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Ugo Volli
Cartoline
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Ammetterete l'acume politico di Flavio Lotti che ha scelto di fare il mestiere del 'filopalestinese' 08/10/2009

 Flavio Lotti

Sono sicuro che vi mancherà moltissimo. Quest'autunno la marcia della pace fra Perugia e Assisi non si farà. Marcia della pace... be', non esageriamo... non li abbiamo mai visti sfilare contro l'Urss, i suoi alleati e i relativi successori: nessuna marcia per la Cecenia, che pure è abitata da islamici e terroristi, categorie che dalle parti di Assisi si portano sempre; nessuna marcia per la Georgia aggredita dalla Russia, nessuna marcia per il Darfur, per i Sarahui, per i tibetani, per Timor Est... invece moltissime marce per l'Irak, la Palestina, l'Afganistan e tutti quei posti i liberi popoli del Terzo mondo combattono contro "l'imperialismo americano e i suoi lacchè". Fatto sta che la marcia fra il 10 e il 17 ottobre ad Assisi non ci sarà, per il semplice fatto che sarà altrove. In tournée. Forse poi si ripeterà, perché repetita juvant. E in fondo ci sono dei professionisti della pace che ci lavorano, perché lasciarli disoccupati?

Niente Assisi, dunque, se qualcuno di voi aveva voglia di fare un bagno nel rosso arcobaleno. Ma non temete perché la vostra amata marcia non muore, come ho detto si trasferisce, va in trasferta. Dove? Ma perbacco, nella Palestina occupata.  Nei territori dell'ANP, che è Palestina, e anche in Israele, che è sempre Palestina, naturalmente. Dalle parti di Assisi, voglio dire. E a che pro questa trasferta di "400 pacifisti, organizzazioni non governative, enti locali", come scrive l'Ansa?  «Per andare incontro a questi due popoli, per capire cosa fare in concreto, per cercare di scrivere la parola fine a questa tragedia,» dice Flavio Lotti.

Ma badate, lo stesso Lotti aggiunge che i 400 giovani e forti «non andranno lì per 'buonismo'». Meno male, eravamo sinceramente attanagliati da questo problema: andranno lì per 'buonismo' fra virgolette? E invece no, vanno incontro a questi due popoli, che naturalmente non aspettano altro che avere un bel po' di funzionari sindacali, assessori in gita e stipendiati delle Ong, professionisti della pace e altri assisiani fra i piedi e soprattutto sono tutti sicuri che saranno proprio loro a "scrivere la parola fine". Fine della tragedia, naturalmente, non fine della marcia. Quella non finisce mai.

Ecco. Ci voleva proprio un po' di benzina in più sui focherelli di intifada, un po' di manifestazioni e di scontri e anche la parola fine scritta da qualche parte, in quell'angolo di mondo fin troppo calmo e noioso. Se no, come facevano? Quale nobile idealismo in questa mediazione non richiesta, che utopia in una parola fine scritta coi piedi dei marciatori per la pace! E senza neppure un po' di buonismo, solo per venire incontro! Santa pace.

Ai più maligni di voi, a quelli che "a pensar male si fa peccato, ma di solito ci si acchiappa" (anche contro Andreotti, naturalmente) verrà forse un dubbio: ma questi non è che vanno là non per scrivere la parola fine, non per venire incontro, ma per appoggiare questi contro quelli (e non vi dico chi siano i questi e chi siano i quelli, lo sapete già, no?) La loro parola "fine" non sarà la fine di una parte? O il fine di un'altra? Ma no, non pensate male. Marciano e tutti i medici sanno che camminare fa bene al cuore. Se "Il Tempo" di Roma l'8 gennaio scorso ha caratterizzato i marciatori dello scorso inverno, che andavano a rompere le scatole contro Israele in giro per la capitale d'Italia e non per le campagne della Giudea, come "i filopalestinesi di Lotti", certo si sbagliava, si confondeva, era affetto da buonismo, non veniva incontro. E quanto Lotti sia neutrale, sotto la maschera alimentare della "Tavola della pace", o quella burocratica del "Coordinamento nazionale degli Enti Locali", lo si vede facilmente girando un po' per Internet col suo nome. Io, che per ignoranza mia non lo conoscevo, l'ho fatto. Fra le molte sue splendide dichiarazioni, interviste ecc. ho scelto questa, che trovo particolarmente gustosa e non voglio sottrarvi: è un po' buonista, ma anche gastronomica. Insomma divertitevi con questo frammento dell'equilibratissimo elogio funebre lottiano per Arafat:

"Oggi è morto un costruttore di pace. Non un ostacolo alla pace, ma un uomo che ha saputo abbandonare le armi per cercare la via della pace. Un uomo generoso che ha speso tutta la sua vita per dare unità, libertà e dignità al suo popolo fino a diventarne, nonostante le critiche, il simbolo più amato e rispettato. [...] Un uomo che per decenni si è appellato al mondo per mettere fine alle sofferenze del popolo palestinese [...] Un uomo che è stato, e continua ad essere anche dopo la sua scomparsa, oggetto di una brutale aggressione da parte di tutti coloro che non hanno mai voluto riconoscere ai palestinesi il diritto alla vita e all'indipendenza.Yasser Arafat ha lasciato la sua terra inviando baci, a piene mani, al suo popolo. Possano quei baci alleviare il dolore di tutte le bambine e i bambini, le donne e gli uomini che in Terra Santa e nel mondo piangono la sua prematura partenza."

Non siete commossi? Non piangete neanche un po'? Vi scappa da ridere? Ma allora avete proprio il cuore di pietra! Non siete affatto buonisti e non venite proprio incontro. Vergogna, non scriverete mai la parola fine, se fate così. Ammetterete almeno l'acume storico e politico di una persona che, come una volta c'erano i rivoluzionari di professione, ha scelto di fare il mestiere - come dice "Il Tempo" - del "filopalestinese" o del pacifista che in realtà danneggia la pace. O del marciatore in servizio permanente effettivo. O come potremmo dirla in inglese il troublemaker (in Terrasanta, beninteso, dove anche i troubles sono benedetti, mentre ad Assisi sono solo molto buoni ma non buonisti). Per chi ama i dialetti, al solo scopo del piacere filologico, traduco in milanese questa definizione non buonista. Ecco,  "rompibal": la marcia, la fine, l'incontro e anche il Lotti.

Ugo Volli


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