Perchè è necessario aumentare gli sforzi in Afghanistan Due analisi dal Foglio
Testata: Il Foglio Data: 22 settembre 2009 Pagina: 3 Autore: La redazione del Foglio Titolo: «Il rapporto che giustifica il surge militare in Afghanistan - Al piano europeo per la transizione afghana mancano le forze»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 22/09/2009, a pag. 3, due articoli titolati " Il rapporto che giustifica il surge militare in Afghanistan " e " Al piano europeo per la transizione afghana mancano le forze ". Ecco gli articoli:
" Il rapporto che giustifica il surge militare in Afghanistan "
Stanley McChrystal
Washington. “Success is achievable”. La guerra in Afghanistan contro i talebani si può vincere, scrive il comandante americano Stanley McChrystal nel suo rapporto. Le sessantasei pagine sono prima arrivate sulla scrivania del segretario alla Difesa, Robert Gates, il 30 agosto scorso, e ora sono su quella del presidente Barack Obama. Secondo lo schema consueto, i media hanno scelto di isolare due soli temi dal resto: “Si rischia la sconfitta” e “abbiamo bisogno di più truppe”. Entrambi sono naturalmente veri. Se la guerra non sarà vinta, sarà persa – una tautologia che non è la parte più interessante del rapporto. La richiesta di più soldati era già stata fatta trapelare in anticipo dallo staff del generale, così da mettere in moto per tempo la discussione pubblica. Il rapporto è nuovo su altri punti. All’inizio fulmina due luoghi comuni che ormai inquinano tutti le analisi sull’Afghanistan. La guerra non si deciderà in un nebuloso lungo termine, come si continua a ripetere sui giornali e alla televisione: si decide invece sul breve, brevissimo termine di dodici mesi. Non i cinque, dieci, trent’anni che abbondano sulla bocca degli analisti. “Passati i dodici mesi – scrive McChrystal – si rischia uno scenario dove sconfiggere la insurgency non sarà più possibile”. Il secondo luogo comune è il confronto con l’occupazione sovietica, finita in una catastrofica ritirata. Si citano le parole del ministro della Difesa afghano Wardak: “Rifiuto il mito avanzato dai media che l’Afghanistan è ‘la tomba degli imperi’ e che lo sforzo di Nato e America sia destinato al fallimento. Gli afghani non considerano gli americani come occupanti, anche se questo è il punto principale della campagna di propaganda del nemico. Al contrario dei russi, che imposero un governo con un’ideologia aliena, voi ci avete messi in condizione di scrivere una Costituzione democratica e di sceglierci il nostro governo. Al contrario dei russi, che distrussero il nostro paese, voi siete venuti per ricostruire”. Il punto più discusso è, ovviamente, la necessità di inviare in Afghanistan altri soldati. McChrystal spiega che “sono necessarie risorse ulteriori, ma concentrarsi sulle forze o sulle risorse richieste manca il punto completamente. L’argomento centrale di questo rapporto è il bisogno urgente di un cambiamento significativo nella nostra strategia e anche nel modo in cui pensiamo e operiamo”. Il rapporto ricalca la strategia di counterinsurgency già sperimentata dal generale Petraeus in Iraq, anche se tra i due teatri ci sono differenze. Quindi: concentrarsi sul proteggere la popolazione afghana e sull’eventuale riconciliazione con gli elementi più malleabili della guerriglia, e non invece sulla loro eliminazione. Tutti elementi già incorporati nella strategia americana: il numero di traduttori aumenta, per intendersi meglio con i civili – “preferirei mille esperti di dari e pashto in più a due nuove divisioni”, ha detto il generale – e ci sono nuove regole d’ingaggio sui bombardamenti, molto più rigide rispetto al passato, perché è meglio lasciar scivolare tra le maglie qualche talebano che rischiare di colpire la popolazione. Il recente raid aereo a Kunduz, nel nord del paese, è stato guidato dai tedeschi, e non dagli americanie: McChrystal è arrivato il giorno dopo a fare il giro degli ospedali e ad arrangiare le compensazioni per le famiglie dei colpiti. Per ottenere questa rivoluzione in corso d’opera, il comandante vuole una nuova catena di comando Isaf, più unificata. Anche se sa che gli europei sono recalcitranti. Il rapporto contiene anche gli acronimi adottati dal gergo militare americano destinati a entrare nell’uso degli analisti. Le reti dei nemici sono tre. I talebani storici della Shura di Quetta che fanno capo al mullah Omar: Qst. Il network terrorista di Haqqani: Hqn. Il gruppo islamista di Gulbuddin Hekmatyar: Hig.
