Indignazione Philip Roth
Traduzione di Norman Gobetti
Einaudi Euro 17,50
Indignazione è un nuovo capitolo della storia dell’America contemporanea che Philip Roth sta scrivendo da anni, almeno da “Pastorale americana” (1997), attraverso la narrazione dei suoi figli più insubordinati, anomali, divergenti. Se là era l’America della rivolta giovanile, del terrorismo interno, incarnata dall’assente Merry Seymour, qui invece è l’America della guerra di Corea (1951), conformista e insieme vulnerabile. Marcus Messner, morto che parla, come il protagonista di “viale del tramonto” di Wilder, è un ribelle interno e interiore. La sua lotta contro la propria famiglia ebrea di umili condizioni, contro il college, contro i compagni e contro le sue stesse paure e attese sessuali, è coraggiosa e insieme folle, destinata al totale fallimento. Tutto comincia con la volontà di sfuggire al padre andando a studiare lontano da casa, continua con l’incapacità di adattarsi al clima del college, e quindi con l’incontro con una ragazza che farà esplodere, dopo un rapporto sessuale in automobile, le sue angosce più profonde, la sua inadeguatezza a resistere ai piccoli fatti della vita, alle “scelte più accidentali, più banali, addirittura più comiche” che “producono esiti sproporzionati”. Incapace di far fronte alla scoperta di sé, l’intelligentissimo Marcus, lettore accanito di Russell, si scontra con il mondo circostante. L’esito sarà funesto per lui stesso e per i suoi familiari. La visione che Roth ci offre dell’America è cupa in modo retrospettivo, un giudizio che sembra coinvolgere il suo passato di studente ebreo. Un libro che si legge con curiosità, speranza e disillusione: uno dei suoi più belli.
Marco Belpoliti
L’Espresso