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La Stampa Rassegna Stampa
12.09.2009 Razzi dal Libano sul nord di Israele
La cronaca di Aldo Baquis

Testata: La Stampa
Data: 12 settembre 2009
Pagina: 10
Autore: Aldo Baquis
Titolo: «Razzi su Israele dal Libano, c'è la mano di Al Qaeda»

Razzi Katiuscia lanciati dal Libano sul nord di Israele, sembra non da parte di Hezbollah, ma da qualche gruppi terrorista vicino ad Al Qaeda. Niente danni e niente vittiva. Israele ha però risposto al fuoco, puntando su Tiro. Protesta formale dell'Onu, solo parole, come sempre. Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 12/09/2009, a pag.10, l'articolo di Aldo Baquis, dal titolo " Razzi su Israele dal Libano, c'è la mano di Al Qaeda"

La quiete pastorale che caratterizza in questi mesi l’Alta Galilea è stata infranta ieri da un attacco a sorpresa dal Libano meridionale, che tuttavia non ha provocato vittime né danni.
Nel tardo pomeriggio gli abitanti della città israeliana di Naharya si apprestavano a lasciare la spiaggia e a cominciare il riposo sabbatico quando tre potenti esplosioni sono state udite nelle immediate vicinanze. Poco dopo i resti di razzi Katiuscia sono stati rinvenuti nei campi di località vicine, Cabri e Gesher ha-Ziv. Automatica la reazione della artiglieria israeliana, che ha sparato una dozzina di proiettili nei campi vicini al villaggio libanese di Qlaileh (Tiro), da dove erano partiti i razzi.
Temendo una burrasca, gli abitanti di quel villaggio hanno iniziato la fuga. Ma attraverso l’Unifil, la forza di pace dell’Onu, Israele ha fatto sapere che l’incidente poteva ritenersi concluso. Poi è stata la volta della diplomazia. Da Gerusalemme è giunto un ammonimento al Libano: «L’episodio - ha detto un portavoce - va ritenuto molto grave, e il governo di Beirut deve essere considerato responsabile».
Ma a Beirut in questi giorni c’è un preoccupante vuoto di potere. Proprio giovedì il premier incaricato Saad Hariri (sunnita, filo saudita) ha rinunciato dopo settimane di trattative al mandato di formare un nuovo governo, attribuendo la decisione alle «condizioni impossibili» avanzate dall’opposizione guidata dagli sciiti filo-iraniani Hezbollah. «Un tale incidente punta a provocare una tensione e a trascinare il Libano in una situazione di crisi«, ha affermato il Primo ministro libanese uscente Fouad Siniora, definendo l’incidente »un attentato contro il Libano e la sua sovranità».
Per calmare le acque è subito intervenuto da New York anche il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, con un accorato appello alla calma a tutte le parti in causa. Ban ha esortato le due parti a dar prova della massima moderazione: «entrambe devono rispettare pienamente la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza e l’accordo di cessazione delle ostilità», ha detto attraverso una portavoce. E ha aggiunto: «L’Unifil (forza di pace Onu nel sud del Libano) indaga sulle circostanze dell’incidente in stretta cooperazione con le forze armate libanesi».
In Israele si ritiene che la responsabilità dell’attacco non vada ricercata fra gli Hezbollah (che pure detengono decine di migliaia di razzi, anche a lunga gittata) bensì nei gruppuscoli che «piuttosto indisturbati» operano nella zona di Tiro. Si tratta di formazioni palestinesi e di gruppi legati alla Jihad internazionale, ossia sostenitori di Al Qaeda. Un’occhiata al calendario (11 settembre) ha rafforzato l’ ipotesi che proprio integralisti islamici sunniti abbiano «firmato» l’attacco a Naharya dove, tuttavia, resta la calma e dove anche oggi la popolazione prevede di tornare ad affollare la spiaggia.
Il rivale più temibile, ossia Hezbollah, è ancora invischiato nella crisi politica libanese e difficilmente - si afferma in Israele - vorrà destabilizzare adesso la situazione al confine con la Galilea.Un brivido ha percorso Washington quando Barack Obama aveva appena finito di commemorare l’11 settembre al Pentagono. A provocarlo è stata la notizia di spari della Guardia Costiera contro un’imbarcazione sospetta che navigava sul fiume Potomac, rilanciata dalla Cnn e poi dalle tv di tutto il mondo (foto). C’è voluto quasi un quarto d’ora prima che l’Fbi chiarisse che si era trattato solo di un’esercitazione nell’ambito dell’imponente piano di sicurezza per la ricorrenza delle stragi. La Guardia Costiera ha aperto comunque un’inchiesta sull’accaduto, forse anche per appurare chi abbia deciso di effettuare un’esercitazione in un momento in cui l’allerta nella capitale Usa era già altissima. «È stato un atto di grande irresponsabilità», hanno tuonato le famiglie dei militari radunate al Pentagono per la commemorazione delle vittime della strage che hanno chiesto spiegazioni alle autorità.

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