Gli insediamenti non sono un ostacolo alla pace Ma un pretesto per non farla. Lo dice anche un giornalista arabo. Cronaca di Dimitri Buffa
Testata: L'Opinione Data: 07 ottobre 2009 Pagina: 9 Autore: Dimitri Buffa Titolo: «Gli insediamenti dei settlers non sono un ostacolo alla pace, ma un pretesto per non farla, parola di Al Shark Al Awsat»
Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 07/10/2009, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo "Gli insediamenti dei settlers non sono un ostacolo alla pace, ma un pretesto per non farla, parola di Al Shark Al Awsat".
Al Shark al Awsat, giornale saudita stampato a Londra
“Gli insediamenti dei coloni israeliani non sono un ostacolo alla pace, ma un pretesto per non farla, gli arabi invece dovrebbero concentrarsi sui propri paesi e sui regimi che li comandano e risolvere le questioni regionali che minacciano la pace”. Leggi l’Iran. Ma chi è che lo dice? Chi è che scrive questo? E’ la buon anima di Oriana Fallaci ritornata dall’aldilà per bacchettarci e maledire il nostro afflato politically correct? No, a darci lezioni di come si sta al mondo è nientemeno che l’editore del giornale saudita stampato a Londra “Al Shark al Awsat” (che significa il Medio Oriente), Tariq al Homayed, il quale in un articolo uscito il 29 settembre sul quotidiano dall’inconfondibile copertina verde proprio queste cose afferma. Fa quasi impressione paragonare queste tesi con quelle del nostro ministro degli Esteri Franco Frattini che ancora il 2 ottobre dichiarava (dopo avere visto il video del caporale Gilad Shalit che sembra sia in buona salute, per fortuna) che “la precondizione per la pace tra israeliani e palestinesi è il congelamento degli insediamenti ebraici in Cisgiordania”. Ora indubbiamente tali insediamenti non andranno di sicuro incoraggiati per il presente e per il futuro, ma perché parlare di “precondizione” se nemmeno i giornali sauditi più letti nel mondo arabo lo fanno più? Non si rischia di fare il gioco degli estremisti invece che dei moderati? Frattini parlando con Al Jazeera in un’intervista in realtà sembra ammiccare proprio agli arrabiati del mondo arabo. Anche se ha precisato che è necessario “che gli interlocutori siano convinti della possibilità e dell'importanza di fare la pace”. “Credo che Peres e Netanyahu capiscano benissimo che è nell'interesse di Israele realizzare la pace al più presto”, ha infatti dichiarato Frattini, dicendosi convinto che “l'altro pilastro per la pace sia l'impegno dei paesi arabi a fornire aiuto al popolo palestinese a livello economico, ma anche a riprendere relazioni normali con Israele”. Poi però ha aggiunto qualcosa di troppo sulla situazione a Gaza, che secondo il ministro è un'altra “chiave” per la soluzione della crisi mediorientale. “Gaza non può restare sotto assedio - ha affermato - abbiamo chiesto più volte a Israele un alleggerimento di questo assedio e in particolare che sia agevolato il passaggio delle merci”. “Se ci sarà, come spero, un alleggerimento delle sofferenze della popolazione di Gaza, si sarà fatto un passo importante verso la pace; al contrario - ha precisato - se la situazione resterà invariata, ci sarà un grande freno alla pace e anche alla riconciliazione palestinese, perché sarà Hamas a guadagnarci in popolarità”. Già ma come la mettiamo con il terrorismo? Alle certezze granitiche e un po’ di repertorio di Frattini risponde proprio l’editor di “Al Shark al Awsat”: “gli arabi dovrebbero sforzarsi di mettere le proprie case in ordine così che le divisioni tra i palestinesi non siano più un ostacolo ai negoziati di pace.. gli arabi devono concentrarsi a risolvere quei problemi regionali che minacciano la pace, comprese le vedute differenti che ci sono con la Siria, la quale ha finalmente realizzato che la barca iraniana sta affondando. Gli arabi devono anche mettere ordine nel Libano e affrontare gli hezbollah che servono gli interessi di Teheran piuttosto che quelli libanesi e arabi in generale”. “Queste sono cose improtanti da fare – secondo “Al shark al awsat” – così da non perdere la genuina opportunità presentata da Obama preoccupandosi solo con l’argomento delle colonie, in un momento in cui l’intera regione sta per dovere affrontare la risoluzione del problema dell’Iran con potenzialità di armi nucleari e con la prospettiva che Teheran si avvantaggi delle nostre divisioni per perseguire i propri interessi egemonici”. Viene spontaneo quindi chiedersi: se gli arabi, i sauditi mica i giordani, si preoccupano soprattutto di ciò, come mai il nostro ministro degli Esteri si preoccupa principalmente dei finti problemi come il congelamento dei settlements?
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