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Il Manifesto Rassegna Stampa
22.09.2009 Gli arabi possono convivere con gli ebrei, non viceversa
Michele Giorgio e il suo articolo boomerang

Testata: Il Manifesto
Data: 22 settembre 2009
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «L'ultima tentazione, vivere col nemico»

Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 22/09/2009, a pag. 9, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " L'ultima tentazione, vivere col nemico ".

Ci auguriamo che le frasi riportate non siano da para-intervista, come ci ha insegnato  Udg, nel senso che si riprendono dichiarazioni uscite sui giornali facendole passare per interviste. In più i virgolettati di Giorgio sono anonimi, quindi non verificabili. La morale è questa: gli ebrei consentono agli arabi di vivere con loro, gli arabi no.
Sul MANIFESTO, stessa pagina, un articolo dal titolo " Palestina,vertice a tre, ma nessuno ci crede " che non riprendiamo perchè è la solita litania nella quale è sempre Israele a dover dire sì, mentre ai palestinesi è dato diritto totale di chiedere sempre tutto. Nessuna meraviglia se non ottengono niente. Ecco l'articolo di Michele Giorgio:

 Michele Giorgio

«Come viviamo a Pisgat Zeev? ». Maher riflette qualche secondo prima di rispondere. «Mah, bene - dice - anche se abbiamo pochissimi contatti con i nostri vicini. Qualcuno ha capito che siamo palestinesi e ci evita, altri invece ci tollerano».Maher, palestinese di Gerusalemme, ci ha chiesto di non rivelare il suo cognome. Da due anni risiede con la famiglia in un appartamento della colonia ebraica di Pisgat Zeev, costruita a ridosso della zona araba (Est) della città. Fino a pochi anni fa, un palestinese non avrebbe mai scelto di stare in una colonia, assieme ai «settler» che occupano la zona destinata a diventare la capitale del futuro Stato di Palestina. Nel migliore dei casi sarebbe stato accusato di essere un «collaborazionista » di Israele. «Ma oggi le cose stanno cambiando - sostiene Maher -, a Gerusalemme Est non ci sono case disponibili, costruirne una costa troppo e gli israeliani raramente concedono i permessi edilizi. Perme venire qui è stata una scelta obbligata». Non sono noti i dati ufficiali del 2008 sulla presenza di palestinesi nelle colonie ebraiche costruite nel settore di Gerusalemme sotto occupazione dal 1967. Quelli del 2007, resi noti dall’Israel center for Jerusalem studies, evidenziano un fenomeno che non è più marginale. Dei 42mila abitanti di Pisgat Zeev circa 1.300 sono palestinesi, oltre 800 i palestinesi che vivono tra i 7mila residenti della Collina Francese e altri 600 risiedono a Neve Yaakov. Una «presenza» passata inosservata per lungo tempo e che comincia a «preoccupare» gli ultranazionalisti israeliani. Non sorprende perciò l’incontro convocato il mese scorso dall’organizzazionemilitante «Nuovo Sinedrio » proprio a Pisgat Zeev, per discutere e condannare con parole di fuoco gli israeliani ebrei che vendono le case ai palestinesi. «Chi cede le case agli arabi è un traditore – ha proclamato Hillel Weiss, il portavoce del «Nuovo Sinedrio» -: siamo in guerra, se gli arabi conquistano anche un solo quartiere (colonia, ndr), saranno in grado di conquistare tutti gli altri». Yusef, che come Maher preferisce non rivelare pienamente la sua identità, vive da un anno a Pisgat Zeev e non sembra avere in mente propositi di «riconquista». Tuttavia lo rallegra l’idea di aver messo piede nella terra che un tempo, prima delle confische, apparteneva al quartiere arabo di Beit Hanina. «Questa è terra palestinese e poi non è stato (il premier israeliano) Netanyahu a proclamare che ebrei e arabi possono vivere ovunque a Gerusalemme?», dice accennando un sorriso beffardo. Certo, spiega, «mi piacerebbe vivere assieme ai palestinesi ma a Gerusalemme est non si trova una casa permeno dimezzo milione di dollari e quelle che costano meno sono state costruite senza permesso e rischiano di venir demolite». «Qui - prosegue - ho comprato da un israeliano una casa di 150 metri quadrati per 245mila dollari e con tutti i documenti in regola». Yusef aggiunge che a Pisgat Zeev ha trovato quei servizi che il comune non garantisce nella zona palestinese di Gerusalemme. «Ho a disposizione i trasporti pubblici, un servizio efficiente di raccolta dei rifiuti, strade asfaltate, con i marciapiedi e ben illuminate. Preferirei avere dei vicini diversi, ma non si può ottenere tutto nella vita», aggiunge ancora con tono beffardo. Yusef e Maher vivevano, rispettivamente, a Beit Hanina e Beit Safafa, quartieri dove gli abitanti pur pagando, come gli israeliani, le tasse comunali ricevono in cambio ben pochi servizi. Secondo il ricercatore Khalil Tufakji, autore di «La dearabizzazione di Gerusalemme est», dopo oltre 40 anni di occupazione israeliana le misure anti-arabe si starebbero rivelando un «boomerang». «Il fine della politica (israeliana) nella zona est di Gerusalemme è stato quello di privare di servizi e diritti la popolazione palestinese allo scopo di spingerla a lasciare la città e di contenere la crescita demografica araba. (L’ex premier israeliana) Golda Meir voleva limitare gli abitanti palestinesi al 25%, ma oggi sono almeno il 35% e nel 2040 saranno il 55%, quindi la maggioranza», spiega Tufakji. «Ai palestinesi vengono negati i permessi edilizi – aggiunge - le aree edificabili sono state ridotte al minimo, le residenze revocate con vari pretesti (almeno 4mila famiglie sono state costrette a lasciare la città dal 1967)». Tutto ciò, prosegue il ricercatore, «sta spingendo tante famiglie arabe a cercare casa nelle colonie ebraiche, approfittando della disponibilità di non pochi israeliani a vendere le loro abitazioni per trasferirsi nelle zone centrali del paese». Tufakji ricorda che l’86% dei terreni palestinesi a Gerusalemme est è stato confiscato e che le aree edificabili sono rare. «E anche quando si ottiene il permesso – spiega – occorre pagare subito 35mila dollari all’amministrazione comunale e, in ogni caso, non si possono costruire case alte più di tre piani». Nel 2004, riferisce Tufakji, delle 1.695 concessioni edilizie rilasciate dal comune appena 116 sono andate ai palestinesi e di queste solo 46 riguardavano abitazioni» A queste condizioni, conclude Tufakji, i palestinesi non possono far altro che comprare o affittare case ovunque siano disponibili a Gerusalemme. Maher intanto si gode la sua abitazione a Pisgat Zeev e chiede all’Anp di AbuMazen di creare un fondo speciale per Gerusalemme. «Sarebbe un modo per riappropriarci della nostra terra e per sfidare le politiche israeliane – dice - ora siamo costretti a rivolgerci alle banche israeliane per ottenere un mutuo, mentre le banche palestinesi potrebbero facilitare chi desidera comprare case israeliane». Secondo Khalil Tufakji «sarebbe opportuno » ma, aggiunge, «l’Anp e il mondo arabo non hanno una strategia valida per contrastare le politiche di Israele a Gerusalemme».

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