Irving Kristol, una biografia. Di Christian Rocca L'epopea culturale del pensiero neocon
Testata: Il Foglio Data: 22 settembre 2009 Pagina: 5 Autore: Christian Rocca Titolo: «La neoamerica di Irving K.»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 22/09/2009, a pag. III, l'articolo di Christian Rocca dal titolo " La neoamerica di Irving K. ".
Irving Kristol
Irving Kristol, scomparso venerdì sera in Virginia all’età di 89 anni, era il padrino, “the godfather”, del cosiddetto movimento neoconservatore americano. E’ stato il primo intellettuale liberal, cioè di sinistra, con un lontanissimo passato radicale, addirittura vagamente trotzkysta, anche se in funzione antistalinista, ad accettare tra lo sconcerto di amici e colleghi la definizione non proprio benevola di “neoconservatore” coniata nel 1973 dal sociologo Michael Harrington, sulla rivista di sinistra Dissent. Per Harrington si trattava di un insulto, nato per etichettare un gruppo di intellettuali liberal newyorchesi, riuniti intorno alle riviste Public Interest e Commentary e capitanati da Kristol e Norman Podhoretz, accusati di eccedere nella polemica contro la piega illiberale che stava prendendo la sinistra americana, al punto da essersi trasformati di fatto in conservatori, anzi in nuovi conservatori. L’etichetta “neocon” a Kristol, uomo scettico, ma gioioso, piacque molto e la fece sua aggiungendo che “un neoconservatore è un liberal che è stato aggredito dalla realtà”, ovvero un intellettuale di sinistra che, sulla base dell’esperienza, non crede più alle utopiche politiche di ingegneria sociale elaborate dal mondo progressista. In realtà un neocon non è nemmeno un conservatore tradizionale, non è affatto convinto – come il liberista Friedrich Hayek – che il mercato possa risolvere tutto e che l’intervento pubblico e lo stato sociale conducano necessariamente alla servitù. Uno dei libri di Kristol si intitola “Two cheers for capitalism” – due hurrà, invece dei canonici tre, per il capitalismo – perché è vero che non gli piaceva affidare al Welfare state tutti i servizi pubblici, ma riteneva naturale e anzi inevitabile che lo stato garantisse la sicurezza sociale dei suoi cittadini. Il profilo del neoconservatore originario è quello di un ex militante di sinistra, anticomunista, capitalista, contrario all’invadenza dello stato ma favorevole a un welfare minimo e ai valori della famiglia, qualcuno orgoglioso della propria patria e fiducioso nell’uso del potere della forza per promuovere e difendere gli ideali americani di democrazia e libertà in giro per il mondo. In quei primi anni Settanta, Irving Kristol era l’unico del ristretto gruppo di liberal, non ancora neocon, ad aver già compiuto un passo inaudito fino a pochi mesi prima, cioè votare, sia pure turandosi il naso, per il repubblicano Richard Nixon invece che per il radicaleggiante demagogo di sinistra George McGovern (gli altri si sono convinti a votare repubblicano soltanto al secondo mandato di Ronald Reagan, se non più recentemente con George W. Bush). Il Partito repubblicano di allora, stando alla definizione di Kristol, era il “partito stupido”, quello senza idee per antonomasia. Il ruolo del padrino dei neocon è stato quello di fornire contenuti moderni al mondo conservatore, fino a farlo tornare un partito intelligente. Kristol è stato un formidabile polemista, a cominciare dalla rubrica di opinioni ospitata sulle pagine del Wall Street Journal e da migliaia di articoli su molte altre pubblicazioni, ma è stato soprattutto un grande provocatore culturale e animatore di un ampio network intellettuale. Quasi tutti i pensatori conservatori degli ultimi quarant’anni compresi molti che oggi stanno sulla sponda opposta – come Mark Lilla, Michael Lind, Jacob Heilbrunn e Francis Fukuyama – hanno avuto a che fare con lui, hanno lavorato alle sue riviste, hanno ricevuto finanziamenti e incoraggiamenti dai suoi centri studi. Negli anni Cinquanta, Kristol è stato il fondatore in Gran Bretagna di Encounter, la rivista che con Tempo Presente di Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte ha avuto un ruolo non secondario nella battaglia culturale contro il comunismo sovietico. E poi di Reporter, soprattutto di Public Interest, la rivista che ha diretto per 40 anni, e di National Interest. Public Interest, malgrado la scarsa diffusione, è stata la palestra principale del pensiero liberal diventato neoconservatore, il luogo dove il movimento si è consolidato e da dove sono usciti gli uomini, le idee e le politiche pubbliche che hanno dominato la vita politica americana per quattro decenni, dal tagliare le tasse per stimolare l’economia alla tolleranza zero nelle città. National Interest è la rivista dove sono state sviluppate le idee di politica estera, anche se per Kristol “non esiste alcuna forma definita di dottrina neoconservatrice sulla politica estera, ma soltanto una serie di atteggiamenti derivati dall’esperienza storica”. In realtà è stato lo stesso Kristol, nel 2003, a spiegare i quattro pilastri degli “atteggiamenti” neoconservatori in politica estera: il patriottismo come elemento sano della società e tipicamente americano; lo scetticismo sulle ipotesi di governo mondiale, foriere di tirannie globali; la capacità di distinguere