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La Stampa Rassegna Stampa
09.09.2009 Gaza come Auschwitz, l'ha detto un teologo musulmano nel viaggio di Sant'Egidio
Giacomo Galeazzi condivide e lo scrive, ma esce sul sito internet e non sul giornale

Testata: La Stampa
Data: 09 settembre 2009
Pagina: 1
Autore: Giacomo Galeazzi
Titolo: «Gaza come Auschwitz»

Questa pagina è tratta dal sito web  della STAMPA, contiene un articolo del vaticanista Giacomo Galeazzi che non è uscito oggi sull'edizione in edicola del quotidiano torinese. Dopo averlo letto con attenzione, e anche da come è impaginato, risulta chiara la condivisione dell'autore con la delirante affermazione del teologo islamico proveniente dalla Mecca. Questo riconferma la validità dei pezzi di Ugo Volli e il J'Accuse di Giorgio Israel pubblicato ieri su IC. E conferma quanto abbiamo scritto su questo "pellegrinaggio" ad Auschwitz ieri e oggi su IC.
E' la prima volta che ci capita di leggere un Galeazzi di questo tipo, evdentemente ha contratto anche lui il virus dell'odiatore di Israele, l'avrà preso in Vaticano, ma di sicuro non è mai stato a Gaza nè conosce la storia del Medio Oriente. E'entrato anche lui nel club, ma il fatto che il suo pezzo non sia uscito, in parte, ci consola.

 Gaza come Auschwitz, secondo il vaiticanista della Stampa
Eccolo:

9/9/2009 - Il rappresentante islamico ha partecipato al pellegrinaggio interreligioso nei luoghi della Shoah promosso dalla comunità di Sant'Egidio.

