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Il Manifesto Rassegna Stampa
25.09.2009 Fare attenzione a dove mettono le virgolette
Una chiave di lettura del giornale trinariciuto

Testata: Il Manifesto
Data: 25 settembre 2009
Pagina: 9
Autore: Michelangelo Cocco
Titolo: «Netanyahu arringa l'Onu: ora dovete fermare l'Iran»

Sul MANIFESTO di oggi, 25/09/2009, a pag.9, l'articolo di Michelangelo Cocco dal titolo " Netanyahu arringa l'Onu: ora dovete fermare l'Iran ". Per capire dove Cocco va a parare basta vedere dove mette le virgolette. Lì sta il suo pensiero. Lo sappiamo che così ci si deve sorbire l'intera lettura, ma conoscere le posizione dell'avversario aiuta a prevenirla.


Ecco il pezzo:

Alla platea del Palazzo di vetro ha mostrato anzitutto un documento ufficiale della conferenza di Wannsee con la quale la leadership della Germania nazista pianificò, nel 1942, il genocidio degli ebrei. Poi ha sventolato una copia della mappa dei campi sterminio di Auschwitz e Birkenau con la firma di Heinrich Himmler, il vice di Hitler. Così Benyamin Netanyahu ha iniziato ieri pomeriggio il suo discorso davanti all’Assemblea generale delle Nazioni unite (Onu) riunita a New York. Unamossa a effetto con la quale il premier israeliano ha replicato al negazionismo rispolverato negli ultimi giorni daMahmoud Ahmadinejad, che mercoledì aveva aggiunto davanti allo stesso consesso che «non è possibile che una piccola minoranza domini la politica, l’economia e la cultura mondiale ». Ma soprattutto Netanyahu ha inteso criticare i rappresentanti di quegli stati che il giorno prima non avevano abbandonato l’aula in segno di protesta nei confronti del presidente iraniano. Il capo del governo ha provato a convincere il mondo che è arrivato il momento di fermare la Repubblica islamica, che Israele ritiene stia cercando di dotarsi dell’arma nucleare: «La sfida più urgente che oggi questo organismo si trova ad affrontare è quella di evitare che i tiranni di Tehran si procurino armi nucleari». E ancora: «Non crediate che quest’uomo( Ahmadinejad) e il suo regime minaccino solo gli ebrei» ha scandito nel suo inglese fluente il leader del Likud il principale partito della destra israeliana. Netanyahu si è scagliato anche contro la Commissione Goldstone, che con il suo recente rapporto ha accusato Tel Aviv di «crimini di guerra» a Gaza (oltre 1.400 palestinesi uccisi tra il 27 dicembre 2007 e il 18 gennaio 2009) e il Consiglio dei diritti umani dell’Onu, entrambi organismi che sarebbero colpevoli di mettere sullo stesso piano «i terroristi» e chi (Israele secondo Netanyahu) cerca di difendere «con operazioni chirurgiche» la propria popolazione attaccata «con lanci di missili». A Tehran governa il «fanatismo religioso » e «la lotta contro l’Iran contrappone la civiltà alla barbarie» di un regime «alimentato da fondamentalismo estremista», ha aggiunto in un discorso i cui toni hanno riecheggiato il paradigma dello «scontro di civiltà», accantonato dalla nuova Amministrazione statunitense ma sempre attualissimo per l’esecutivo di ultra destra guidato da Netanyahu. Per il premier - secondo il quale «la storia potrebbe essere capovolta se il fanatismo primitivo si dotasse di armi di distruzione di massa» ma che non ha detto cosa farebbe il suo governo se l’Onu non agisse contro Tehran - il programma nucleare iraniano ha un chiaro obiettivo militare e bisogna perciò bloccarlo. Il cosiddetto «5+1» - i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu con l’aggiunta della Germania - aspettano, in occasione dell’incontro del 1 ottobre prossimo, la risposta iraniana al loro aut aut: o sospensione dell’arricchimento dell’uranio o sanzioni contro Tehran. Ma proprio sulla punizione da infliggere alla Repubblica Islamica i governi sono divisi. In favore di una quarta serie di misure (questa volta dure) contro Tehran si sono espressi nelle ultime ore il premier britannico Gordon Brown, il presidente francese Nicolas Sarkozy (ma solo dopo l’eventuale fallimento di un ulteriore tentativo di dialogo) e la cancelliera tedesca AngelaMerkel. Washington, Londra e Berlino ipotizzano di colpire le importazioni di carburante dalle quali l’Iran - quinto produttore mondiale di greggio ma con scarse capacità di raffinarlo - dipende per il 40% dei suoi bisogni energetici. Mail comunicato del «5+1» dell’altro ieri non menziona misure specifiche. E se mercoledì il presidente russo Dmitry Medvedev aveva dichiarato che «le sanzioni sono raramente efficaci,ma a volte inevitabili» la posizione di Mosca resta invariata: niente sanzioni dure in mancanza di prove schiaccianti che Tehran stia cercando di dotarsi di armi nucleari. Ancora più negativa la posizione di Pechino che - secondo quanto rivelato l’altro ieri dal Financial times - starebbe fornendo a Tehran «tra 30.000 e 40.000 barili di petrolio al giorno». «Crediamo che le sanzioni e le pressioni non rappresentino il mezzo per risolvere i problemi e non agevolino gli attuali sforzi diplomatici sulla questione del nucleare iraniano» ha dichiarato ieri Jiang Yu, portavoce del ministero degli esteri cinese. Nel suo discorso davanti all’Assemblea generale, mercoledì pomeriggio (notte in Italia) il presidente Ahmadinejad aveva evitato riferimenti diretti alla questione del nucleare iraniano. «La nostra nazione è pronta a stringere calorosamente lemani di tutti coloro che ce le tenderanno in maniera onesta» aveva detto Ahmadinejad. Con un comunicato ieri la rappresentanza iraniana all’Onu ha reso noto che «la Repubblica islamica dell’Iran ribadisce la sua pronta disponibilità a impegnarsi in negoziati seri e costruttivi con le parti interessate - è scritto nella nota -. Al tempo stesso crediamo che, come pre-condizione per il successo dei negoziati futuri, futili e illegali richieste degli anni passati, che hanno dimostrato di non essere di alcuna utilità, debbano essere abbandonate.

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