i buoni dai cattivi e gli amici dai nemici; l’interesse nazionale inteso oltre le questioni materiali e di confine, fino a comprendere per una nazione ideologica come l’America l’obbligo di difendere, se possibile, la democrazia e la libertà ovunque siano minacciate. Non ci sono state soltanto le riviste di Kristol ad aver infiammato il nuovo mondo conservatore americano, ma anche il suo ruolo di presidente di Basic Books, la casa editrice dei bestseller della nuova destra, e di rianimatore di quel sonnolento centro studi American Enterprise Institute che successivamente ha fatto la storia politica degli Stati Uniti. La longa manus di Kristol si è cominciata a vedere al governo negli anni della presidenza Reagan ed è tornata di moda durante i due mandati di Bush junior, il presidente che nel 2002 gli ha conferito la Medaglia della libertà, la più alta onorificenza civile americana. Ma l’influenza di Kristol e del pensiero neocon si sente anche in luoghi inaspettati come al governo di Gordon Brown. Il premier laburista britannico, infatti, è un grande estimatore di Gertrude Himmelfarb, detta Bea, studiosa dell’età vittoriana, sostenitrice dell’idea britannica, e poi americana, di mettere sullo stesso piano “libertà e senso morale della società” come elementi entrambi necessari per un vero progresso sociale ma, soprattutto, moglie e sodale intellettuale di Kristol. Gordon Brown la considera una “bussola morale” e l’ha messa nel suo Pantheon personale insieme con Milton, Locke, Voltaire, John Stuart Mill, Tocqueville, Orwell e Churchill, citandola continuamente nei suoi discorsi sulla libertà, invitandola a Downing Street e scrivendo la prefazione al suo ultimo libro, “The Roads to Modernity” (2004), giudicato “uno dei più importanti saggi degli ultimi anni”. Kristol ha sempre spiegato che il neoconservatorismo non è un partito, non è un movimento in senso tradizionale, non è un gruppo di ex radicali intenti alla rivoluzione permanente né una cabala di seguaci del filosofo Leo Strauss, tanto meno una lobby di potere o di guerrafondai o di sionisti come sostengono i suoi più strampalati avversari. Il neoconservatorismo, secondo chi l’ha inventato, è una “persuasion”, un modo di pensare, una convinzione, un punto di vista “che si manifesta di tanto in tanto, ma in modo discontinuo”. E’ un modo di pensare pragmatico, tipicamente americano, attento a sottolineare come dietro le solide realtà delle scienze sociali e dell’economia ci siano anche altrettanto solide realtà della morale, della famiglia, della cultura e della religione, quali “consuetudini della mente e del cuore”, secondo la definizione di Alexis de Tocqueville, che determinano la qualità e il carattere sociale di un popolo e di una nazione. Ed è per questo che i neoconservatori non sono mai stati in buoni rapporti con la destra liberista interessata prevalentemente alle dinamiche economiche e non alla cultura della società. L’esito di questa rivoluzione nel mondo conservatore, ha scritto Kristol, è stata la creazione di “un’alleanza alquanto inaspettata tra i neoconservatori tra i quali figurano un buon numero di intellettuali laici, e i tradizionalisti religiosi”, perché entrambi “sono interessati alla qualità dell’istruzione, ai rapporti tra chiesa e stato, alla regolamentazione della pornografia e così via, tutte cose considerate pienamente degne dell’attenzione del governo”. L’epopea socialista di Kristol – nata negli anni Quaranta all’Alcove 2 del City College di New York, dove si riunivano i giovani trotzkysti della Quarta internazionale che si opponevano agli stalinisti riuniti alla caffetteria dell’Università Alcove One – è durata molto poco, ma il giovane Kristol non si è convertito al libero mercato per ragioni economiche, piuttosto perché si è convinto che il grande successo e la longevità del capitalismo avessero a che fare con la moralità e la giustizia della tradizione giudaico- cristiana, più che con la qualità delle merci prodotte. Qualsiasi filosofia economica, secondo Kristol, deve puntare sulla crescita economica, “la conditio sine qua non per la sopravvivenza della democrazia moderna”, ma allo stesso tempo non può fare a meno di considerare anche “la filosofia politica, morale e il pensiero religioso”, anch’esse condizioni necessarie per la sopravvivenza di una democrazia moderna. Il neoconservatorismo non è nato a destra, ma ha trasformato la destra. I neoconservatori di oggi non sono più i liberal assaliti dalla realtà dei tempi di Irving Kristol, piuttosto “i conservatori assaliti dalla realtà dell’11 settembre” di cui parla Bill Kristol, direttore del Weekly Standard ed erede politico e intellettuale di suo padre Irving. I conservatori, insomma, malgrado siano tradizionalmente scettici riguardo alle avventure militari fuori dai confini nazionali, sono diventati i più sinceri sostenitori della necessità di sconfiggere il nemico jihadista che minaccia l’occidente. La mutazione avviata da Irving Kristol s’è completata e l’attenzione della nuova generazione di neocon, causa 11 settembre, si è spostata dai temi di politica sociale, ormai assorbiti anche da buona parte del mondo liberal, principalmente a quelli di politica estera.
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