E' morto all'età di 90 anni Marek Edelman, che guidò la rivolta del ghetto di Varsavia. Ne fa un ritratto su REPUBBLICA di oggi, 03/10/2009, a pag.52, Andrea Tarquini, con il titolo " Edelman, l'eroe del ghetto ".
Marek Edelman
L´Europa, la cultura ebraica e mondiale tout court e l´èra contemporanea hanno perso uno degli ultimi grandi testimoni dell´Olocausto, della Resistenza e della Storia. Marek Edelman, il leggendario comandante dell´insurrezione del Ghetto di Varsavia contro l´esercito occupante della Germania nazista, è morto nella sua casa nella capitale polacca. Da almeno due settimane la sua salute si era deteriorata. A 90 anni, si è spento sereno nel suo letto, con a fianco a confortarlo fino all´ultimo le persone che più amava. Alla notizia, radio e tv polacca hanno subito interrotto le trasmissioni per dare l´annuncio. Con Marek Edelman viene a mancare uno dei protagonisti più eccezionali del nostro tempo, "il guardiano", come s´intitola la sua biografia trascritta da Rudi Assuntino e Wlodek Goldkorn. Nato nel 1919 a Homel, oggi in Bielorussia, studente in medicina nel vivace clima della numerosa, colta e attivissima borghesia ebraica della Polonia di prima della guerra e di Hitler, scelse presto l´impegno politico. Si iscrisse da giovane al Bund, cioè il partito socialista ebraico (Allgemeiner Jidischer Arbeiter-Bund in Russland, Lite un Poiln, Partito unito ebraico dei lavoratori in Russia, Lituania e Polonia). Era non lontano dalla capitale il 1° settembre 1939, quando gli Stukas della Luftwaffe e le Panzerdivisionen della Wehrmacht, lanciarono la brutale aggressione alla Polonia che avrebbe scatenato la seconda guerra mondiale. Proprio il 1°settembre scorso, nell´ultima intervista che concesse a Repubblica, ricordò quei giorni tremendi, lucida e serena voce della memoria. «Rammento gli Stukas in picchiata, città e villaggi distrutti, l´accanimento bestiale sui civili…tornai a Varsavia, non trovai più i miei amici e compagni di studi. Misi in salvo i miei pochi averi, fuggii, mi detti alla macchia, mi unii alla Resistenza». Furono momenti tragici, ci narrava la sua voce. «O noi o loro, la cosa più terribile non erano nemmeno i bombardamenti e i massacri, era la sensazione, anche se per il momento sopravvivevi, di essere degradati a Untermenschen, a subumani. E anche loro, i soldati tedeschi, erano ridotti a bestie. Non c´era tempo per pensare alle loro anime: o noi o loro, ogni giorno sopravvivevi e non sapevi fino a quando saresti sopravvissuto». Nella Resistenza europea ed ebraica, Marek Edelman ebbe un ruolo anche politico di primo piano. Convinse il Bund a unirsi alla Zydowska organizacja bojowa, l´organizzazione combattente ebraica. Quando cominciò nel 1943 l´insurrezione del Ghetto di Varsavia, ne fu il vicecomandante, e il primo sul campo, secondo solo al massimo responsabile politico Anjelewicz. Anjelewicz si tolse la vita per sfuggire alla Gestapo, Edelman al comando di gruppi di partigiani ebraici riuscì a fuggire attraverso le fogne e si unì ai partigiani polacchi. Costituì gruppi armati del Bund e nell´agosto 1944 combatté di nuovo, questa volta nell´insurrezione dell´Armia Krajowa, l´esercito partigiano conservatore che schierava a fianco degli Alleati più soldati di quelli di de Gaulle. Nel dopoguerra, decise di restare in Polonia nonostante la nuova oppressione imposta da Stalin e l´antisemitismo spesso incoraggiato dalla dittatura. Fu un medico straordinario a Lodz, la Manchester polacca, antico centro della rivoluzione industriale, e scrisse numerosi libri sulla Resistenza e l´Olocausto. Molti lo odiavano: antisemiti d´ogni sorta, e antisemiti al potere a Varsavia. Come il potente ministro dell´Interno del dittatore Wladyslaw Gomulka, Mieczyslaw Moczar, che quando scoppiò nel 1968 (a marzo, due mesi prima che a Parigi) la rivolta studentesca polacca, reagì con una spietata purga, cacciando gli ultimi ebrei dal paese. Edelman fu licenziato, per la seconda volta, dall´ospedale. Quando poi, nel 1976, il dissenso guidato da Jacek Kuron, Adam Michnik e altri fondò contro la repressione antioperaia il Comitato di difesa dei lavoratori (Kor) lui si impegnò al loro fianco. Dopo il golpe di Jaruzelski fu più volte arrestato. Divenne poi uno dei più ascoltati consiglieri di Solidarnosc, una delle massime menti laiche dell´opposizione democratica, e partecipò alla Tavola rotonda, il negoziato del 1989 tra Solidarnosc e la giunta militare-comunista del generale Wojciech Jaruzelski. Fu uno degli artefici dell´idea che scaturì da quel Tavolo: la trattativa per una transizione non violenta dal socialismo reale alla democrazia, sull´esempio della Spagna dopo la morte di Franco. Dal 1989, l´anno della svolta in cui si tennero in Polonia le prime elezioni semilibere dell´allora blocco sovietico, al 1993, fu anche deputato alla Dieta. Quando Helmut Kohl visitò Varsavia tornata democratica, lui lo guidò in visita nell´ex Ghetto: «Vede, cancelliere, là affrontammo la Wehrmacht». Nel 1998 il presidente Aleskander Kwasniewski, ex comunista e quindi sua ex controparte alla Tavola rotonda, lo insignì dell´ordine dell´Aquila, la massima onorificenza polacca. Il breve periodo del nazionalpopulismo dei gemelli Kaczynski fu pesante anche per lui, ma "il comandante", come chi lo conosceva lo chiamava con affetto rispettoso e riverente, non si scoraggiava mai. Continuava a dire la sua, e sopravvisse (con la vittoria del liberal Donald Tusk) al loro potere. Fino all´ultimo, fu un uomo del dialogo. Anche verso la Germania: «Hanno saputo cambiare, sono un altro paese», ci disse tante volte, l´ultima volta proprio il 1° settembre, commosso dal discorso-mea culpa di Angela Merkel. La sua ultima gioia è stata pubblicare un libro sull´amore e l´erotismo, "E c´era l´amore nel ghetto". Tra poche settimane uscirà da Sellerio in italiano.
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