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La Stampa Rassegna Stampa
20.09.2009 La storia della casa editrice Giuntina
Raccontata dal suo fondatore, Daniel Vogelmann, intervistato da Alain Elkann

Testata: La Stampa
Data: 20 settembre 2009
Pagina: 18
Autore: Alain Elkann
Titolo: «Yehoshua? In Italia l'ho scoperto io»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 20/09/2009, a pag. 18, l'intervista di Alain Elkann a Daniel Vogelmann dal titolo " Yehoshua? In Italia l'ho scoperto io ".

 Daniel Vogelmann

Daniel Vogelmann, lei è il fondatore della Casa editrice Giuntina: quando è nata?
«Nel 1980 a Firenze come settore editoriale della Giuntina, tipografia fondata nel 1909 dal librario, editore e antiquario Leo Samuel Olschki. Nel 1922 arrivò a Firenze mio padre, nato in Galizia: era fuggito prima a Vienna poi in Palestina, quindi aveva raggiunto il fratello Mordechai che insegnava al collegio rabbinico di Firenze. Mio padre era ebreo osservante e a quei tempi era difficile trovare un’occupazione dove non si lavorasse di sabato. Il proprietario della Giuntina, ebreo anche lui, capì il problema di quel correligionario di 19 anni: l’assunse nella tipografia. Nel 1928 mio padre diventò direttore, nello stesso anno in tipografia entrò D.H. Lawrence col manoscritto in inglese di «”L’amante di Lady Chatterley”. Il romanzo fu stampato a Firenze»
E poi che accadde?
«Accadde che mio padre sposò Anna, la figlia del rabbino capo di Torino Dario Disegni, ed ebbero una figlia che chiamarono Sissel, dolce in yiddish. Dopo le leggi razziali mio padre cercò di fuggire in Svizzera ma fu arrestato, condotto a San Vittore e poi deportato a Auschwitz. La moglie e la figlia furono subito eliminate nelle camere a gas, mio padre che era un tipografo eccellente si salvò: venne adoperato per stampare sterline false per i nazisti».
E dopo la guerra?
«Ritornò a Firenze dove si risposò con una vedova, mia madre».
Parliamo di Giuntina...
«Mio padre la comprò. Io entrai in tipografia e nel 1980 decisi di diventare editore».
Che cosa pubblicò come primo libro?
«“La notte” di Elie Wiesel che è diventato negli anni un long-seller».
Quanti libri ha pubblicato?
«Pubblico trenta libri all’anno e ora ho un catalogo di 450 volumi che spaziano sull’universo ebraico, tra questi molti sulla Shoah».
Ha pubblicato per lo scrittore Aharon Appelfeld?
«Sì, tre suoi libri molto belli, visto che lui non era più stato pubblicato da Mondadori. Purtroppo me l’ha portato via un editore più grande, Guanda. Sempre tra gli israeliani di successo ho fatto uscire i primi racconti di Yehoshua, poi mi è stato portato via da Einaudi».
Lei ha anche pubblicato i libri di Irène Némirovsky?
«“Un bambino prodigio” fu tradotto da mia moglie Vanna ma anche lì dopo di noi subentrò Adelphi che ha fatto uscire “Suite francese”. Naturalmente questo ha movimentato le vendite e anche noi abbiamo venduto molte copie».
Altri libri importanti? «“Il terribile segreto di Walter Laquer (La congiura del silenzio sulla soluzione finale)”. La Croce Rossa, il Vaticano e molti altri sapevano quello che accadeva ma stavano zitti. Abbiamo pubblicato molti libri di Elie Wiesel e un volume per la Pasqua Ebraica, illustrato da Emanuele Luzzati. E una Bibbia in italiano, col testo ebraico a fronte, curata dal rabbino Di Segni. E ancora Martin Buber e Franz Rosenzweig. Sono un editore di nicchia ma ci sono parecchi appassionati ».
Come mai?
«Perché cercano i nostri libri per conoscere questo pianeta sconosciuto che è appunto l’ebraismo. Altri vogliono imparare l’ebraico e quindi abbiamo pubblicato una grammatica e un dizionario della lingua ebraica. E anche una grammatica della lingua yiddish, l’ho fatto in memoria di mio padre: era la sua lingua».
Le dispiace quando un grande editore le porta via un autore?
«Mi dispiace ma sono anche lusingato perché mi rendo conto che grazie a quest’altra pubblicazione gli autori avranno un successo insperato. Per esempio, ho pubblicato un bellissimo libro di Franz Werfel “Cecilia o i vincitori”: se l’avesse pubblicato Adelphi la gente avrebbe fatto la coda per comprarlo, io invece ho vendute mille copie con molta fatica».
Perché un libro se pubblicato da Adelphi ha più successo?
«Perché se è un libro Adelphi ne parlano tutti, per noi invece già una sola piccola recensione va bene».
Ma la qualità del libro è la stessa?
«Non è la qualità del libro soltanto, mal’organizzazione e i rapporti».
Quali titoli sta per pubblicare?
«In casa editrice è arrivato mio figlio Shulim, ha fatto l’università a Gerusalemme e ora si occupa di due collane: Israeliana e Diaspora. Stanno per uscire “La tempestosa vita di Lazik” di Ilya Ehrenburg e un libro di Sami Michael, scrittore iracheno: “Tempesta tra le palme”».
Vorrebbe essere comprato da un grande gruppo editoriale?
«No, sarei contento di avere contatti e collaborazioni, magari trovare qualcuno che creda in questa avventura».
Vuole restare indipendente?
«Sì, altrimenti finisce tutto. Credo di essere l’unico editore in Europa a pubblicare solo libri di argomento ebraico».

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