Come i terroristi islamici entrano in Europa. Sul CORRIERE della SERA di oggi, 03/10/2009, a pag.25, l'analisi di Guido Olimpio, dal titolo " La via greca dei qaedisti libanesi decisi a seminare il terrore in Europa ".
lo sceicco Shaker al Absit, fondatore di Fatah Al Islam
WASHINGTON — Il suo nome è Mohammed Musa, alias Abu Muslim. Dirigente del gruppo qaedista libanese Fatah Al Islam, si è trasferito da alcuni mesi in Grecia insieme ad un nucleo di militanti. I suoi capi gli hanno affidato un compito speciale: creare una base logistica dalla quale lanciare attacchi terroristici nel Paese e nel resto d’Europa.
L’operazione — secondo quanto rivelato da fonti libanesi — ha preso le mosse mesi fa. Gli estremisti di Fatah Al Islam, gruppuscolo formatosi nel 2006 e duramente represso, hanno deciso di rialzare le loro quotazioni e di sollecitare l’investitura di Al Qaeda con azioni fuori dal teatro tradizionale. La missione è passata nelle mani di Mohammed Musa, un terrorista che ha dimostrato le sue doti di pianificatore con uno spettacolare attentato contro il comando dell’intelligence a Damasco nel 2008.
L’emissario di Fatah ha quindi raggiunto la Grecia e affittato appartamenti sicuri dove si sono nascosti i primi mujaheddin. All’inizio figure di medio livello, quindi esperti in sabotaggio. Per favorire gli spostamenti, alcuni corrieri hanno portato in Libano e Siria passaporti greci e di altri Paesi europei. Documenti falsificati o rubati poi utilizzati nel viaggio di ritorno dagli estremisti. Alcuni di loro sono rimasti in Grecia, altri si sono sparpagliati in Europa e forse anche in Marocco. Una cellula, infine, si è mossa verso la regione scandinava, sfruttando la tradizionale accoglienza in favore degli immigrati e una vigilanza ridotta da parte delle autorità locali.
Stabilito l’avamposto, i terroristi – aggiungono le fonti libanesi – sono entrati nella fase della ricognizione. E per questo, sempre grazie a documenti «buoni», hanno viaggiato a lungo attraverso l’Europa. Tra gli obiettivi considerati: il trasporto aereo, uffici governativi e luoghi simbolo. E’ probabile che passeranno alla terza fase — l’attacco — una volta che sarà arrivato Abd Al Ghani Jawhar, considerato dall’intelligence di Beirut un mago delle bombe. L’artificiere sarebbe ancora in Medio Oriente, pronto a trasferirsi in Grecia.
Il «sentiero ellenico» non è stato scelto a caso dai dirigenti di Fatah. Uno dei suoi personaggi più in vista, il siriano Abu Adnan, ha vissuto a lungo nel Paese, dove ha stabilito una buona rete di contatti. La Grecia — ha suggerito — è il trampolino ideale: c’è instabilità politica, la polizia deve preoccuparsi del rinascente terrorismo interno, con un passo siamo in Oriente (Turchia) e con l’altro nel cuore dell’Europa. Adnan avrebbe forse dovuto partecipare alla campagna ma lo hanno catturato alla fine di giugno in Libano. Sottoposto a duri interrogatori ha fornito informazioni cruciali sul network realizzato dal suo gruppo e sui piani futuri. Se fino ad ora la rete non è stata ancora toccata – spiegano ambienti della sicurezza — è perché è molto «chiusa » e protetta.
Adnan ha rivelato che il Fatah vuole unire due fronti. Il primo è quello nel Vicino Levante (Siria-Libano) dove ha come bersagli l’Unifil e i cittadini stranieri. Il secondo è l’Europa. Un salto di qualità per dimostrare che l’oscura fazione merita la benedizione della casa madre — che l’ha sempre guardata con sospetto — e smentire quanti la considerano una banda di avventurieri, pronti a mille giochi. Una cautela giustificata dalle origini del micro-movimento. Il Fatah Al Islam è spuntato dal nulla nel nord del Libano, frutto di un patto di convenienza — poi naufragato — tra i servizi segreti siriani e integralisti di varia origine (molti sauditi, kuwaitiani, palestinesi).
A giudizio di altri esperti, invece, i terroristi sono uno strumento nelle mani dell’Arabia Saudita. Praticamente sconosciuti, hanno conquistato i titoli con una disperata rivolta, nel 2007, nel campo profughi libanese di Nahr El Bared. Spazzati via a colpi di cannone, hanno cercato di rinascere nonostante la perdita di pezzi importanti e del fondatore, lo sceicco Absi, fatto sparire dai siriani.
Rotti definitivamente i rapporti con Damasco — un distacco segnato da un’autobomba contro gli 007 — il gruppo ha trovato rifugio nel Libano sud sotto la guida di un nuovo «sheikh», Abd Al Rahman Awad. L’emiro ha attirato reclute e cercato finanziamenti puntando sulle attività criminali. Il traffico di clandestini, unito a quello di documenti, si è rivelato un formidabile mezzo per portare i mujaheddin in Europa.
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