della Germania dopo la guerra, sull’influenza negativa della televisione, sull’idea stessa di democrazia (in varie conferenze nelle università di tutto il mondo), sul modo in cui l’ideologia sovietica concepiva l’Occidente, sulla difesa contro gli attacchi rivolti dalle più disparate parti politiche alla sua idea di «apertura» liberale.

L’introduzione è firmata da Dario Antiseri, il filosofo italiano che maggiormente gli fu vicino e che, in tempi difficili per le idee liberali, ebbe il coraggio di far tradurre da noi
La società aperta , oltre che diffondere il pensiero del maestro attraverso vari scritti (di questo speciale rapporto intellettuale tra i due è testimoninanza un altro, interessante carteggio).

L’epistolario

Pubblichiamo alcune delle lettere di Popper indirizzate a Rudolf Carnap, Friedrich von Hayek e Isaiah Berlin durante gli anni trascorsi in esilio con la moglie Hennie
:

Perché non torno in Europa: l’antisemitismo è ancora vivo

Una confessione inedita del filosofo a von Hayek nel 1969


La lettera di Rudolf Carnap dagli Sta­ti Uniti a Karl Popper 30 maggio 1945
Caro dottor Popper,

la Fondazione Guggenheim mi ha ri­sposto dicendomi che le borse di studio sono disponibili solo per le persone che vivono in America. Me ne rammarico molto poiché lei avrebbe avuto qui una buona probabilità di ottenerla. Se le fos­se possibile magari di venire in questo Paese con altri mezzi (per esempio con una borsa di studio Rockefeller), allora lei potrebbe fare domanda per una bor­sa di studio Guggenheim; è richiesta so­lo la residenza negli Stati Uniti, non la cittadinanza.

Le notizie da Vienna sono molto inte­ressanti,
ma finora piuttosto limitate. Ha mai preso in considerazione la possi­bilità di ritornarci se le fosse offerto un incarico?

Il suo R. Carnap


Una prima lettera di Karl Popper a Rudolf Carnap nel mese di giugno 3 giugno 1945
Caro professor Carnap,

ho presentato la mia domanda per la cattedra lasciata vacante dal professor Findlay, ma ora dovrò ritirarla, dato che mi è stato offerto un posto di do­cente incaricato in Logica e metodo scientifico alla London School of Eco­nomics e, naturalmente, accetterò que­sta offerta.

Spero davvero che lei e sua moglie stiano bene.

K. R. Popper

La seconda lettera di Karl Popper a Rudolf Carnap nello stesso mese di giugno 23 giugno 1945
Caro professor Carnap,

ho accettato l’incarico di insegnamen­to in Logica e metodo scientifico alla Lon­don School of Economics, sono molto fe­lice di questo sviluppo.

Sono molto contento che la sua schie­na vada meglio, anche se avevo sperato che il problema fosse ormai totalmente scomparso. Spero che l’estate le porti sol­lievo. Per quanto riguarda la sua domanda circa un possibile ritorno in Europa continentale, la mia risposta è: no, mai! Lei è di diverso parere?

I più cordiali saluti,
il suo K. R. Popper

Karl Popper scrive a Isaiah Berlin 17 febbraio 1959


Caro Isaiah,


ho appena finito di leggere la sua confe­renza inaugurale, che ho ricevuto qualche tempo fa, e per la quale non l’ho ancora ringraziata.

Difficilmente mi è capitato di leggere qualcosa sulla filosofia della politica con cui sia stato così completamente d’accor­do su tutte le questioni importanti — e le questioni sono davvero molto importanti. Mi compiaccio per la sua chiara distinzio­ne fra quella che lei chiama libertà negati­va e libertà positiva; con la sua professio­ne di fede — che anche se solo implicita, non è meno chiara ed energica — per la libertà negativa; per la sua esposizione dei pericoli dell’ideologia della libertà positi­va; per la sua presa di posizione contro lo storicismo morale; per i suoi avvertimenti contro l’ipotesi che i problemi sociali pos­sano essere risolvibili di principio, e che tutti i beni (reali) debbano essere compati­bili, e in armonia; e soprattutto per la sua dichiarazione sui diritti umani assoluti.

Su tutte queste cose siamo perfettamen­te d’accordo; e ritengo che il modo in cui lei ha discusso e presentato queste idee sia ammirevole.

suo per sempre
Karl Popper

La lettera di Karl Popper a Friedri­ch von Hayek 24 ottobre 1969
Caro Fritz,

ti ringrazio moltissimo per la tua lette­ra dell’11 ottobre 1969 dall’Imperial Hotel di Vienna.