" Al piano europeo per la transizione afghana mancano le forze "
Bruxelles. Il generale Stanley McChrystal vuole un altro surge di truppe in Afghanistan, ma l’Europa vuole concentrarsi sulla “complementarietà dell’azione civile per alleggerire la sua presenza militare”, dice al Foglio una fonte diplomatica. I 27 stanno discutendo di un “surge civile”, attraverso l’addestramento delle forze di polizia, spiega questo ambasciatore dell’Unione europea che vuole rimanere anonimo. Il surge civile è il succo della “strategia della transizione”, di cui ha parlato anche il premier italiano, Silvio Berlusconi, dopo l’attacco contro i soldati italiani a Kabul. E’ il cuore del piano in “dieci passi” per ritirarsi dall’Afghanistan in quattro anni che il ministro degli Esteri tedesco e candidato socialdemocratico alla cancelleria, Frank Walter Steinmeier, ha scritto in fretta e furia in vista delle elezioni politiche di domenica. E probabilmente sarà al centro dell’ennesima conferenza internazionale per l’Afghanistan, chiesta da Francia, Regno Unito e Germania per fissare una nuova strategia con “obiettivi temporali per un quadro comune della fase di transizione”. Se McChrystal chiederà agli europei di contribuire, “non ci sarà molta disponibilità”, dice il colonnello Christopher Langton dell’International Institute for Strategic Studies di Londra. “Se invece la richiesta è di più truppe per addestrare le forze di sicurezza afghane, c’è la possibilità che alcuni paesi si facciano avanti”. Il surge civile è l’alibi dietro cui gli europei si sono nascosti per non rispondere alle richieste delle Amministrazioni Bush e Obama di inviare più truppe. “Occorre passare da una forte presenza militare a una forte presenza civile”, ha detto il ministro degli Esteri svedese e presidente di turno dell’Ue, Carl Bildt. Per l’Ue è necessario rafforzare i “mezzi civili, politici e economici” per costruire “uno stato di diritto, meccanismi di governance e di lotta contro la corruzione”. L’Ue è già impegnata in Afghanistan con una missione di addestramento delle forze di polizia (Eupol), che gli esperti giudicano fallimentare. Nella sua valutazione del conflitto, McChrystal scrive che l’Afghan National Police (Anp) “soffre di mancanza di addestramento”. Lanciata nel giugno del 2007 sotto comando tedesco, Eupol era già stata bocciata da Robert Gates: “Lo sforzo europeo sull’addestramento della polizia è, per essere diplomatico… deludente”, aveva detto il segretario alla Difesa nel dicembre dello stesso anno. L’Ue è corsa ai ripari annunciando nel 2008 il raddoppio della missione a 400 addestratori, ma al 15 settembre scorso il numero di funzionari internazionali di Eupol è fermo a 269 (170 ufficiali di polizia, 19 giuristi e 80 esperti civili). Ora McChrystal ritiene che, entro un anno, l’Anp debba passare dai circa 80 mila uomini attuali a 160 mila unità. La Germania si è impegnata a raddoppiare i suoi uomini in Eupol, ma per il viceministro dell’Interno, Peter Altmeier, mancano i volontari perché “l’Ue ha così tante missioni di polizia internazionali che scelgono luoghi più sicuri dell’Afghanistan”. In novembre, la Francia dovrebbe inviare 150 gendarmi, ma ancora non è chiaro se dipenderanno dalla Nato o dall’Ue. Il governo di Kabul ha messo sotto accusa i metodi di addestramento: gli europei fanno lezioni teoriche nelle classi, senza accompagnare le forze di polizia nelle strade, per i troppi rischi che correrebbero carabinieri, gendarmi e poliziotti europei. “La polizia afghana è intrappolata da un groviglio di burocrazia inter-europea. Se chiediamo dieci poliziotti a Eupol, Eupol deve chiedere agli stati membri. Se uno stato membro dice ‘no’, che cosa possiamo fare noi afghani?”, chiede l’ex viceministro dell’Interno Hadi Khalid nell’ultimo numero di TerrorismMonitor della Jamestown Foundation. “Gli europei ci dicono che la nostra polizia è civile e non deve combattere contro il terrorismo, perché non è parte del nostro lavoro, ma un compito esclusivo dell’esercito afghano e della Nato”.
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