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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.09.2009 Quando ad Auschwitz si riscrive la storia
I viaggi buonisti di Sant'Egidio

Testata: Corriere della Sera
Data: 07 settembre 2009
Pagina: 6
Autore: Antonio Ferrari
Titolo: «Cristiani,ebrei,buddisti. Ramadan ad Auschwitz in omaggio all'Islam»

Ci stupisce il tono del pezzo di Antonio Ferrari sul CORRIERE della SERA di oggi, 07/09/2009. a pag.6, dal titolo, per lo meno stravagante, " Cristiani,ebrei,buddisti. Ramadan ad Auschwitz in omaggio all'Islam ".
Ferrari, abitualmente così preciso nelle analisi, ci rifila oggi un'insalata mista, condita con buonismo, alterazioni storiche, il tutto spruzzato con abbondante dose di pacifismo. Che facciano parte della comunità di S.Egidio, non è una novità, ma che le debba sposare il CORRIERE della SERA è un altro conto. Il significato di Auschwitz è uno solo, lì avvenne un genocidio, che si sarebbe ripetuto anche in Palestina, se Hitler, con l'aiuto del volenteroso Gran Muftì di Gerusalemme, non fosse stato sconfitto ad El Alamein. Se avesse vinto, avrebbe sterminato tutti gli ebrei, tale era anche l'obiettivo del Muftì. Prima di fare un Ramadan ad Auschwitz, cancellando la storia precedente, un mea culpa è indispensabile. Il pezzo di Ferrari si chiude con la citazione di un film in preparazione, dal titolo "Dio torna ad Auschwitz", che, scrive Ferrari, sarebbe piaciuto a Primo Levi. E' cosa decente lasciare in pace i defunti, men che mai citarli a sproposito. Il Dio cristiano ci aveva provato sì a tornare ad Auschwitz, con il processo di cristianizzazione del campo (già dimenticata quella enorme croce che la chiesa voleva costruire ?), ma l'opposizione degli ebrei lo impedì. Questi viaggi-melassa, tutti insieme appassionatamente, hanno un solo significato, quello di riscrivere la storia. Grave l'imprimatur del CORRIERE della SERA. Ecco il pezzo:

DAL NOSTRO INVIATO
AUSCHWITZ-BIRKENAU (Polonia) — I mu­sulmani sono in pieno Ramadan, il mese del digiuno che si rispetta per convinzione, per tradizione, o anche per rivendicare la propria appartenenza. Domani, nei campi di stermi­nio di Auschwitz e della confinante Birkenau, non saranno soli. In tanti ne seguiranno l’esempio. Saranno, tutti assieme, i capi reli­giosi, cristiani, ebrei, buddisti e di altre fedi, ed anche i laici che partecipano all’incontro di Cracovia organizzato dalla Comunità di San­t’Egidio, a rispettare il precetto dell’Islam, con­cedendosi al cibo e alle bevande soltanto la se­ra, per l’Iftar.

È quasi un inno alla convivenza e alla glo­balizzazione del rispetto reciproco questo si­lenzioso e struggente pellegrinaggio, per comprendere che «un’umanità smemorata produce politiche effimere, prigioniere dei
fuochi d’artificio del mondo mediatico», e di­menticando che è «lo spirito a cambiare la storia», ha detto ieri il fondatore della Comu­nità Andrea Riccardi, aprendo un vertice che pare lontano anni-luce dalle polemiche e dai veleni di casa nostra. Non soltanto perché Cracovia è la città di Giovanni Paolo II, che ha sempre sostenuto con passione Sant’Egidio, incoraggiando il dialogo anche quando era as­sai difficile; non soltanto perché la Polonia, 70 anni fa, è stata la prima vittima di una guerra mondiale di ferocia inaudita. Ma per­ché l’unico modo di costruire davvero la pa­ce, evitando la retorica e i proclami roboanti, è il saper ascoltare le idee dell’altro. Senza ri­nunciare alle proprie, ma soprattutto senza crociate, anatemi e aggressioni.

La trasferta nelle vicine Auschwitz e Birke­nau, avvolte in un clima che sembra già an­nunciare le intemperie dell’inverno, dona a questo incontro il prezioso sapore della ricon­ciliazione.

È la nobile conclusione di un verti­ce che, per tre giorni, affronterà, proprio a par­tire dalla notte dell’umanità imposta dalla fol­lia nazista, i temi e le ferite del mondo di oggi: dalla povertà alla crisi finanziaria, dall’emigra­zione alle seduzioni di un mercato in difetto di ossigeno, dal bisogno di etica ai bisogni di chi ha fame. Lo stesso presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che guida i destini del mondo, ha inviato a Cra­covia un suo consigliere per gli affari religiosi, Jo­shua Dubois.

Tuttavia, le notizie più significative verran­no con il silenzioso e rac­colto ingresso nei campi di sterminio, accanto ad ebrei e cristiani, dei rap­presentanti di due mon­di: quello musulmano e quello buddista. Per op­poste ragioni. I leader re­ligiosi dell’Islam, un mondo che non ha col­pe nella campagna di sterminio voluta da Hit­ler, intendono dimostra­re che i negazionisti so­no una pur rumorosa minoranza e che altri confondono, forse per ignoranza, la Shoah con le ingiustizie subite dai palestinesi, concentran­do tutte le responsabili­tà su Israele. I leader religiosi giapponesi, inve­ce, sanno bene che il loro Paese, alleato di Adolf Hitler, ebbe la colpa di non vedere, di non ascoltare, di non voler sapere quanto tut­te le cancellerie del mondo sospettavano sulla campagna di annientamento degli ebrei.

In loro, oggi convivono stupore e orrore. Ie­ri mattina, una comitiva di visitatori venuti
dall’Estremo Oriente ascoltava sbigottita il ter­ribile racconto della guida. Non si può non provare orrore entrando nell’annerito crema­torio di Auschwitz, l’unico che è stato conser­vato praticamente intatto, e che fu fornito ai nazisti dalle stesse ditte che producevano for­ni per panetterie. Non si può non sussultare davanti alla villetta, dove abitava il custode del campo, assieme alla moglie e ai cinque figli, cresciuti nel recinto spi­nato in compagnia della sofferenza, del dolore e della morte. Non si può restare insensibili di fronte alla fotografia del medico nazista che, con precisione maniacale ma anche con noncuran­za (un cenno della ma­no), decideva se uno aveva diritto di vivere oppure di entrare subito sotto le «docce» della ca­mera a gas. Da quest’incontro di Cracovia affiora un cli­ma di volontà rinnova­ta. Teologi, politici (ieri ha parlato il presidente della commissione euro­pea Barroso), intellettua­li, artisti, stanno portan­do il loro contributo ad un dibattito che vuol co­struire e non distrugge­re. Ma il senso profondo del pellegrinaggio nei campi di sterminio si può riassumere nel titolo di un film-documen­tario al quale lavora Mario Marazziti, uno dei leader storici di Sant’Egidio: «Dio torna ad Au­schwitz ». Sarebbe piaciuto a Primo Levi.

  per chi desidera scrivere a Ferrari

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