lunedi` 21 aprile 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.10.2009 Il traffico d'armi iraniane dall'Africa fino a Gaza
Ma quanti sono i siti nucleari segreti? Due analisi di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 05 ottobre 2009
Pagina: 11
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «L’Iran e le nuove rotte delle armi - Qom apre le porte, ma quanti sono i siti segreti?»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/10/2009, a pag. 11, due articoli di Guido Olimpio titolati " L’Iran e le nuove rotte delle armi " e " Qom apre le porte, ma quanti sono i siti segreti? ". Ecco i due articoli:

" L’Iran e le nuove rotte delle armi "

 Il traffico di armi dall'Iran rifornisce Hamas degli ordigni esplosivi per bombardare Israele

WASHINGTON — Gennaio, area a nord di Khartoum, Sudan. In luogo sicu­ro si incontrano ufficiali dei pasdaran iraniani e contrabbandieri. Discutono sull’invio di armi verso la striscia di Ga­za, materiale destinato ai palestinesi di Hamas. Il vertice — secondo quanto ri­velato da fonti di intelligence al Corrie­re — si trasforma in uno scontro: quat­tro iraniani vengono assassinati in mo­do brutale per una questione di soldi. In quegli stessi giorni caccia e velivoli senza pilota «sconosciuti» distruggono un convoglio di 28 camion nell’area di Port Sudan. Poi tocca ad un mercantile sospettato di trasportare munizioni e lanciagranate. Si scoprirà, dopo alcune settimane, che i raid sono stati condotti dall’aviazione israeliana.
La duplice azione era mirata ad inter­rompere il «corridoio delle armi» in fa­vore dei militanti palestinesi. Una pipe­line alimentata dagli iraniani, decisi a sostenere Hamas ma anche ad allargare la loro influenza nel Continente nero. Come ha affermato il ministro degli Esteri di Teheran, Mottaki, il 2009 è una «pietra miliare» nei rapporti Iran-Africa. È quello che gli esperti chia­mano il safari dei mullah. Un’iniziativa di ampio respiro contrastata da egizia­ni, americani e israeliani. Una partita giocata con agenti segreti, diplomatici, apparati militari e traffici.
Sull’agenda degli ayatollah, scritta
dal dinamico presidente Ahmadinejad, ci sono cinque punti fermi, da consegui­re: 1) Accrescere il peso politico nel «continente più ricco del mondo»; 2) sviluppare rapporti economici; 3) esportare il credo rivoluzionario nelle comunità islamiche d’Africa con l’aiuto dell’Hezbollah libanese; 4) stabilire una presenza militare dove sia possibile; 5) mantenere ed estendere una rotta ma­rittima e terrestre che permetta all’Iran di trasferire armi verso nord e Gaza.
Gli iraniani si sono mossi su due livel­li. Il primo trasparente: una serie di visi­te nel periodo 2008-2009 in paesi come il Kenya, Gibuti, Tanzania, Eritrea, Su­dan per firmare accordi bilaterali d’ogni tipo e mettere radici. Rilevante sotto questo profilo l’intesa con gli eritrei. La marina iraniana avrebbe ottenuto un ap­prodo sicuro nel porto di Assab, in Mar Rosso. E forse, aggiungono oppositori interni, anche l’autorizzazione a schiera­re un piccolo contingente di guardiani della rivoluzione. Con il pretesto di con­trastare la pirateria, Teheran ha inviato nella regione da 2 a 6 navi che, da un
lato, hanno dato la caccia ai corsari, dal­­l’altra hanno creato uno scudo per i mer­cantili dei traffici. Una missione nella quale sono coinvolti nuclei di pasdaran che conducono operazioni di spionag­gio marittimo. Tengono d’occhio la flot­ta occidentale, eseguono attività di intel­ligence elettronico, aprono la rotta ai cargo pieni di armi.
Il secondo livello della manovra è quello clandestino ed ha come piattafor­ma strategica il Sudan, dove sono arri­vati pasdaran del cosiddetto «Africa Corp» a presidio della «stazione» princi­pale nel traffico in favore di Hamas. Il
materiale parte in nave dall’Iran, prose­gue verso l’Eritrea – ecco la ragione del corteggiamento politico - , quindi risale in direzione del territorio sudanese, con Port Sudan come snodo. Da qui pro­seguono verso il Sinai affidati ai clan be­duini che ne assicurano poi il passag­gio finale a Gaza attraverso i tunnel. Fonti dell’opposizione iraniana hanno rivelato che Teheran avrebbe anche rea­lizzato una fabbrica ad hoc per produr­re una versione speciale del missile Fajr 3, smontabile per essere contrabbanda­to con maggiore facilità.
La filiera ha messo in allarme anche
gli egiziani. Il Mukhabarat, l’attento ser­vizio segreto, ha iniziato a indagare con insistenza perché preoccupato di possi­bili contraccolpi interni. Ed ha scoperto due focolai pericolosi. Grazie ai contatti con i contrabbandieri, militanti islami­sti locali hanno ottenuto consigli tecni­ci dai gruppi di Gaza. Alcuni jihadisti egiziani, infatti, sono entrati – sempre attraverso i tunnel – nel territorio pale­stinese, quindi hanno fatto ritorno in Egitto. Non meno pericoloso il network creato dagli Hezbollah filo-ira­niani in collaborazione con l’Armata Qods, l’apparato per le operazioni riser­vate dei pasdaran. Uno di loro giunto al Cairo, nel 2006, con falsi documenti ira­cheni ha stabilito legami con abitanti del Sinai così come con i trafficanti. Do­po una serie di arresti gli 007 hanno ac­certato che, inizialmente, la cellula ave­va pensato di colpire obiettivi israelia­ni. Tra i bersagli considerati i turisti o le navi che risalgono Suez. Poi, i suoi supe­riori gli hanno ordinato di preparare ka­mikaze palestinesi destinati a missioni in Israele.
Lo schema ha attirato l’attenzione dell’intelligence statunitense. Washin­gton, che ha il suo Comando Africa, te­me che il binomio Hezbollah-Iran pos­sa infiltrarsi in altri stati africani. In par­ticolare in quelli della zona occidentale dove vivono da decenni ricche comuni­tà sciite. Presenza assolutamente legitti­ma ma dietro la quale si nascondono, a volte, personaggi a rischio. Un sommer­so spesso in contatto con commercian­ti di pietre preziose d’origine libanese. Alcuni di loro collaborano con l’Hezbol­lah e versano una quota dei guadagni
in favore del movimento.
Accanto agli americani e, in concor­renza, si muovono gli israeliani. Prima degli iraniani hanno costruito rapporti con molti governi africani fornendo lo­ro assistenza per l’agricoltura e, natural­mente, aiuti militari. Una politica di ri­guardo sottolineata da un recente viag­gio nel Continente del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman che ha visita­to Etiopia, Kenya, Uganda, Nigeria e Ghana. Missione alla quale è stato dato un grande risalto dalla stampa di Geru­salemme che l’ha contrapposta aperta­mente all’attivismo iraniano. Così co­me il passaggio in Mar Rosso di sotto­marini israeliani, impegnati in esercita­zioni che gli esperti hanno legato ad un possibile attacco contro l’Iran. Nessuna pubblicità invece alle forniture di armi per l’esercito del Sud Sudan, tenace av­versario di Khartoum. C’è l’embargo Onu in vigore, ma viene spesso violato con grandi guadagni per chi riesce a
piazzare fucili e tank.

