Riportiamo dal CORRIERE della SERA dioggi, 09/10/2009, a pag. 55, la risposta di Sergio Romano ad un lettore " Una moschea a Milano, decisione da non delegare ".
Sergio Romano è favorevole alla costruzione di una moschea a Milano e scrive : " Non è possibile essere ospite dell’Expo, centro degli affari, incontro mondiale della moda e sede di una mezza dozzina di università che cercano di attrarre studenti stranieri, ma negare alla propria comunità islamica il luogo di culto a cui ha diritto ". E' vero, la libertà di culto va garantita, ed è giusto che esistano luoghi specifici, ma non si può ignorare la questione della sicurezza e del terrorismo. Molto spesso le moschee sono centri di reclutamento per terroristi islamici. Milano ha, purtroppo, una tradizione riguardo a questo. Basta pensare alle scuole islamiche ospiti di viale Jenner e via Quaranta, entrambe chiuse.
Le moschee non vengono sottoposte agli adeguati controlli e spesso diventano covi terroristi. Ma Romano sembra ignorare quasi totalmente la questione. La accenna a malapena con una frase. Non è possibile chiudere gli occhi davanti al terrorismo.
Il parallelismo con Parigi, poi, è ingiustificato. La società francese, contrariamente a quella italiana, è laica. I simboli religiosi (tutti) sono vietati nei luoghi pubblici. Le moschee abusive non spuntato come funghi senza che nessuno le sottoponga ad adeguati controlli. In ogni caso il modello francese non è l'idillio di integrazione che racconta Romano. Ricordiamo ai lettori l'assassinio di Ilan Halimi, ucciso da criminali fondamentalisti islamici perchè era ebreo, o la cittadina francese di Roubaix, dove il sociologo algerino Saboui teorizza liberamente la fine della legge francese per sostituirla con la sharia. Ecco lettera risposta di Sergio Romano:
Sergio Romano
Mi piacerebbe avere un suo parere sul dibattito, che si protrae da anni, riguardo all’opportunità che Milano abbia la sua moschea. Sono convinta che la libertà di culto, che deve essere garantita, si coniughi con la integrazione laddove le minoranze abbiano la possibilità di riunirsi e pregare nei loro luoghi di culto. A questo proposito cito l’esempio illuminante della moschea di Parigi che, immagino, lei conoscerà. È vero che in Francia ci sono immigrati di terza o quarta generazione, ma la moschea è stata costruita all’inizio del secolo scorso.
Cristina Rodocanachi
c.rodocanachi@yahoo.it
Cara Signora,
AParigi non esiste soltanto la Grande Moschea. Esiste anche il grande Istituto del mondo arabo, per cui è stato costruito un edificio moderno sulle rive della Senna. Fu voluto da Valéry Giscard d’Estaing, ma realizzato durante il primo mandato della presidenza di François Mitterrand e inaugurato nel 1987. È una istituzione accademica e museale dove si fanno ricerche, si tengono convegni e seminari, si organizzano esposizioni particolarmente importanti come quella dell’anno scorso sulle contaminazioni tra cultura occidentale e cultura araba all’epoca della spedizione di Bonaparte in Egitto nel 1798. I rapporti della Francia con le sue comunità musulmane hanno attraversato momenti difficili, ma né i sei sanguinosi attentati di Parigi nel 1995, né la più recente rivolta delle banlieues, quando Nicolas Sarkozy era ministro degli Interni, hanno impedito ai governi francesi di coltivare la conoscenza del mondo arabo-musulmano, di promuovere le relazioni con la sua cultura, di favorire la formazione di uno stuolo di studiosi, esperti, analisti e traduttori. Nulla di tutto questo sarebbe stato possibile, naturalmente, se la Francia non avesse assicurato ai suoi musulmani la possibilità di praticare il loro culto in luoghi decorosi e conformi alle esigenze della liturgia.
Sul problema della moschea sono d’accordo con lei e con l’editoriale di Elisabetta Soglio apparso nel Corriere del 7 ottobre. Non credo che Milano possa delegare al ministro degli Interni la soluzione di un problema che la concerne e da cui dipende in ultima analisi la sua immagine di grande metropoli europea. Non è possibile essere ospite dell’Expo, centro degli affari, incontro mondiale della moda e sede di una mezza dozzina di università che cercano di attrarre studenti stranieri, ma negare alla propria comunità islamica il luogo di culto a cui ha diritto. Certo esiste un problema di sicurezza, ordine pubblico e compatibilità con le esigenze del quartiere in cui la moschea verrà costruita. Ma la responsabilità del progetto è anzitutto della città e dei suoi amministratori. La consultazione con il ministero dell’Interno è necessaria, ma deve avere luogo sulla base di progetti milanesi. Una grande città non può delegare ad altri la soluzione dei suoi problemi.
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