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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Il giornale israeliano che tifa per gli arabi e boicotta gli ebrei 17/09/2009

 Haaretz

Come ogni vera democrazia, Israele non ha paura di guardare all’interno del proprio sistema, direi che cerca i lati grigi con la volontà di chi vuole arrivare a scoprirne le cause. In questa ricerca è la stampa ad avere il ruolo principale, che ospita ogni tipo di dissenso, come è giusto che, con una attenzione inversamente proporzionale al numero delle persone realmente coinvolte. Naturalmente non è la norma a fare notizia, se alcuni militari si rifiutano di prestare servizio a un posto di blocco della barriera di sicurezza, è a loro che vengono dedicati i servizi più approfonditi, sulle cause, i disagi che vengono causati alla mobilità dei palestinesi, dimenticando spesso che gli attentati terroristici sono praticamente finiti proprio grazie alla barriera stessa. Conta di più la cronaca, la protesta, la convinzione che i diritti delle persone contano quanto la legge. Tutto questo però rientra a pieno titolo nella dialettica democratica, libertà non è una parola astratta, ma va verificata giorno dopo giorno. Israele è anche, purtroppo, un paese in guerra, nel quale, oltre ai nemici riconoscibili, Hamas, Hezbollah, Siria, Iran, e ne dimentico sicuramente qualcuno, esiste anche un fattore di rischio non minore. E’il nemico interno, rappresentato, come raccontavo nell’articolo precedente, da quelle organizzazioni non governative, chiamate abitualmente Ong, che operano apertamente contro lo stato, anche se apparentemente sotto le sembianze di fini umanitari. Ho già descritto “B’Tzelem” e “Breacking the Silence”, oggi continuo con altre. Sono sempre esistiti personaggi stravaganti, non è una novità per Israele, antisionisti in un paese rinato grazie al sionismo, alcuni in buona fede, che si sono sempre preoccupati più degli interessi altrui che non di quelli di casa propria. Valga, per tutti, Yehuda Magnes, che fondò nel 1925 l’Università ebraica di Gerusalemme, una pietra miliare nella preparazione del futuro Stato, che però fece di tutto per impedire la divisione della Palestina in due stati, arrivando persino, grazie al prestigio del quale godeva a livello internazionale, a premere sul presidente americano Truman perchè gli Stati uniti votassero contro la nascita del futuro stato ebraico. Nella sua visione “pacifista”, ne avrebbe voluto uno solo, binazionale, convinto che con questa soluzione il rapporto arabi ebrei sarebbe stato perfetto. Grande intellettuale, ma un minchione in fatto di strategia politica. In un stato binazionale, considerata la natalità musulmana, gli ebrei sarebbero ritornati ben presto ad essere nuovamente dei “dhimmi”, cittadini di serie B, come lo erano negli stati islamici. Magnes non fu l’unico ad aver dedicato le proprie energie all’altra parte; continuano ad essercene. Non molti, come scrivevo, ma fanno un dannato rumore, in Israele e,soprattutto, in Occidente. Nel tentativo di tracciarne una mappa, tanto quanto permette una pagina di giornale, non si può non partire dal quotidiano Haartez, di ottimo livello culturale, letto anche da chi non ne condivide l’impostazione di sinistra, ma criticato anche dai suoi lettori di sinistra per le pagine dei commenti, tanto che viene definito “quotidiano arabo in lingua ebraica”. Di proprietà della famiglia Shocken, già editori nella Germania prehitleriana, è uno dei più vecchi quotidani israeliani, sul quale scrivono Gideon Levy e Amira Haas, due agit prop scatenati, tanto da essere un delicato eufemismo il definirli totalmente sbilanciati a favore dei palestinesi. A leggerli, i loro articoli sono spesso tradotti e pubblicati sui giornali internazionali, si ha veramente l’impressione che Israele sia uno Stato retto dall’Apartheid, un’idea assurda ma contagiosa. Aggiungerei redditizia, perchè chiunque la faccia sua, può star certo che troverà giornali, case editrici, pronti a tradurre e pubblicare ogni tipo di analisi che venga sottoposta, purchè l’accusato sia Israele. Questa posizione ha fatto la fortuna di pseudo storici come Ilan Pappe, tradotto anche in italiano, di Nevè Gordon, che insegna storia contemporanea alla Università Ben Gurion di Beersheva, che il mese scorso ha lanciato un appello a tutte le università del mondo perchè boicottino le... università israeliane, almeno fino al giorno in cui non ci sarà uno stato palestinese, come se non conoscesse la complessità delle vicende che non l’hanno ancora permesso. C’è poi Ariella Azoulay, che insegna cultura visiva e filosofia alla Università Bar Ilan di Tel Aviv, che gira il mondo, in questi giorni è in Italia, con un bagaglio di 700 fotografie per dimostrare il “ rapporto di sudditanza tra occupante e occupato” , bella forza, non ci vuole molto per riprendere chi deve difendere la sicurezza e paragonarlo a chi invece a quella sicurezza potrebbe attentare. Un buon colpo d’obiettivo, magari con l’aggiunta di un po’ di sceneggiatura e la foto è già scattata. Una Ong tra le più citate è Human Rights Watch, dipendente dall’Onu, che venne fondata alcuni decenni fa da Nathan Sharansky, ma che oggi si trova ad avere come esperto dell’area mediorientale Marc Garlasco, appassionato collezionista di cimeli militari nazisti, soprattutto di quelli della contraerea, sui quali ha pure scritto alcuni libri, oltre ad un suo blog dedicato solo all’argomento. Grazie a quei requisiti l’Onu ha pensato bene che era la persona adatta ad occuparsi del conflitto israelo-palestinese. Per HRW lavora il commissario Richard Goldstone, che sta per produrre i risultati del rapporto Onu sulla guerra di Gaza, conosciuto da sempre per la sua avversione contro Israele. Giudice in Sud Africa, ed ebreo, non si sbaglia a pensare che sia stato scelto per questo incarico proprio perchè ebreo e nello stesso tempo odiatore di Israele. Esiste poi una costellazione di Ong minori, ma non per questo meno pericolose, quasi tutte finanziate, oltre che da intermediari arabi, anche da Stati europei, potremmo dire la gran parte. Tutti a immettere dollari nelle casse di organizzazioni che hanno come finalità la diffamazione di Israele. Se poi le “informazioni” diffuse si riveleranno false, poco importa, l’opinione pubblica,come sempre accade, ricorderà solo l’accusa. Qualcuno potrà appellarsi alla buona fede dei sunnominati. Mi permetto di dubitarne, se è vero, come è vero, quanto ha scritto Alan Dershowitz nel suo ultimo libro “Processo ai nemici di Israele”, ed.Eurilink: “ Se i nemici militari di Israele, Hamas, Hezbollah, Iran ed altri gruppi e Stati terroristici deponessero le armi, smettessero di lanciare razzi, smettessero di inviare attentatori suicidi e smettessero di minacciare di cancellare Israele dalle carte geografiche, ci sarebbe la pace. Se Israele deponesse le armi, ci sarebbe un genocidio”.

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