" Qom apre le porte, ma quanti sono i siti segreti? "

 Città di Qom

WASHINGTON — Contatti diretti e continua pressione a colpi di scoop per smascherare possibili trucchi. È questa la strategia adottata nei con­fronti dell’Iran. Difficile dire se funzio­nerà. Ieri il direttore dell’Aiea, l’egizia­no Mohammed El Baradei è arrivato per un’importante visita a Teheran de­dicata alla questione nucleare.
Al termine dei colloqui, l’alto funzio­nario ha annunciato: 1) Il 19 ottobre rappresentanti di Francia, Stati Uniti e Iran si incontreranno a Vienna per di­scutere il possibile arricchimento del­l’uranio iraniano in Russia. 2) Il 25 ot­tobre gli ispettori potranno compiere la prima ricognizione nell’impianto nucleare di Qom, la cui esistenza è sta­ta svelata alla vigilia del summit di Gi­nevra.
Dopo i colloqui El Baradei ha tenuto a sottolineare come «il momento sia cruciale» e non ha nascosto le sue «in­quietudini » per il programma atomi­co dei mullah, anche se «non ci sono prove» che stia cercando di produrre la Bomba. Il buffetto e la carezza non hanno certo smosso il presidente Ah­madinejad che, con buona faccia to­sta, ha affermato: «Non ci sono ambi­guità » tra noi e l’Aiea.
In realtà le zone d’ombra esistono e lo stesso El Baradei ha lamentato la mancanza di «trasparenza» da parte dell’Iran. Parole prudenti che si tra­sformano in qualcosa di più allarman­te
grazie a indiscrezioni trapelate nelle ultime ore.
L’Iran — ha scritto ieri il
New York Times – è in possesso dei dati per co­struire un ordigno e sta lavorando per trasformarlo in una testata con la qua­le armare i suoi missili Shahab 3, in grado di raggiungere Israele. Le infor­mazioni, contenute in una bozza di rapporto dell’Aiea mai reso pubblico, in sostanza danno ragione all’analisi di quei paesi (Israele, Germania, Fran­cia) che ritengono che il programma nucleare di Teheran sia ad uno stadio avanzato.
Una conclusione che fino a poco tempo fa era giudicata prematura dal­l’intelligence statunitense e addirittu­ra
ritenuta irreale da El Baradei, che ha smentito l’esistenza del rapporto. Ma i dati raccolti dagli 007 oggi porta­no ad un quadro inquietante. E anche a Washington cominciano a pensare di aver sottostimato le capacità irania­ne. Un dubbio accompagnato da un al­tro quesito: in questi anni gli iraniani quanti altri impianti segreti simili a quelli di Qom hanno realizzato? In questa cornice il sì iraniano alle ispe­zioni a Qom presentato come una grande concessione potrebbe nascon­dere una manovra. Teheran permette di guardare in un sito dove forse c’è ben poco e intanto prosegue a lavora­re altrove.
Chi non si fida per nulla è sicura­mente
Israele che ha più volte ammo­nito la comunità internazionale a non fare il gioco degli ayatollah. Un appel­lo irrobustito da iniziative concrete. Ecco la seconda rivelazione della gior­nata. In occasione dell’ormai famoso «viaggio segreto» a Mosca il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha pre­sentato al Cremlino «prove imbaraz­zanti ». Di cosa si tratta? Una lista di scienziati russi impegnati nel proget­to di ricerca iraniano. Dunque la Rus­sia non solo vende tecnologia e assiste Teheran nella messa a punto della cen­trale di Busher, ma permette ai suoi tecnici di svolgere un ruolo primario.
Per alcuni si tratta di iniziative «in­dividuali », ma gli israeliani ritengono, invece, che gli scienziati non potrebbe­ro farlo senza avere il placet delle auto­rità.

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT