Goldstone, feticcio pacifista, è un serio ostacolo a qualunque trattativa, un nemico della pace 05/10/2009
Richard Goldstone
Cari amici, questa è una cartolina seria. I giornali italiani sono pessimi, in grande maggioranza antisionisti (cioè antisemiti, come ha detto il presidente Napolitano è la stessa cosa). Ma qualche eccezione c'è, brillante e informata, oltretutto: le conoscete tutte e le trovate sempre su questo sito debitamente evidenziate. Sicché chi legge IC più o meno del Medio Oriente sa quel che bisogna sapere, oltre a vedere le deformazioni propagandistiche. Ma ci sono le eccezioni e, almeno fino al momento in cui scrivo questa cartolina non ho visto che si sia dato il peso che merita a un fatto importante, un sintomo su come vanno le cose davvero in quel teatrino dei bluff che sono le trattative fra Israele, gli americani e i palestinesi. Voglio raccontarvi questa notizia semisconosciuta. L'antefatto è notissimo. Sei mesi fa la commissione dei diritti umani dell'Onu (quella caricatura presieduta dalla Libia, vicepresieduta da Cuba e Iran, che ha organizzato le due conferenze Durban e ha dedicato nell'ultimo anno 11 risoluzioni su 12 alla repressione israeliana dei palestinesi, ma niente a Darfur, Cecenia, Cuba, Bielorussia, e ai paesi arabi in generale), ha deciso di costituire una commissione incaricata di accertare le "atrocità" israeliane durante l'Operazione Piombo Fuso: un incarico di un'inchiesta che conteneva già il risultato – bella pratica giudiziaria. Dopo diversi rifiuti, alla presidenza della commissione fu chiamato un giurista sudafricano, tale Goldstone, di origine ebraiche: uno di quegli ebrei collaborazionisti, fieri di essere amici dei nemici di Israele, non si capisce bene se per ambizione carrierista e freddo calcolo, o per quell'odio di sé che porta a sentirsi più buoni facendo del male ai propri fratelli in modo da ottenere l'approvazione di chi, in fondo, ci disprezza. Non ne parliamo se non per dire che oggi è disprezzato da due parti, dagli antisemiti come ebreo e dagli ebrei come traditore. Nella commissione c'erano persone che avevano già espresso condanne pubbliche di Israele per la questione di Gaza, islamisti, di tutto un po'. Giustamente Israele si rifiutò di collaborare con una commissione costruita per linciarlo, ma i lavori andarono avanti lo stesso, in maniera molto pubblicitaria. Alla fine, una ventina di giorni fa, fu emesso in pompa magna un grosso rapporto che naturalmente ignorava tutte le testimonianze anti Hamas raccolte, condannava Israele e raccomandava che se non avesse provveduto da solo a incriminarle, si deferissero le autorità che avevano guidato l'operazione Piombo Fuso (cioè Barak, Livni, Peres, Askenazi, Olmert, alcuni dei più importanti dirigenti di Israele ancora oggi) al Tribunale Criminale Internazionale dell'Aia, quella che ha emesso il mandato di cattura contro il presidente del Sudan (accolto trionfalmente in tutto il mondo arabo e "antimperialista", con cui dopo la condanna si sono incontrati il segretario dell'Onu e anche il nostro Prodi...) ma lo stesso anche che ha condannato la barriera di protezione che ha eliminato gli attenti suicidi in Israele. La mozione per deferire Israele alla Corte fu subito presentata dal rappresentante della Palestina (che veramente non è uno stato e non si capisce come sieda in quel consesso, ma certo non ci meravigliamo di questo). La risposta di Israele fu in primo luogo un motivato rifiuto del rapporto come parziale e settario. Allo stesso tempo Israele poté esibire una attività investigativa e giudiziaria che è stata molto attiva intorno alle attività dell'esercito a Gaza (vi ricorderete le denuncie, naturalmente anonime dell'organizzazione "rompere il silenzio", prima il caso di quella scuola di preparazione per ufficiali legata ai kibbutzim, tutte pazientemente smontate e comunque vi sono parecchie denunce palestinesi alla Corte suprema che si incominciano a esaminare). Il punto vero però non era questo, dato che si tratta di una condanna politica e non davvero giudiziaria. Netanyahu ha fatto notare diverse volte in pubblico che se i criteri di