È una lettera incredibile, incredibile in molti sensi. È veramente incredibile che tu tenti per la seconda volta di fare una simile cosa per me. E che tu ci abbia pen­sato addirittura prima di aver reso sicura, e pienamente chiarita, la tua posizione, è altrettanto incredibile.

La prima volta — quando mi hai por­tato dalla Nuova Zelanda in Inghilterra — avevi una posizione affermata e di grande influenza alla London School of Economics, che era abituata alla presen­za di stranieri. Ora vuoi tentare una co­sa simile quando neppure tu sei ancora là, quando tu stesso sarai un’eccezione, forse invidiata, e quando questo genere di sostegno nei miei confronti potreb­be persino indebolire la tua posizione e
le tue prospettive.

Per favore, non fare niente di avventa­to. Non ho mai sognato una cosa simile e credo sia estremamente improbabile che ciò possa realizzarsi. Ma posso immagina­re che potrebbe arrecare un danno consi­derevole alla tua situazione.

Questa
non è pura immaginazione. Sebbene non ci abbia pensato prima, ri­tengo del tutto possibile che io possa non essere gradito a qualcuno a Salisbur­go e, in tal caso, non vorrei ovviamente venire. Nella tua lettera mi fai una doman­da precisa: «È possibile che tu possa pren­dere in considerazione la possibilità di se­guirmi a Salisburgo se... ti offrissero uno stipendio da professore fino all’età di 75 anni?». La mia risposta è che dovrei pen­sarci, ma per le seguenti ragioni non so­no sicuro di dover accettare.

L’antisemitismo è ancora forte in Au­stria, il che è molto triste. Non è solo il fatto che temo di soffrirne — in realtà, non lo temo affatto. È, piuttosto, che pen­so che le persone di origine ebraica come me (Hennie è di origine contadina, prove­niente dalla Bassa Austria) dovrebbero stare alla larga dall’Austria in attesa che il sentimento si spenga.

Quando alcuni anni fa abbiamo valuta­to che cosa fare e dove sistemarci quan­do fossi andato in pensione, abbiamo pensato di tornare in Austria magari vici­no al paese d’origine del padre di Hen­nie; ma abbiamo deciso di non farlo a causa dell’antisemitismo. Hennie crede che sia peggio a Salisburgo e una catte­dra universitaria è, chiaramente, più esposta di un semplice pensionamento, che era tutto ciò a cui stavamo pensando. Da allora la situazione finanziaria è peggiorata (a causa della svalutazioni del­la sterlina) e dovrei fare proprio qualsiasi cosa per assicurare una pensione sicura e di valore stabile ad Hennie, che rinunciò alla sua carriera di insegnante per seguir­mi in Nuova Zelanda. Ma non penso che, se entro in servizio avendo più di sessan­tasette anni, mi offrirebbero una pensio­ne di reversibilità per Hennie. Lei è preoc­cupata — molto più di me — del fatto che la mia influenza, o piuttosto l’influen­za delle mie idee, venga pregiudicata dal mio lasciare il mondo anglofono. In Au­stria la mia influenza è pari a zero. In Ger­mania devo ammettere che non sembra essere trascurabile.

Non so se questo sia un punto di una qualche importanza. Ma penso che scrive­rò ancora peggio in inglese una volta che avrò lasciato l’Inghilterra; e non posso fa­re a meno di pensare — e di sperare — che la lingua inglese sia più importante, dal punto di vista intellettuale, della lin­gua tedesca.

Mi rendo naturalmente conto che que­sta richiesta abbassa quasi a zero le pro­babilità di ricevere un’offerta. Ma questo, in sé, confermerebbe soltanto che Hen­nie ed io avevamo ragione sull’esistenza di un pericolo antisemita.

Sono molto spiacente di scrivere una lettera così lunga. Mi rendo conto di quanto per te sia importante andare a Sa­lisburgo, nella tua Austria. Deve essere ancor più importante per tua moglie. E Salisburgo è così meravigliosamente bel­la. Spero che riuscirai ad andarci e che sa­rai felice nel nuovo ambiente.

Tu sai quanto io sia consapevole del mio debito nei tuoi confronti. Ti ringra­zio ancora.

Tuo, per sempre,
Karl


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