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La Stampa Rassegna Stampa
22.09.2009 Keith Dayton, il generale americano che in poco più di 18 mesi è riuscito ad aumentare sicurezza in Cisgiordania
Cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 22 settembre 2009
Pagina: 17
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «E' il generale Dayton l'uomo della svolta»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 22/09/2009, a pag. 17, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " E' il generale Dayton l'uomo della svolta ".

Apprendiamo con piacere che il livello di sicurezza in Cisgiordania è aumentato per i palestinesi che vi abitano grazie al generale Dayton. Bisognerà vedere i riflessi che avrà sulla sicurezza di Israele perchè è questa che è in gioco, dopo l'esperienza di Gaza.

 Keith Dayton

Se questa mattina Barack Obama incontra all’Onu Benjamin Netanyahu e Abu Mazen è anche per merito di Keith Dayton, il generale americano a capo della task force che in poco più di 18 mesi è riuscita a migliorare la situazione della sicurezza in Cisgiordania.
Per i portavoce del Dipartimento di Stato il generale Dayton è «un uomo indispensabile» mentre Hamas lo descrive nei suoi comunicati come «il capo dei mercenari» per via della missione che sta conducendo dall’inizio del 2008, quando venne assegnato alla guida dell’«American Task Force on Palestine» (Atfp) creata nel 2003 dall’amministrazione Bush per aiutare l’Autorità palestinese ad addestrare contingenti di forze adatte a combattere le cellule terroristiche di gruppi come la Jihad palestinese.
Classe 1949, ufficiale d’artiglieria, ex addetto militare nell’ambasciata Usa a Mosca e direttore dell’«Iraq Survey Group» che suggerì a Bush il decisivo cambio di strategia nel 2005, Dayton somma le doti di pianificatore militare, specialista nell’addestramento truppe e buon diplomatico. E’ giocando queste carte che, nell’ultimo anno e mezzo, ha riproposto in Cisgiordania tempi e modi di addestramento che hanno avuto successo in Iraq riuscendo a rendere operativi 2100 «commandos palestinesi». Si tratta di truppe scelte, in grado di intervenire con le tecniche delle forze speciali americane, dotate di armi e mezzi americani e composte da combattenti selezionati con il tacito avallo dei governi di Gerusalemme ed Amman. La parte più importante dell’addestramento avviene in Giordania ed è grazie ai corsi seguiti personalmente da Dayton che i commandos sono riusciti ad intervenire in più occasioni debellando cellule di Hamas o creando condizioni di sicurezza tali per impedire il loro insediamento. Un recente studio del «Washington Institute» assegna proprio al successo di questi commandos il miglioramento delle condizioni di sicurezza in Cisgiordania che hanno consentito nelle ultime settimane al governo di Netanyahu di smantellare centinaia di posti di blocco, consentendo in particolare agli abitanti di numerosi villaggi minori di avere libero accesso alle autostrade che collegano i maggiori centri urbani sotto il controllo delle forze dell’Anp.
«E’ qui che si è creata la connessione fra il lavoro di Dayton e il negoziato condotto dal mediatore George Mitchell» spiegano fonti diplomatiche americane a Washington, sottolineando come «mentre Mitchell chiedeva a Netanyahu di togliere i posti di blocco per migliorare le condizioni di vita dei palestinesi Dayton rendeva la cosa possibile grazie ad una maggiore sicurezza del territorio». Se a questo si aggiungono i segnali di un consolidamento della crescita economica in Cisgiordania, più volte sottolineati in interviste tv dal nuovo ambasciatore israeliano a Washington Michael Oren, si arriva a comprendere come si siano allentate le tensioni che avevano a lungo ostacolato la ripresa del negoziato. «Più benessere e sicurezza in Cisgiordania - aggiungono le fonti Usa - rendono più facile per il premier israeliano affrontare con la propria opinione pubblica il difficile nodo del congelamento degli insediamenti».
La missione di Dayton, iniziata con Bush e rafforzata da Obama, è uno dei tasselli sui quali la Casa Bianca conta per «creare una nuova atmosfera in Medio Oriente». Ve ne sono in realtà anche altri, come la richiesta ai sauditi di consentire all’El Al di attraversare il loro spazio aereo, ma per il momento tardano a dare frutti concreti. 

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