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Una pace giusta 06/09/2009

Chiamiamo le cose con il loro nome: le pressioni di Barak Obama, supportato da Stati Arabi, ONU ed Unione Europea , per impedire la costruzione di case abitate da ebrei in Giudea, Samaria e Gerusalemme, ed evacuare le centinaia di migliaia di ebrei lì residenti, mirano ad una cosa sola, e questa ha un nome ben preciso: pulizia etnica del popolo ebraico. Non si può chiamarlo altrimenti... Ma le ragioni morali di Israele sono molto forti, e se esiste ancora una giustizia, esse sapranno prevalere fosse pure contro il mondo intero.

Una pace davvero giusta deve implicare il possesso da parte degli ebrei della Giudea, di Samaria e di Gerusalemme, culla del popolo ebraico, in cui hanno il sacrosanto diritto di vivere per solidissime ragioni storiche, culturali e spirituali. Si vuole far nascere lo stato palestinese proprio in quelle regioni? Perchè allora trasferire tutti gli ebrei che lì vi risiedono? Quando lo Stato di Israele è nato ha forse trasferito l'intera popolazione araba fuori dei propri confini? Non esistono un milione e quattrocentomila arabi con piena cittadinanza oggi all'interno dei confini di Israele? Perchè nello stato di Palestina non dovrebbe vivere nemmeno un ebreo? Ciò non depone molto verso la volontà di convivenza pacifica, non vi pare? Se molti, ingenuamente, non avvertono questa grande arroganza araba, Barak Obama e i governanti del resto del mondo non possono non rendersene conto. Vedo dietro il loro atteggiamento un preciso calcolo che non tiene in minimo conto il diritto non dico degli ebrei a vivere in quelle regioni, ma a vivere tout court. Se Netaniahu, sostenuto dalla popolazione, non avrà il giusto temperamento per opporsi, per Israele potrebbe essere l'inizio della fine (cosa che è certamente l'obiettivo dei paesi arabi).


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