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La Stampa Rassegna Stampa
06.10.2009 Oktoberfest a Taibeh. La birra non è più un tabù, la verità, invece, sì
Un articolo comico tratto da Le Monde

Testata: La Stampa
Data: 06 ottobre 2009
Pagina: 19
Autore: Laurent Zecchini
Titolo: «Oktoberfest in Palestina. La birra non è più tabù»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 06/10/2009, a pag. 19, l'articolo di Laurent Zecchini dal titolo " Oktoberfest in Palestina. La birra non è più tabù ".

Zecchini descrive con ingenuità la festa della birra organizzata a Taibeh. Con ingenuità perchè è organizzata dal proprietario dell'unico birrificio della zona, nonchè sindaco di Taibeh, il quale, per altro, ha lo stesso cognome del ministro dell'economia. Il villaggio è poi così tranquillo e in festa, che era appena stata fatta saltare in aria la machina del sindaco ! L'articolo, preso da LE MONDE, più che nella pagina degli esteri, sarebbe stato collocato meglio nella pagina dei comics.
Tutto il pezzo è scritto con il migliore umorismo: quello involontario.
La redazione della STAMPA, prima di pubblicare l'articolo l'avrà letto? Ecco il pezzo di Zecchini:

 La birra prodotta da David Khoury

Sabato scorso Taibeh, l’unico villaggio palestinese interamente cristiano, ha cominciato la sua «resistenza pacifica all’occupazione israeliana» con una strategia conviviale - la birra - e l’ha conclusa domenica sera. In quel lasso di tempo si sono bevuti più di mille litri di Taibeh, in un’atmosfera a metà strada tra l’Oktoberfest di Monaco e una festa di partito. Certo, sottolinea David Khoury, sindaco e proprietario della fabbrica di birra, Taibeh con i suoi novemila visitatori non può certo confrontarsi con una festa che ne attira sei milioni. In compenso, se pure qualche giovane cristiano o musulmano era un po’ alticcio, nessuno è rotolato per terra.
E’ stata bella, questa 5ª Oktoberfest palestinese: danze, musiche, prodotti dell’artigianato locale, spiedini e falafel, innaffiati di birra e di qualche insulto politico per ricordare l’obiettivo di «liberare la Palestina». Con cristiani e palestinesi - venuti da Gerusalemme, Ramallah e dai Territori occupati - che si sono allegramente mescolati.
Era il 15 agosto 1995 quando nella birreria della famiglia Khoury venne spillata la prima Taibeh, unica birra prodotta in Palestina, almeno da molto tempo, anche se cinquemila anni fa in Medio Oriente era bevanda corrente: si venerava Menek, la dea egizia della birra, e Ramsete II era chiamato il «faraone birraio». I Khoury sono originari di Taibeh ma, come molti cristiani, emigrarono perché il processo di pace non decollava andando a installarsi a Boston, dove avviarono un fiorente commercio di vini e alcolici. Quando, nel 1993, vennero firmati gli accordi di Oslo, credendo che sarebbe cominciata una nuova era, liquidarono i beni americani incassando 1,2 milioni di dollari, tornarono a Taibeh e li reinvestirono nella «fabbricazione di una birra palestinese». Con la «benedizione» di Arafat.
Khoury racconta il suo mondo: i tini in acciaio acquistati negli Stati Uniti, i malti francesi e belgi, la distribuzione, vero percorso di guerra: «Dopo la costruzione della barriera israeliana, vendere a Gerusalemme - che dista solo 27 chilometri - è diventato impossibile. Gli israeliani ci obbligano a passare da un unico posto di blocco. Per passarlo occorrono più di tre ore e spesso dobbiamo tornare indietro. Intanto gli israeliani distribuiscono le loro Maccabee e Goldstar ovunque, passando da tutti i varchi». In compenso la Taibeh, che produce 600 mila litri all’anno, gode di un quasi-monopolio a Ramallah.
Sul palco della festa, danzatrici e danzatori palestinesi hanno lasciato il posto a un complesso musicale brasiliano, poi a uno tedesco e a uno inglese. Più tardi, tramontato il sole, i gruppi hip hop palestinesi scatenano i decibel della musica pop. I giovani ballano, qualche (rara) palestinese velata guarda ipnotizzata, i bambini s’intrufolano.
Nel pomeriggio c’erano stati i discorsi ufficiali: il ministro palestinese dell’Economia, Bassim Khoury, ha tuonato contro la confisca dei diritti di dogana palestinesi, «che servono a finanziare la colonizzazione» ebraica nei territori occupati». E Rafic Husseini, direttore di gabinetto del presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen, ha ricordato che «Gerusalemme sarà la capitale della nostra nazione». I diplomatici presenti, con o senza un boccale in mano, non commentano. Padre Raed, il parroco di Taibeh, è un po’ infastidito dal posto preponderante occupato dalla birra rispetto ai prodotti locali. Non vuole che Taibeh diventi il villaggio «dove i musulmani vengono a bere».
Piccole irritazioni tra birraio e curato, che non mettono in discussione la pace del villaggio. Pace comunque relativa: l’auto di David Khoury nei giorni scorsi è saltata in aria. Come se non tutti a Taibeh fossero convinti dello slogan dei Khoury: «Drink cool, drink palestinian...».
Copyright Le Monde

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