Goldstone facessero giurisprudenza nessuno Stato potrebbe combattere contro l'attività terroristica e in particolare non sarebbero state possibili le due guerre americane del Golfo e neppure la guerra europea del Kossovo – tutte attività che comporterebbero "crimini di guerra" per persone come Clinton, i due presidenti Bush, il nostro D'Alema... Ma l'argomento fondamentale che Netanyahu ha sottolineato è stato ancora un'altro. Se questi principi di Goldstone si affermassero, non ci sarebbe modo di cessare l'occupazione del West Bank. Infatti, per Goldstone se un terrorista non svolge la sua attività proprio isolato nel deserto, con un bel cartello che lo differenzi dalla popolazione civile, è sempre crimine di guerra colpirlo (si potrebbe coinvolgere la popolazione civile). Ora, a distanza di tiro da Gerusalemme, da Tel Aviv, dall'aeroporto Ben Gurion ci sono i territori fittamente abitati. Se Israele li abbandonasse e non avesse modo di reprimere legalmente il lancio di razzi e altre attività terroriste, che senza dubbio potrebbe prodursi, i membri di Hamas e di altre organizzazioni criminali del genere avrebbero modo di fare al cuore di Israele quel che fanno da anni a Sderot, rendendo impossibile la vita dello stato ebraico. Ergo, se il rapporto Goldstone passa, Israele non può fare la pace. Goldstone è contro la pace, aiuta non i settori palestinesi che vogliono (o dicono di volere) la pace, ma i terroristi. E non solo i terroristi in Israele, ma quelli che ci sono e ci saranno in tutto il mondo. Propaganda, direte voi. Magari sì. Ma gli americani, anche i rappresentanti di Obama all'Onu, non proprio il massimo della combattività, si sono schierati dalla parte di Israele. E adesso viene la notizia che i giornali italiani non hanno praticamente dato. Mercoledì scorso, silenziosamente, l'Autorità Palestinese ha ritirato la sua mozione di appoggio a Goldstone, il che ha comportato il rinvio della discussione sul deferimento di Israele di sei mesi, a marzo 2010. Certo, resta la pistola carica, ma il gesto è chiarissimo, e non è stato indolore. C'è stata una reazione furibonda di Hamas e del Fronte Popolare, le dimissioni di qualche ministro dell'Autorità Palestinese, l'accusa di aver abbandonato i gazani. Ma è chiaro che Netanyahu ha ragione e i palestinesi nei fatti lo riconoscono. Se passa Goldstone, la pace non si può fare. Goldstone, feticcio pacifista, è un serio ostacolo a qualunque trattativa, un nemico della pace. Se vuoi sperare nella pace in territori così fittamente intrecciati e così pieni di veleni terroristi, devi lasciare a Israele l'arma della rappresaglia contro il terrorismo. Questo è il senso della scelta palestinese. Ultima considerazione. La mossa palestinese mostra che dietro la cortina di fumo della propaganda, qualcosa va avanti, si vedono prospettive magari lontane di un accordo possibile, o di una convivenza. Nella pratica, le cose si muovono, l'addetramento dei poliziotti palestinesi dà frutti, gli israeliani stanno chiudendo posti di blocco e presidi che certo non si divertono a mantenere. Io non so se la prospettiva di accordo reale o virtuale, buona o cattiva, vicina o lontana. Mi sembra di capire che c'è. E vedo ancora una volta che i "pacifisti" estremisti, o piuttosto i tifosi del terrorismo come gli ultrasinistri di tutto il mondo, dalla Klein a Vattimo ai moinicomunisti di casa nostra, sono un ostacolo alla pace. Del resto non vogliono davvero una pace possibile, ma solo la distruzione di Israele. Non sono pacifisti, ma antisemiti. Capisco inoltre che la giuridificazione dell'attività politica e statuale è pericolosissima per tutti. E che chi vuole che le cose si muovano e magari in futuro si accomodino, deve abbandonare la lawfare come deve abbandonare la warfare, deve rinunciare alla guerra nelle aule giudiziarie come sui campi di battaglia e sulle strade del terrorismo. Quello dei palestinesi è un piccolo segno di saggezza, per una volta la rinuncia alla propaganda in nome della possibilità concreta, che forse lascia intravvedere, lontano lontano, una lucina alla fine del tunnel. O così, per un giorno ottimista, voglio sperare.