"Gaza come Auschwitz"
«Essere qui ad Auschwitz è un messaggio contro ogni violenza, anche di oggi. Quando sono entrato nel campo ho pensato a Gaza, è normale», afferma Mohammed Esslimani, teologo islamico proveniente dalla Mecca, in Arabia Saudita
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=242&ID_articolo=855&ID_sezione=524&sezione=
GIACOMO GALEAZZI
«Essere qui  ad Auschwitz è un messaggio contro ogni violenza, anche di oggi. Quando sono entrato nel campo ho pensato a Gaza, è normale». Lo ha detto Mohammed Esslimani, teologo islamico proveniente dalla Mecca, in Arabia Saudita, che stamattina ha
partecipato al pellegrinaggio interreligioso nei luoghi della
Shoah promosso dalla comunità di Sant’Egidio. «Sono qui perchè l’islam è dalla parte dei poveri e delle vittime, non solo musulmani ma di tutte le religioni: islamici,
ebrei, cattolici, ortodossi, tutti. La sofferenza - ha aggiunto
- è sofferenza per tutti gli esseri umani». Intanto il summit è stato un gran successo. «Siamo grati che l’invocazione di pace è salita al cielo da Cracovia, città della pace, la città del pellegrino di pace Giovanni Paolo II, che da qui è partito per servire l’uomo e annunciare la pace alla terra
inquieta», ha affermato da parte sua il card. Stanislao
Dzsiwisz, successore di Wojtyla sulla cattedra della grande
arcidiocesi polacca. «La nostra invocazione di pace - ha
commentato chiudendo i lavori - si è sparsa nel mondo intero
in questi giorni, nei quali ricordiamo il settantesimo
anniversario dall’inizio della seconda guerra mondiale. Oggi ci
siamo fatti pellegrini al campo di concentramento di
Auschwitz-Birkenau, calvario del XX secolo, rendendoci conto di
quale forma mostruosa può assumere il male. Abbiamo affidato
al Signore Onnipotente le vittime innocenti dell’odio, tra cui
le figlie e i figli del popolo ebraico, zingaro, russo, polacco
e dei restanti popoli europei. Abbiamo pregato che non si
ripeta più questa tragedia. La nostra invocazione di pace si
innalza nel ventesimo anniversario della caduta dei regimi
totalitari in Europa centro-orientale. Desideriamo
profondamente - ha scandito a nome dei diversi vescovi e
cardinali presenti, tra i quali l’italiano Crescezio Sepe - che
tutti i popoli sulla faccia della terra vivano in libertà,
liberi da dittature e ideologie impazzite». «La pace - ha
ricordato da parte sua il fondatore della Comunità di
Sant’Egidio, prof. Andrea Riccardi - cresce nel dialogo, che
come una rete abbraccia il mondo intero, trasformandolo dal
caos impazzito delle diversità in un mosaico stupendo. E il
dialogo, come diceva l’umile e grande teologo ortodosso
francese Olivier Clement, è la chiave della sopravvivenza del
pianeta, in un mondo in cui si è dimenticato come la guerra
non sia mai la soluzione chirurgicamente pulita che permette di
espellere il male dal mondo. Il dialogo è il cuore della pace.
Nessun uomo, nessun popolo, nessuna comunità, è il male.
Tutti i popoli hanno una loro bontà, che li unisce agli altri.
C’è un bene comune da affermare, facendo del mondo una
famiglia dei popoli. Questo ci appare il sogno di tanti. Questo
mi sembra essere anche il grande disegno di Dio sull’umanità.
Nel dialogo, tutti i popoli si rivelano buoni, bisognosi degli
altri». «Così - ha concluso Riccardi - partiamo con un sogno.
A settant’anni dalla Seconda Guerra Mondiale, dopo le delusioni
della crisi economica mondiale, è il tempo che rinasca un
umanesimo di pace e di dialogo, capace di dare anima a questo
mondo globalizzato e frammentato». Dal palco della cerimonia il card.
Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, ha ricordato che
questa «invocazione di pace si innalza nel ventesimo
anniversario della caduta dei regimi totalitari in Europa
centro-orientale. Desideriamo profondamente che tutti i popoli
sulla faccia della terra vivano in libertà, liberi da dittature
e ideologie impazzite».«La vita non è un gioco. Non lo è la politica. Non lo sono
i rapporti tra i popoli. Non si può scherzare con la violenza,
con la predicazione dell’odio e del disprezzo. Sono semi da cui
nascono tempeste incontrollabili, che travolgono i popoli», ha
detto nel suo intervento il fondatore della Comunità, Andrea
Riccardi. Per questo «è il tempo che rinasca un umanesimo di
pace e di dialogo, capace di dare anima a questo mondo
globalizzato e frammentato». Tra gli interventi anche quello di Joshua DuBois, direttore
dell’Ufficio Relazioni Interreligiose della Casa Bianca, che ha
riportato estratti del discorso pronunciato dal presidente
Barack Obama all’Università del Cairo lo scorso giugno.
«In questo luogo
ognuno prega secondo il proprio credo religioso ma siamo tutti uniti
nell’impegno per la pace, affinchè non si ripeta ciò che è successo
70 anni or sono». Lo ha detto ad Auschwitz il cardinale Stanislaw
Dziwisz, a capo dell’arcidiocesi di Cracovia e, con la Comunità di
Sant’Egidio, uno degli organizzatori del Meeting internazionale per la
pace.
   Alla cerimonia ad Auschwitz davanti al Muro delle esecuzioni, ed
ad Auschwitz II Birkenau, sul luogo dello sterminio di migliaia di
ebrei, hanno preso parte i rappresentanti di varie religioni e un
migliaio circa fra i partecipanti al Meeting. Davanti al monumento
internazionale delle vittime del nazifascismo i tragici eventi della
seconda guerra mondiale sono stati evocati da mons. Tadeusz Rakoczy e
da due sopravvissuti al lager: Israel Meir Lau, già rabbino capo di
Israele, e Ceija Stojka, rom. La solenne commemorazione si è conclusa
con una preghiera ebraica e le note dello shofar, il corno d’ariete
tradizionalmente usato durante le cerimonie ebraiche.
Invitiamo i nostri lettori a scrivere al direttore della STAMPA  Mario Calabresi per chiedergli se condivide quanto scrive il suo vaticanista. Cliccare sulla e-mail sottostante

direttore@lastampa.it

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