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La Stampa Rassegna Stampa
09.10.2009 Hezbollah e Hamas sono nemici di Israele più che terroristi
L'opinione di A. B. Yehoshua

Testata: La Stampa
Data: 09 ottobre 2009
Pagina: 1
Autore: A. B. Yehoshua
Titolo: «Hezbollah e Hamas, nemici non terroristi»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 09/10/2009, a pag. 1-33, l'articolo di A. B. Yehoshua dal titolo " Hezbollah e Hamas, nemici non terroristi ".

 A. B. Yehoshua

Fin dal giorno della sua fondazione Israele è stato aggredito da nazioni arabe che non ne accettavano l’esistenza e ne volevano la distruzione. Tali nazioni venivano qualificate dagli israeliani come «nemiche», non come «terroriste». Nel 1948 la Giordania pose l’assedio ai quartieri ebraici di Gerusalemme, li bombardò per qualche mese e impedì ai residenti di approvvigionarsi di acqua e cibo. Ciò nonostante Israele non definì mai la Giordania «Stato terrorista». Anche la Siria martellò per anni le comunità civili israeliane in Galilea e nella valle del Giordano, eppure, anche nei suoi confronti, Israele evitò di usare la definizione di «Stato terrorista».
Durante la guerra del 1948, scoppiata dopo la decisione delle Nazioni Unite di dividere la regione, le vittime civili di ambo le parti furono numerose, interi villaggi (per lo più palestinesi) furono distrutti e i loro abitanti costretti alla fuga o cacciati. Ma mai quella guerra fu ritenuta, né dagli israeliani né dagli arabi, uno scontro tra «terroristi». Per lunghi mesi, dopo la guerra dei Sei giorni, Giordania, Siria, e anche Israele, presero di mira centri abitati (soprattutto lungo il Canale di Suez), eppure mai Israele considerò i suoi vicini «Stati terroristi». Li vedeva come nemici con i quali aspirava a raggiungere un giorno la pace.
A partire dagli Anni Novanta, soprattutto in seguito allo scontro prolungato con i palestinesi, il termine «nemico» cominciò a essere sostituito con quello di «terrorista». Infatti, non possedendo uno Stato, ogni azione militare compiuta dai palestinesi (da loro considerata una «legittima opposizione all’occupazione») veniva vista da Israele come un atto di terrorismo. Israele prese a utilizzare questo termine per esprimere da un lato la sua profonda diffidenza verso le intenzioni di pace dei palestinesi e dall’altro per giustificare la sua riluttanza a fare concessioni e per ottenere la simpatia generale nella lotta contro questo fenomeno, soprattutto dopo gli attentati alle Torri Gemelle. Ma la sostituzione del termine «nemico» con quello di «terrorista» ha creato negli ultimi anni problemi etici complessi.
Per terrorismo si intende infatti una forma di lotta condotta verso obiettivi civili e militari da persone che, mantenendo celata la propria identità, mirano a seminare il panico tra la popolazione e a sovvertire il regime esistente o la linea politica delle sue istituzioni. Poiché i terroristi, per definizione, si discostano dalla popolazione in mezzo alla quale vivono, quest’ultima non viene associata agli atti da loro compiuti e quindi ogni azione rivolta contro di essa sarà considerata un crimine.
Ma dopo il ritiro di Israele dal Libano e dalla Striscia di Gaza sarebbe più appropriato qualificare i movimenti Hamas e Hezbollah semplicemente come «nemici» (come fanno peraltro i loro esponenti nei confronti di Israele) in quanto non rientrano nella definizione di «terrorismo». I loro rappresentanti agiscono alla luce del sole, esercitano pieno controllo sul territorio nel quale vivono, amministrano enti e istituzioni pubblici, possiedono distintivi segni di identità quali uniformi e bandiere, e mantengono un legame profondo e vincolante con la popolazione locale di cui sono i rappresentanti. Esponenti di Hezbollah, un movimento dichiaratamente armato, sono deputati nel Parlamento libanese e ministri nel suo esecutivo. E il governo di Hamas, democraticamente eletto, amministra la vita pubblica nella Striscia di Gaza.
La loro ideologia non corrisponde alla definizione corrente di terrorismo ma va ben oltre: distruggere lo Stato di Israele e rispedire gli ebrei alle nazioni dalle quali provengono. E infatti Hamas e Hezbollah si proclamano nemici giurati di Israele, come fecero la Giordania e l’Egitto dopo la nascita dello Stato ebraico e prima che le numerose guerre li inducessero a cambiare idea, a riconoscere Israele e a concludere con esso la pace. Hezbollah e Hamas vanno quindi considerati alla stregua di nemici e, stando così le cose, ne consegue che Israele non ha alcuna responsabilità legale verso i cittadini che li hanno scelti come governanti e che sono quindi parte della lotta contro di esso.
È chiaro che secondo le norme che regolano i conflitti internazionali è proibito colpire indiscriminatamente e senza motivo civili estranei ai combattimenti armati. Questo vale per Hezbollah, per Hamas e, ovviamente, per Israele. Ma da un punto di vista etico-legale è altrettanto chiaro che lo scontro che vede opposto Israele a Hamas e a Hezbollah è una guerra tra nemici e non la lotta di uno Stato contro un’organizzazione terroristica.
Tuttavia, nel momento in cui Israele proclama i suddetti movimenti «organizzazioni terroristiche», la situazione si complica giacché i civili fra i quali questi «terroristi» vivono non solo non possono essere considerati complici delle loro azioni ma sono addirittura ritenuti sorta di loro «ostaggi» e ogni volta che li si colpisce si commette un doppio crimine. E così, nonostante Israele si sia ritirato del Sud del Libano e dalla Striscia di Gaza, gli insediamenti civili israeliani nella zona siano ormai un ricordo e la Striscia mantenga un valico di frontiera con l’Egitto, lo Stato ebraico viene ancora visto come responsabile di ciò che vi avviene e le sue azioni giudicate non come quelle di chi combatte contro un nemico ma come quelle di chi si trova ad affrontare attacchi terroristici in una regione sotto sua responsabilità ed è tenuto a compiere una rigorosissima distinzione tra «cattivi» e «innocenti».
Il rapporto Goldstone doveva basarsi sul presupposto che l’operazione «Piombo fuso» è stato uno scontro tra due Stati in conflitto, responsabili della difesa e della sicurezza dei propri cittadini i quali non potevano essere lasciati in balia di attacchi di razzi né della dura reazione militare che ne è conseguita. L’aver ignorato tale realtà lo ha reso lacunoso e ha inasprito le critiche nei confronti di Israele, malgrado le fondate e preoccupanti accuse di comportamenti scorretti di Tsahal verso la popolazione civile.

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