Riportiamo da LIBERO di oggi, 11/09/2009, a pag. 21, l'articolo di Glauco Maggi dal titolo " Ground Zero e guerra non valgono la sanità ".
Nel suo primo anno da presidente, Obama snobba Ground Zero nella ricorrenza dell’attacco alle Torri Gemelle. Il Messia, che è sempre sofisticato nel scegliere ogni parola e ogni presenza per il valore simbolico che trasmettono (durante la campagna del 2008 visitò New York), ci manda ora il suo vice Joe Biden. Lui rimarrà a Washington a tessere la trama per la riforma sanitaria, che è evidentemente in cima ai suoi pensieri. Molto più della politica estera e della lotta al terrorismo, che pure ogni giorno offre le sue asperità. Ieri, l’Iran ha fatto sapere all’Onu che non ha la minima idea di fermare il suo piano nucleare, e Ahmadinejad lo dirà anche in occasione della Assemblea al Palazzo di Vetro tra pochi giorni: era stato lo stesso presidente americano, tendendo la famosa mano, a dargli settembre come ultima data per ravvedersi.
Invece di alzare la voce e minacciare qualche misura significativa (al minimo sanzioni economiche severe, sperabilmente la rimessa sul tavolo della opzione militare), Obama ha sparato una battutaccia rivelatrice sulle guerre che l’America ha ancora in corso. Durante il comizio dell’altra notte davanti alle Tv e al parlamento congiunto per caldeggiare la mutua universale, ha detto che «la mia riforma costa meno delle guerre in Afghanistan e Iraq».
Un tasto disfattista che andava bene quando lui cercava la nomination del suo partito, ma un autogol ora che deve dare ai suoi generali qualche decina di migliaia di soldati in più per salvare Kabul. A parte che il programma obamiano della salute è salatissimo -costerà 900 miliardi in 10 anni e farà ampliare il deficit nelle casse pubbliche di sotto 239 miliardi di dollari secondo l’Ufficio bipartisan del Congresso - il comandante in capo delle forze armate Usa che fa il contabile pacifista è un messaggio che galvanizzerà solo i tanti nemici dell’America. Il problema è che bigiare Ground Zero e accusare la caccia a Bin Laden di essere troppo costosa, mentre i soldati continuano a morire in battaglia, non sono due gaffe ma un programma politico di smantellamento della vigilanza antiterroristica. Tre mesi dopo essersi insediato, Obama ha firmato una legge, voluta dal superliberal Ted Kennedy, che stravolge l’impegno anti-terroristico che era al cuore delle celebrazioni di Bush. La norma ha trasformato l’11 settembre in una "giornata nazionale del servizio e della rimembranza", con lo scopo di fare sparire la lotta al terrorismo islamico. Così, dopo aver tolto la parola "terrorismo" dai comunicati ufficiali (ora sono "disastri causati dall’uomo"), adesso tocca all’11 settembre.
Il giorno del ricordo, non solo delle vittime ma di chi sono i nemici, è diventato un appuntamento nazionale di "volontariato". Fare cose per gli altri, in uno spirito di pacificazione universale come la mutua, e non pensare ai nemici. Ma gli americani (e molto più i conservatori dei liberal) fanno carità e volontariato tutto l’anno, non hanno bisogno del "giorno dei fioretti" della Casa Bianca. Sul sito ufficiale - http://www.911dayofservice.org - si può verificare in concreto il cambio di marcia. «Spendi un attimo per scrivere qui il tuo piano personale per una buona azione in osservanza del Giorno Nazionale dell’11 settembre per il Servizio e la Rimembranza. Aiuta a creare un meraviglioso lascito che onori le vittime e quelli che si sono offerti al servizio in risposta agli attacchi all’America», invita l’organizzazione pro-Obama. Che cosa stia producendo questo appello edulcorato è da ridere, se non fosse tragico. «Offri un caffè a qualcuno a caso», ha suggerito uno come «regola di gentilezza». E un altro ha ricordato di aver dato vita due anni dopo l’11 settembre ad una organizzazione no profit che «si impegna contro la violenza in famiglia, contro i bambini e le crudeltà agli animali». Povero 11 settembre 2001: con un presidente che vuol far credere che la mutua statalizzata è più importante della guerra c’è solo da pregare. Ma commuovere gli estremisti, l’Iran, Chavez, la Corea del Nord con un "espresso" a uno sconosciuto è forse troppo anche per il Messia.
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