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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
09.09.2009 Tutti insieme ad Auschwitz, ma così si oscura la realtà
L'iniziativa della comunità di S.Egidio

Testata: Corriere della Sera
Data: 09 settembre 2009
Pagina: 21
Autore: Roberto Zuccolini
Titolo: «Ebrei e musulmani, insieme, ricordano l'orrore»

Sul pezzo di Roberto Zuccolini, sul CORRIERE della SERA di oggi, 09/09/2009, a pag.21, da Cracovia, con il titolo " Ebrei e musulmani, insieme, ricordano l'orrore", non ci sarebbe formalmente nulla da eccepire. Un bell'articolo che esalta il valore del ricordo e della pace. Peccato che la realtà sia un'altra, quell'islam che varca varca i cancelli di Auschwitz non è quello che esprimono Bin Laden e Ahmadinejad, non è quello che perseguita gli ebrei - ma anche i cristiani - nei paesi arabi e,in generale, musulmani, non quello che vuole conquistare l'Occidente, cancellandone civiltà e stili di vita. Se non si ha presente questa realtà, che arriva fino alla minaccia di voler sterminare Israele, questi raduni stravolgono il valore della memoria storica, di per sè un bene, per trasformarsi in un rituale non solo inutile ma anche pericoloso. E' quello che scrivevamo ieri a commento del pezzo di Antonio Ferrari sullo stesso argomento, e che qui ribadiamo. Consigliamo la lettura del pezzo di Giacomo Galeazzi, vaticanista della Stampa, oggi su IC, a conferma che i nostri dubbi sono purtroppo certezze.
Ecco l'articolo:

CRACOVIA (Polonia) — Nor­malmente il cielo è grigio ad Auschwitz. E fino a pochi gior­ni fa pioveva e faceva freddo. Ma ieri mattina c’era un sole quasi estivo ad accogliere i pel­legrini di pace che lentamen­te, in silenzio, entravano nel lunghissimo viale del dolore che porta al memoriale di Bi­rkenau. Cinquemila, forse di più, tutto il mondo: giovani e adulti, vecchi e bambini, i di­versi continenti, le religioni. Ecco il popolo di Sant’Egidio con tutti i suoi amici, leader re­ligiosi che camminano da 23 anni sulla scia dello spirito di Assisi e che in questi giorni si sono ritrovati in Polonia. A Cracovia, per ricordare i 70 an­ni dall’inizio della Seconda guerra mondiale. E ad Au­schwitz- Birkenau, per fare me­moria della Shoah. Lo fanno di­giunando.

Non solo i musul­mani, che sono in Ramadan, ma anche i cristiani, gli ebrei, i buddisti e tutte le altre confes­sioni religiose, perché così ave­va chiesto quella prima volta Giovanni Paolo II ad Assisi, nell’ottobre dell’86. Contro le guerre che insanguinavano il mondo di allora. Contro le guerre e il terrorismo di oggi. Ci sono i musulmani, arabi ma anche asiatici (indonesiani), a ricordare l’Olocausto. E ci so­no i giapponesi, che durante l’ultima guerra mondiale era­no alleati dei nazisti. Depongo­no anche loro le corone di fio­ri e ascoltano le testimonianze dei sopravvissuti: l’ex rabbino capo di Israele, Meir Lau, e la zingara Ceija Stojka, che allora erano bambini.

Ecco il popolo di Sant’Egi­dio, una porzione di Chiesa che abbraccia i confini del mondo. Ovviamente non sono tutti, perché se ne contano più di 50 mila in oltre 70 Paesi. Ma quei 5 mila venuti in Polonia da ogni parte d’Europa, i 200 leader religiosi e gli oltre cen­to relatori delle conferenze che si sono svolte in questa cit­tà segnata dal ricordo di Gio­vanni Paolo II, sono una foto­grafia eloquente della Comuni­tà: un forte discorso di pace e un largo respiro internaziona­le che distrae dagli affari di ca­sa nostra, senza dimenticare vicende che interessano da vi­cino anche l’Italia, come la de­nuncia del «crescente razzi­smo » in Europa, pronunciata
in una delle tavole rotonde. «Il pellegrinaggio ad Auschwitz è l’icona di un mondo nuovo, dove le fedi uniscono senza an­nullare le differenze», com­menta monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Terni e con­sigliere spirituale della Comu­nità. Differenze che esistono. Non a caso chiamano Sant’Egi­dio per fare le paci impossibi­li, come quella in Mozambico, nel ’92.

Oppure quando ci sono ma­lattie che sembrano incurabili, come l’Aids in Africa, con il programma Dream (più di 70 mila in cura). Risultati concre­ti, tangibili. Ma a cosa serve pregare per la pace con le altre religioni, come fanno ormai da anni secondo lo «spirito di Assisi» (e ci sono, alla cerimo­nia finale, nella bella piazza del Mercato di Cracovia, popo­li che normalmente si fanno la guerra)?

«Non ci siamo stancati, anzi è cresciuta in noi, specie dopo l’11 settembre 2001, la convin­zione che il mondo ha biso­gno del dialogo tra le religio­ni » risponde il fondatore della Comunità, Andrea Riccardi. Non a caso in questi giorni, al meeting di Sant’Egidio, non c’erano solo importanti leader religiosi (e, fra i cattolici, il car­dinale di Napoli Sepe e quello della stessa Cracovia, Dziwisz, che fu segretario di Wojtyla). C’erano anche il presidente della Commissione europea Barroso e il consigliere per gli Affari religiosi di Barack Oba­ma, Joshua DuBois, che ha ri­lanciato il messaggio all’Islam pronunciato dal suo presiden­te al Cairo. Perché anche lui— magari pensando al Medio Oriente — è convinto, come tutti qui, che le religioni non sono condannate a dividere. E che al contrario il dialogo, l’in­contro, la conoscenza, sono fattori decisivi nella costruzio­ne della pace.

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