Questa pagina è tratta dal sito web della STAMPA, contiene un articolo del vaticanista Giacomo Galeazzi che non è uscito oggi sull'edizione in edicola del quotidiano torinese. Dopo averlo letto con attenzione, e anche da come è impaginato, risulta chiara la condivisione dell'autore con la delirante affermazione del teologo islamico proveniente dalla Mecca. Questo riconferma la validità dei pezzi di Ugo Volli e il J'Accuse di Giorgio Israel pubblicato ieri su IC. E conferma quanto abbiamo scritto su questo "pellegrinaggio" ad Auschwitz ieri e oggi su IC. E' la prima volta che ci capita di leggere un Galeazzi di questo tipo, evdentemente ha contratto anche lui il virus dell'odiatore di Israele, l'avrà preso in Vaticano, ma di sicuro non è mai stato a Gaza nè conosce la storia del Medio Oriente. E'entrato anche lui nel club, ma il fatto che il suo pezzo non sia uscito, in parte, ci consola.
Gaza come Auschwitz, secondo il vaiticanista della Stampa Eccolo:
9/9/2009 - Il rappresentante islamico ha partecipato al pellegrinaggio interreligioso nei luoghi della Shoah promosso dalla comunità di Sant'Egidio.
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«Essere qui ad Auschwitz è un messaggio contro ogni violenza, anche di oggi. Quando sono entrato nel campo ho pensato a Gaza, è normale». Lo ha detto Mohammed Esslimani, teologo islamico proveniente dalla Mecca, in Arabia Saudita, che stamattina ha partecipato al pellegrinaggio interreligioso nei luoghi della Shoah promosso dalla comunità di Sant’Egidio. «Sono qui perchè l’islam è dalla parte dei poveri e delle vittime, non solo musulmani ma di tutte le religioni: islamici, ebrei, cattolici, ortodossi, tutti. La sofferenza - ha aggiunto - è sofferenza per tutti gli esseri umani». Intanto il summit è stato un gran successo. «Siamo grati che l’invocazione di pace è salita al cielo da Cracovia, città della pace, la città del pellegrino di pace Giovanni Paolo II, che da qui è partito per servire l’uomo e annunciare la pace alla terra inquieta», ha affermato da parte sua il card. Stanislao Dzsiwisz, successore di Wojtyla sulla cattedra della grande arcidiocesi polacca. «La nostra invocazione di pace - ha commentato chiudendo i lavori - si è sparsa nel mondo intero in questi giorni, nei quali ricordiamo il settantesimo anniversario dall’inizio della seconda guerra mondiale. Oggi ci siamo fatti pellegrini al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, calvario del XX secolo, rendendoci conto di quale forma mostruosa può assumere il male. Abbiamo affidato al Signore Onnipotente le vittime innocenti dell’odio, tra cui le figlie e i figli del popolo ebraico, zingaro, russo, polacco e dei restanti popoli europei. Abbiamo pregato che non si ripeta più questa tragedia. La nostra invocazione di pace si innalza nel ventesimo anniversario della caduta dei regimi totalitari in Europa centro-orientale. Desideriamo profondamente - ha scandito a nome dei diversi vescovi e cardinali presenti, tra i quali l’italiano Crescezio Sepe - che tutti i popoli sulla faccia della terra vivano in libertà, liberi da dittature e ideologie impazzite». «La pace - ha ricordato da parte sua il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, prof. Andrea Riccardi - cresce nel dialogo, che come una rete abbraccia il mondo intero, trasformandolo dal caos impazzito delle diversità in un mosaico stupendo. E il dialogo, come diceva l’umile e grande teologo ortodosso francese Olivier Clement, è la chiave della sopravvivenza del pianeta, in un mondo in cui si è dimenticato come la guerra non sia mai la soluzione chirurgicamente pulita che permette di espellere il male dal mondo. Il dialogo è il cuore della pace. Nessun uomo, nessun popolo, nessuna comunità, è il male. Tutti i popoli hanno una loro bontà, che li unisce agli altri. C’è un bene comune da affermare, facendo del mondo una famiglia dei popoli. Questo ci appare il sogno di tanti. Questo mi sembra essere anche il grande disegno di Dio sull’umanità. Nel dialogo, tutti i popoli si rivelano buoni, bisognosi degli altri». «Così - ha concluso Riccardi - partiamo con un sogno. A settant’anni dalla Seconda Guerra Mondiale, dopo le delusioni della crisi economica mondiale, è il tempo che rinasca un umanesimo di pace e di dialogo, capace di dare anima a questo mondo globalizzato e frammentato». Dal palco della cerimonia il card. Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, ha ricordato che questa «invocazione di pace si innalza nel ventesimo anniversario della caduta dei regimi totalitari in Europa centro-orientale. Desideriamo profondamente che tutti i popoli sulla faccia della terra vivano in libertà, liberi da dittature e ideologie impazzite».«La vita non è un gioco. Non lo è la politica. Non lo sono i rapporti tra i popoli. Non si può scherzare con la violenza, con la predicazione dell’odio e del disprezzo. Sono semi da cui nascono tempeste incontrollabili, che travolgono i popoli», ha detto nel suo intervento il fondatore della Comunità, Andrea Riccardi. Per questo «è il tempo che rinasca un umanesimo di pace e di dialogo, capace di dare anima a questo mondo globalizzato e frammentato». Tra gli interventi anche quello di Joshua DuBois, direttore dell’Ufficio Relazioni Interreligiose della Casa Bianca, che ha riportato estratti del discorso pronunciato dal presidente Barack Obama all’Università del Cairo lo scorso giugno. «In questo luogo ognuno prega secondo il proprio credo religioso ma siamo tutti uniti nell’impegno per la pace, affinchè non si ripeta ciò che è successo 70 anni or sono». Lo ha detto ad Auschwitz il cardinale Stanislaw Dziwisz, a capo dell’arcidiocesi di Cracovia e, con la Comunità di Sant’Egidio, uno degli organizzatori del Meeting internazionale per la pace. Alla cerimonia ad Auschwitz davanti al Muro delle esecuzioni, ed ad Auschwitz II Birkenau, sul luogo dello sterminio di migliaia di ebrei, hanno preso parte i rappresentanti di varie religioni e un migliaio circa fra i partecipanti al Meeting. Davanti al monumento internazionale delle vittime del nazifascismo i tragici eventi della seconda guerra mondiale sono stati evocati da mons. Tadeusz Rakoczy e da due sopravvissuti al lager: Israel Meir Lau, già rabbino capo di Israele, e Ceija Stojka, rom. La solenne commemorazione si è conclusa con una preghiera ebraica e le note dello shofar, il corno d’ariete tradizionalmente usato durante le cerimonie ebraiche.
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