Obama, per la grande maggioranza degli europei, è santo e parlarne male proprio non si deve 21/09/2009
Il ragionamento su Barak Hussein "Chamberlain" Obama che ho svolto nella cartolina di ieri va completato con un paio di numeri. Mi riassumo, per chi avesse perso la puntata precedente, perché questa è una cosa importante, certamente la più importante nell'attuale politica internazionale. Obama applica col suo "engagement" diplomatico esattamente la stessa politica dell'appeasement del 1937-39 del primo ministro britannico Neville Chambelain: "the policy of settling international quarrels by admitting and satisfying grievances through rational negotiation and compromise, thereby avoiding the resort to an armed conflict which would be expensive, bloody, and possibly dangerous.", cioè "la politica di risolvere i conflitti internazionali ammettendo e soddisfacendo le rivendicazioni internazionali per mezzo di negoziati e compromessi razionali, evitando così di arrivare a un conflitto armato che sarebbe costoso, sanguinoso e probabilmente pericoloso". Il che significa in concreto abbandonare gli alleati fedeli e deboli aggrediti da nemici forti e potenti, pensando di placare questi ultimi con un po' di prede facili - senza capire che in questa maniera si stuzzica solo il loro appetito. Ritirarsi: tutti a casa, come dopo l'8 settembre. Chamberlain fece questo con l'Austria e la Cecoslovacchia; Obama è disposto a far sbocconcellare Israele ai paesi arabi - ma la preda ha i denti per difendersi -, cerca di mettersi d'accordo con Ahamadinedjad alla faccia del movimento per la democrazia represso in quel paese e al suo riarmo atomico, sta sacrificando alla Russia, piano piano, Georgia e Ucraina e ha appena rinunciato a proteggere con gli antimissili Polonia e Cecoslovacchia, proprio i paesi che subirono già la cura Chamberlain. In sostanza ha rinunciato a difendere l'impero americano che ci ha consentito settant'anni di pace e tranquillità e sta cercando di farlo senza scosse. Probabilmente pensa di non poterlo difendere e se ne vuole andare progressivamente, senza far troppo rumore, coi sorrisi, facendosi ringraziare dai popoli che lascia a se stessi. Ma la storia insegna che gli imperi non finiscono mai in questa maniera, che i nodi vengono al pettine. Vedremo. Quando dico queste cose a qualche conoscente, però, mi ricevo delle occhiate come se fossi pazzo, come se dicessi che la luna è un tondo di formaggio parmigiano, o che Leonardo era miope. Obama, per la grande maggioranza degli europei, è santo subito e parlarne male proprio non si deve. Del resto anche Chamberlain era popolarissimo in Gran Bretagna prima dello scoppio della guerra. E qui arrivano i nostri dati. Sapete quanti europei approvano la politica americana? Be' in Germania sono il 92%, in francia l'88% (dal 77%). In Italia siamo lì. In generale l'approvazione di Obama è oltre al 90% in Europa Occidentale. Era al 20% con Bush. Sapete com'è andata invece nell'Europa dell'Est, quella che avendo conosciuto le delizie del comunismo era particolarmente filoamericana fino all'anno scorso, e dava a Bush circa il 35 per cento di approvazione (significativamente più che all'ovest)? Prima delle ultime mosse di Obama come la rinuncia agli antimissile in Polonia e Cecoslovacchia, era scesa al intorno al 65%, una differenza di buon trenta punti percentuali rispetto all'Ovest. Oggi senza dubbio il risultato sarebbe ben peggiore. Sapete infine quanti israeliani pensano che la politica della presidenza americana sia amichevole verso Israele? Il 4 per cento. Nonostante quella che gli americani hanno pensato come una massiccia campagna di relazioni pubbliche, il dato a settembre è sceso ancora rispetto al già tremendo 6% di luglio. Notate infine che il tasso di approvazione di Obama è sceso sotto il 50 per cento negli Stati Uniti. Io non sono un mago dei sondaggi come il mio amico Renato Mannheimer, ma la ragione di queste differenze di apprezzamento mi sembrano chiarissime. L'America di Obama si comporta esattamente come l'Europa delle fiabe che piace a Barbara Spinelli, quella che dopo secoli di guerre avrebbe capito che i conflitti sono inutili ed è meglio parlare che combattere. Peccato che abbia potuto farlo solo all'Ovest e grazie all'ombrello americano, che ci difendeva dalle attenzioni russe. Ora l'ombrello si sta ripiegando per tutti, e se non ci pensano prima gli immigrati a toglierla dalla storia, prima o poi si riaffaccerà l'orso russo. Per questo i paesi di prima linea hanno una percezione diversa del ritiro americano da quelli che si sentono pacifici e tranquilli, interessati solo ai costumi sessuali di calciatori veline (con approvazione) e di leader politici e direttori di giornale (con disapprovazione). Che abbiano ragione loro?