Sul pezzo di Roberto Zuccolini, sul CORRIERE della SERA di oggi, 09/09/2009, a pag.21, da Cracovia, con il titolo " Ebrei e musulmani, insieme, ricordano l'orrore", non ci sarebbe formalmente nulla da eccepire. Un bell'articolo che esalta il valore del ricordo e della pace. Peccato che la realtà sia un'altra, quell'islam che varca varca i cancelli di Auschwitz non è quello che esprimono Bin Laden e Ahmadinejad, non è quello che perseguita gli ebrei - ma anche i cristiani - nei paesi arabi e,in generale, musulmani, non quello che vuole conquistare l'Occidente, cancellandone civiltà e stili di vita. Se non si ha presente questa realtà, che arriva fino alla minaccia di voler sterminare Israele, questi raduni stravolgono il valore della memoria storica, di per sè un bene, per trasformarsi in un rituale non solo inutile ma anche pericoloso. E' quello che scrivevamo ieri a commento del pezzo di Antonio Ferrari sullo stesso argomento, e che qui ribadiamo. Consigliamo la lettura del pezzo di Giacomo Galeazzi, vaticanista della Stampa, oggi su IC, a conferma che i nostri dubbi sono purtroppo certezze.
Ecco l'articolo:

CRACOVIA (Polonia) — Normalmente il cielo è grigio ad Auschwitz. E fino a pochi giorni fa pioveva e faceva freddo. Ma ieri mattina c’era un sole quasi estivo ad accogliere i pellegrini di pace che lentamente, in silenzio, entravano nel lunghissimo viale del dolore che porta al memoriale di Birkenau. Cinquemila, forse di più, tutto il mondo: giovani e adulti, vecchi e bambini, i diversi continenti, le religioni. Ecco il popolo di Sant’Egidio con tutti i suoi amici, leader religiosi che camminano da 23 anni sulla scia dello spirito di Assisi e che in questi giorni si sono ritrovati in Polonia. A Cracovia, per ricordare i 70 anni dall’inizio della Seconda guerra mondiale. E ad Auschwitz- Birkenau, per fare memoria della Shoah. Lo fanno digiunando.
Non solo i musulmani, che sono in Ramadan, ma anche i cristiani, gli ebrei, i buddisti e tutte le altre confessioni religiose, perché così aveva chiesto quella prima volta Giovanni Paolo II ad Assisi, nell’ottobre dell’86. Contro le guerre che insanguinavano il mondo di allora. Contro le guerre e il terrorismo di oggi. Ci sono i musulmani, arabi ma anche asiatici (indonesiani), a ricordare l’Olocausto. E ci sono i giapponesi, che durante l’ultima guerra mondiale erano alleati dei nazisti. Depongono anche loro le corone di fiori e ascoltano le testimonianze dei sopravvissuti: l’ex rabbino capo di Israele, Meir Lau, e la zingara Ceija Stojka, che allora erano bambini.
Ecco il popolo di Sant’Egidio, una porzione di Chiesa che abbraccia i confini del mondo. Ovviamente non sono tutti, perché se ne contano più di 50 mila in oltre 70 Paesi. Ma quei 5 mila venuti in Polonia da ogni parte d’Europa, i 200 leader religiosi e gli oltre cento relatori delle conferenze che si sono svolte in questa città segnata dal ricordo di Giovanni Paolo II, sono una fotografia eloquente della Comunità: un forte discorso di pace e un largo respiro internazionale che distrae dagli affari di casa nostra, senza dimenticare vicende che interessano da vicino anche l’Italia, come la denuncia del «crescente razzismo » in Europa, pronunciata in una delle tavole rotonde. «Il pellegrinaggio ad Auschwitz è l’icona di un mondo nuovo, dove le fedi uniscono senza annullare le differenze», commenta monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Terni e consigliere spirituale della Comunità. Differenze che esistono. Non a caso chiamano Sant’Egidio per fare le paci impossibili, come quella in Mozambico, nel ’92.
Oppure quando ci sono malattie che sembrano incurabili, come l’Aids in Africa, con il programma Dream (più di 70 mila in cura). Risultati concreti, tangibili. Ma a cosa serve pregare per la pace con le altre religioni, come fanno ormai da anni secondo lo «spirito di Assisi» (e ci sono, alla cerimonia finale, nella bella piazza del Mercato di Cracovia, popoli che normalmente si fanno la guerra)?
«Non ci siamo stancati, anzi è cresciuta in noi, specie dopo l’11 settembre 2001, la convinzione che il mondo ha bisogno del dialogo tra le religioni » risponde il fondatore della Comunità, Andrea Riccardi. Non a caso in questi giorni, al meeting di Sant’Egidio, non c’erano solo importanti leader religiosi (e, fra i cattolici, il cardinale di Napoli Sepe e quello della stessa Cracovia, Dziwisz, che fu segretario di Wojtyla). C’erano anche il presidente della Commissione europea Barroso e il consigliere per gli Affari religiosi di Barack Obama, Joshua DuBois, che ha rilanciato il messaggio all’Islam pronunciato dal suo presidente al Cairo. Perché anche lui— magari pensando al Medio Oriente — è convinto, come tutti qui, che le religioni non sono condannate a dividere. E che al contrario il dialogo, l’incontro, la conoscenza, sono fattori decisivi nella costruzione della pace.
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